«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

La fede che discerne la ferma verità in un tempo mutevole

«Diakrisis»: Discernimento — «Credere e comprendere»

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Riflessioni fra cielo e terra: Aneddoti evangelici e non, e l’umorismo nella Bibbia. Ecco le rubriche principali:

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Puntigli e indovinelli

Sapienza da quattro soldi

Massime e minime

Col senno del poi.

 

È «psicoterapia biblica» in forma di umorismo.

 

Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INTELLIGENZA FRUTTO DELLA FEDE? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Chi sono?Ho letto la seguente frase lapidaria: «L’intelligenza è frutto della fede» (di «Teneramente»). Lì per lì, si potrebbe dire che è vero. Tuttavia, l’intelligenza come è compresa oggigiorno è una dote naturale, che posseggono anche non-credenti e atei. La fede biblica non può produrre una dote naturale, ma tutt’al più può solo potenziare ciò, che già c’è.

     Se incrociamo i termini «intelligenza» e «fede» nella Scrittura, prenderemo atto che essi non ricorrono mai insieme in alcun verso.

     In effetti, nel testo ebraico dell’AT e, particolarmente del libro dei Proverbi, si parla di «discernimento» quale efflusso del «timor di Dio». Una grecizzazione della traduzione dei Proverbi in italiano ha reso «discernimento» con «intelligenza», creando così tali equivoci.

     Ora, il «discernimento» si acquisisce particolarmente con una devozione personale verso il Dio vivente, secondo la sua Parola. «L’inizio della sapienza è il timor dell’Eterno, e conoscere il Santo è il discernimento» (Pr 9,10).

     In ebraico la «sapienza» (chokmāh) ha a che fare con l’ordine; «discernimento» (bînāh) è la capacità di scegliere fra due o più vie quella giusta. Ambedue sono messi in connessione con la presenza di Dio nella vita del credente: «Lo spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e di discernimento, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell’Eterno» (Is 11,2 Messia).

     Come si vede, oggigiorno si mette tanta enfasi, non sempre a proposito, su una generica «fede» e sulla «intelligenza», quale capacità dell’intelletto. Nella Bibbia la fede (fiducia in Dio) non è mai slegata dalla pratica del «timor di Dio», da cui procede come efflusso il «discernimento», la capacità pratica di scegliere ciò che è santo, giusto e grato dinanzi a Dio (cfr. Rm 12,2 «affinché conosciate per esperienza qual sia la volontà di Dio, la buona, grata e perfetta volontà»).

 

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

1. Nicola Martella

2. Fabrizio M. Kessern

3. Liliane Vitanza H.

4. Massimiliano Fellini

5. Giuseppe Lo Porto

6. Maria Caruso, ps.

7. Emanuele Proietti

8.

9.

10.

11.

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Nicola Martella}

 

Faccio notare che nella stragrande maggioranza dei casi, in cui nelle nostre Bibbie ci sono i termini «intelligente, intelligenza», negli originali ebraici e greci ci sono dei termini che intendono «discernere, discernimento»; altre volte i termini originali intendono «accorgimento, accortezza, perspicacia» e simili. Non si tratta, quindi, di termini, che descrivono facoltà intellettive innate (come l’intelligenza, l’intelletto), ma l’uso di capacità acquisite (discernimento, sapienza) mediante l’apprendimento e l’esperienza.

     Per l’approfondimento dei termini propri dell’AT rimando in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), agli articoli: «Discernere», p. 143; «Discernimento», p. 144; «Intelligente», p. 190; «Intelligenza», pp. 190s; «Intendimento, sapere», pp. 191s; per ulteriori approfondimenti cfr. anche: «Accorgimento», p. 77s; «Accortezza, p. 78; «Accorto», p. 78; «Arguzia», p. 93; «Perizia», pp. 272s; «Sagacia», p. 315; «Sapienza», p. 323.

 

 

2. {Fabrizio M. Kessern}

 

Contributo: Non condivido questo pensiero [= «L’intelligenza è frutto della fede», N.d.R.]. L’intelligenza nasce con noi, e può essere aiutata. A mio avviso l’intelligenza non ci migliora né come uomini né come cristiani. Conosco molte persone intelligenti ma aride dentro. Preferisco la generosità d’animo e la bontà. Quando noi abbiamo fede, mettiamo da parte la nostra intelligenza, apriamo il nostro cuore, non la nostra mente. Io sono poco intelligente, ma preferisco così. {19-07-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Concordo con la maggior parte di questo contributo, tranne che con la fine. Quando abbiamo fede, non mettiamo da parte la nostra intelligenza, ma essa viene illuminata dalla Parola di Dio e da essa, mediante lo Spirito Santo, riceviamo rivelazione sulla verità scritturale e specialmente su Gesù quale Messia (Ef 1,17s). Quando crediamo, apriamo proprio la nostra mente! Il termine greco, tradotto con mente, corrisponde proprio al termine ebraico, tradotto con «cuore».

     Nei versi che seguono bisogna tener presente che «cuore» intende la «mente». «Incredulità e durezza di cuore», si accompagnano (Mc 16,14). Gesù parlò di «insensati e tardi di cuore a credere» (Lc 24,25). Credere «con tutto il cuore», significa esercitare la fede con piena convinzione mentale (At 8,37; cfr. Rm 10,9s). La piena convinzione mentale e spirituale è evidente anche nell’esortazione: «Accostiamoci di vero cuore, con piena certezza di fede» (Eb 10,22). Persone che contrastano la verità, sono definite «uomini corrotti di mente, riprovati quanto alla fede» (2 Tm 3,8).

 

 

3. {Liliane Vitanza Hoffer}

 

Contributo 1: L’intelligenza fa parte dei doni naturali alla nascita; per cui Dio ci chiede di utilizzarla. Giacomo ci parla di chiedere la saggezza, ma non l’intelligenza. Salomone ci dice di acquistare l’intelligenza al prezzo di tutto l’oro del mondo; quindi è a disposizione di ognuno, che vuole fare qualcosa della propria vita. {19-07-2011}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Sono d’accordo. Faccio solo osservare che nel testo ebraico qui ci sono termini che intendono «discernimento, intendimento», quindi doti acquisibili mediante l’apprendimento e l’esperienza, come per altro la saggezza. [► 1.]

 

Contributo 2: Sono pienamente d’accordo con te. Vorrei aggiungere che Dio ci ha dato l’intelligenza, possiamo chiedere la saggezza e sviluppare il discernimento. Stando così le cose, dobbiamo utilizzare queste doti per risolvere i nostri problemi e certe situazioni, perché la risposta di Dio spesso l’abbiamo già. Non passare tanto tempo a supplicare e pregare Dio che ti risponda, quando Lui t’è l’ha già data — basta ragionare! {19-07-2011}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Altrove ho mostrato che il discernimento [gr. dianoia] è ottenebrata nei pagani (Ef 4,17s), ma che Dio può illuminare «gli occhi del vostro cuore», parlando di credenti (Ef 1,17s). Qui non si tratta di capacità intellettive, ma del loro uso. Paradossalmente, un credente con scarsa intelligenza, ma con timor di Dio, può avere più «buon senso» o discernimento (morale, spirituale) di una persona intelligente, ma pagana o indifferente a Dio.

 

 

4. {Massimiliano Fellini}

 

Contributo: Io credo che l’intelligenza è frutto della fede e qui di seguito spiego le mie motivazioni. Io non ritengo intelligente, ad esempio, un ateo, ma semmai istruito colto, perché credo che l’intelligenza porti inesorabilmente a Dio; e intelligenza è per me sinonimo di sapienza e, se non vi è lo Spirito Santo a guidarci (sii luce all’intelletto), la nostra intelligenza è vuota e spenta. Tutto è dono di Dio; pertanto se non c’è la luce della fede a guidarci, rischiamo d’essere semplicemente presuntuosi! {19-07-2011}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Massimiliano Fellini ha letto solo il titolo o l’intera nota? Vogliamo parlare di ciò che ci aggrada o vogliamo argomentare con l’esegesi biblica?

     I doni di Dio si distinguono in doni naturali, comuni all’umanità (sebbene con misure differenti) e doni spirituali, comuni ai soli rigenerati (sebbene con misure differenti). L’intelligenza è una facoltà naturale, essendo l’espressione dell’intelletto, quindi della mente. Non sono solo i cristiani a pensare e a fare calcoli e ragionamenti. Passiamo ora a un’analisi più biblica.

     Il termine «ottenebrato» ricorre due volte nel NT. Paolo parlò dei pagani, affermando che «l’insensato loro cuore s’è ottenebrato» (Rm 1,21); «cuore» nella Bibbia sta per «mente, animo, interiore».

     Altrove parlò del fatto che «i pagani si conducono nella nullità dei loro pensieri, con il discernimento [gr. dianoia] ottenebrato, estranei alla vita di Dio, a motivo della ignoranza che è in loro, a motivo dell’indurimento del cuor loro» (Ef 4,17s). Si noti che qui non si parla che i pagani non abbiano l’intelligenza, ma che la loro «dianoia» (discernimento) sia ottenebrato per l’estraneità, che hanno alla vita di Dio. Per cui l’intelligenza non è l’efflusso della fede, ma la fede la illumina, dando così l’accesso al discernimento e, quindi, alla conoscenza di Dio. Infatti, prima di ciò Paolo augurò ai credenti che Dio «vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per la piena conoscenza di lui, e illumini gli occhi del vostro cuore... » (Ef 1,17s). Anche qui si parla dell’illuminamento di ciò che già c’è.

 

Replica (Massimiliano Fellini): L’intelligenza, che non comprende Dio, secondo me non è intelligenza, ma semmai esser colti, dotti ecc.

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Vedo che Massimiliano Fellini continua ad argomentare con ciò, che lui pensa. Sarebbe più proficuo che egli passasse ad argomentare in modo scritturale (2 Tm 2,15).

     L’intelligenza non può comprendere Dio, neppure quella dei credenti, poiché sarebbe come pretendere che un bicchiere potesse comprendere tutti gli oceani. Dinanzi al grande mosaico dell’esistenza, l’uomo avrà sempre relativamente poche tessere in mano, e queste deve prima incastrarle in modo giusto; quindi con la sua intelligenza non potrà mai accedere a Dio e ai misteri del creato. L’uomo, per conoscere Dio, necessita di essere illuminato dalla rivelazione biblica, e ciò indipendentemente dal fatto se possiede più o meno intelligenza. Ciò che possiamo chiedere a Dio non è l’intelligenza in sé (essendo dote naturale), ma la sapienza (Gcm 1,5). Quest’ultima per gli Ebrei era la capacità di riconoscere, mediante il timor di Dio e la rivelazione biblica, l’ordine (creazionale, morale), che Dio ha posto nel creato, ossia mettendo l’Eterno al primo posto nella propria vita.

 

 

5. {Giuseppe Lo Porto}

 

Contributo: Io credo di avere la risposta a questa tua nota. Io sono cresciuto senza genitori; a motivo di ciò, non ho potuto fare alcuna scuola. Sono cresciuto analfabeta, non sapevo né leggere, né scrivere; per cui non penso vi sia persona che meglio di me possa darti una risposta veritiera. Innanzi dico che la fede nulla ha che vedere con la nostra intelligenza! E ciò per un semplice motivo: la fede viene da Dio, mentre la nostra intelligenza è frutto della nostra esperienza vissuta. Faccio un banale esempio: la conoscenza non è un frutto della fede, bensì di un accurato e approfondito studio, dal quale l’apprendiamo; lo stesso vale per i cristiani, come possono pensare di conoscere Gesù o lo Spirito Santo, se non studiano mai le Scritture?

     Ora, la fede può accrescere la nostra intelligenza? Io dico: No! Infatti, mi sono convertito all’età di 33 anni, ossia 13 anni fa, ma posso dire con franchezza che credo con tutto il mio cuore nel Cristo di Dio, ma posso altrettanto dire con altrettanta franchezza che la mia intelligenza non è aumentata di una sola tacca! Perciò, per me la fede non accresce la nostra intelligenza, ma accresce la nostra sottomissione a Dio, nel timore e nell’ubbidienza.

     Permettimi, Nicola, di aggiungere che un buon cristiano non lo si vede dalla sua intelligenza, bensì dal suo amore per il prossimo suo. Ora, sai che il mio dire è quello di un bambino, per cui discerni il mio dire come il dire di un fanciullo; e se sei veramente un buon maestro, saprai insegnarmi il giusto senso della Parola. Sappi che un bambino è simile a una spugna, che tutto assorbe. {19-07-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): L’intelligenza è una dote naturale congenita, di cui si ha una misura più o meno grande. Esistono vari tipi d’intelligenza, ad esempio: quella intellettuale (capacità di sondare e comprendere problematiche astratte e di pensare a soluzioni confacenti), quella pratica (capacità di sondare e comprendere problematiche concrete e di pensare a soluzioni confacenti) e quella emotiva (capacità di sondare e comprendere lo stato d’animo altrui, empatia, e di pensare a soluzioni confacenti).

     La conoscenza si acquisisce nel tempo e dipende dal tipo d’intelligenza, che si possiede (p.es. astratta, concreta, empatica), e dalle esperienze, che si fanno.

     Per fare un esempio più tecnico, si parla di intelligenza artificiale. L’intelligenza umana è paragonabile al tipo di processore, che un computer possiede dalla fabbrica in poi. La conoscenza è data dal tipo e dalla quantità di informazioni, che si copiano sul disco fisso. Il discernimento permette di reperire e scegliere quali informazioni copiare sul disco fisso, usando il filtro del timor di Dio. La sapienza è l’ordine con cui vengono organizzate tali informazioni utili sul disco fisso, al fine poi di ritrovarle, quando servono.

 

Replica (Giuseppe Lo Porto): Prenderò queste tue parole come perle di saggezza e ne custodirò l’insegnamento. A Nicola Martella il mio umile ringraziamento. {19-07-2011}

 

 

6. {Maria Caruso, ps.}

 

Contributo: L’intelligenza: la facoltà, propria della mente umana, d’intendere, pensare, elaborare giudizi e soluzioni in base ai dati dell’esperienza anche solo intellettuale; intelletto, ingegno | qualità di chi ha particolari doti intellettuali. [N.d.R. riferimento bibliografico mancante]

     Vi sono due tipi d’intelligenza: a. Umana proveniente dallo spirito dell’uomo; b. Divina che procede dallo Spirito di Dio.

     1 Corinzi 2,13: «E noi ne parliamo non con parole insegnate dalla «sapienza umana», ma insegnate «dallo Spirito», adattando parole «spirituali» a cose «spirituali”».

     ■ Vi è una intelligenza divina: 2 Timoteo 2,7 - Considera quel che dico, (perché il Signore ti darà «intelligenza» in ogni cosa).

     ■ L’intelligenza procede dallo spirito: Lettura da: Esodo 35,31 (lo ha riempito dello Spirito di Dio), (per dargli «sapienza», «intelligenza» e «conoscenza») per ogni sorta di lavori,

     ■ L’intelligenza è una caratteristica dello Spirito: Isaia 11,2: «Lo Spirito del Signore riposerà su di lui: «Spirito di saggezza» e «d’intelligenza», «Spirito di consiglio» e di forza, «Spirito di conoscenza» e di timore del Signore».

     Dio vi benedica. Fratello Alfredo. {20-07-2011}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Avrei preferito un contributo di Maria Caruso a un «taglia e incolla» da un testo altrui, come appaiono qui le cose. Inoltre, all’inizio tale «Fratello Alfredo» (chi?) cita da un’altra fonte (dizionario), senza indicarne il riferimento bibliografico; questo non si fa. In ogni modo, si tenga presente quanto segue.

     ■ I termini «intelligenza, intelligente» non ricorrono mai nel testo ebraico dell’AT e in quello greco del NT, specialmente nel senso che oggi noi diamo a tali vocaboli. I termini biblici intendono «discernimento, discernere». Perciò, ovunque ci hanno messo i termini «intelligenza, intelligente» nelle traduzioni in italiano, s’intende «discernimento, discernere».

     ■ L’intelligenza è una capacità congenita, il discernimento e la sapienza sono capacità acquisite.

     ■ Tale «Fratello Alfredo» fa una certa confusione nei termini e fra capacità innate e qualità acquisite con l’esperienza (o comunicate da Dio), fra qualità intellettuali e capacità pratiche (tecniche, artistiche), poiché usai termini a suo arbitrio. Ad esempio, Giacomo non ingiunse a chiedere intelligenza, ma sapienza (Gcm 1,5). Nelle nostre Bibbie Giacomo chiede: «Chi è savio e intelligente fra voi?» (3,13), ma il secondo termine è epistēmōn «colui che sa», quindi «esperto, perito», non «intelligente» in senso moderno. Ambedue i termini (sapiente ed esperto) intendono, quindi, qualità acquisite.

 

     A tale, a me sconosciuto e anonimo, «Fratello Alfredo» (preferirei vedere il suo cognome), rispondo come segue.

     ■ 1 Corinzi 2,13 parla di sapienza, non d’intelligenza.

     ■ Esodo 35,31 in ebraico parla di «spirito di Dio, di abilità [artistica], di discernimento e di sapere» per fini pratici, ossia artistici. Qui non si tratta quindi di qualità morali o spirituali.

     ■ Isaia 11,2 elenca in ebraico «spirito di sapienza e di discernimento, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza»; egli non parlò d’intelligenza, ma delle capacità pratiche per fare il giudice in Israele (vv. 3ss).

     ■ In 2 Timoteo 2,7 Paolo disse in realtà quanto segue: «Considera quello che dico, poiché il Signore ti darà accorgimento in ogni cosa». Di per sé il termine greco synesis significava letteralmente «punto di riunione, riunione» ed era usato, in senso traslato, per la capacità di sintesi, il senno, l’accorgimento, la perspicacia, la conoscenza tecnica e addirittura per la coscienza.

 

Ciò significa, che quando si parla di queste cose, ci vuole più competenza linguistica e tecnica; altrimenti si fa confusione e si confondono anche gli altri. Non basta mettere insieme dei versetti, tolti dal loro contesto naturale, per dire la verità e per rappresentarla in modo realistico e verace.

 

Replica (Maria Caruso): Carissimo Nicola, qui di copia e in colla c’è solo il vero significato della frase Intelligenza, tratto dal vocabolario Garzanti. Tu non hai nessun diritto di cambiare la Bibbia... I versi riportati nel mio precedente intervento sono profondamente biblici.

     Se tu hai intensione di stravolgere la Scrittura, solo al fine di portare l’acqua al suo mulino, nell’intera Bibbia la frase intelligenza risulta 76 volte. Ma il dottore Nicola Martella con la sua filosofia vuole abolire tale termine, sostituendolo con la sua sapienza e filosofia.

     Preferirei da parte vostra che, se vi à da correggermi, lo si faccia con passi biblici e non con piagnistei, nel cambiare il significato delle frasi a proprio piacimento. Distinti saluti. Fratello Alfredo. {20-07-2011}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Mamma mia che spirito di contenzione!

     Non capisco perché qui si usa l’account a nome di «Maria Caruso», ma ci si firma con «Fratello Alfredo» (un account per altro fuori legge per Facebook, secondo cui bisogna usare solo nome e cognome). Quindi presumo che il contributo precedente non sia un «taglia e incolla» fatto da «Maria Caruso», ma un contributo di tale non meglio identificato «Fratello Alfredo», che ha usato l’account di «Maria Caruso» (forse la moglie?).

     Poi, vedo, che invece di rispondere nel merito, si fanno solo illazioni sulla mia persona, usando astio e violenza verbale. Non sono abituato a tali toni e contenuti. Io ho ragionato con ciò, che c’è in ebraico e greco; chi ne è capace risponda nel merito.

     Ogni mancanza di buona creanza e pacatezza, porterà all’esclusione dai miei contatti. I contributi devono essere firmati con nome e cognome, se non corrispondono al nome dell’account.

 

Osservazioni (Pietro Calenzo): La disciplina e le regole di Facebook vanno rispettate, altrimenti che testimonianza diamo al mondo? Concordo pienamente con il fratello Nicola Martella. {20-07-2011}

 

 

7. {Emanuele Proietti}

 

Contributo:Sono d’accordo con Nicola, la fede non può aumentare l’intelligenza, ma solo la conoscenza e la saggezza. Tuttavia, salvo problemi di traduzione, un caso di aumento d’intelligenza in quanto tale nella Bibbia a mio avviso c’è, anche se non è derivato direttamente dalla fede, ma derivato dalla preghiera: è il caso di Salomone.

     Quindi l’aumento d’intelligenza sembrerebbe possibile, ma solo se e nei limiti decisi da Dio nella sua volontà per noi. {20-07-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Cito 1 Re 4,29 all’ebraica: «E Dio diede a Salomone sapienza, un grandissimo discernimento e vastità di cuore come rena sulla riva del mare». I versi che seguono parlano di «sapienza» (ebr. chokmāh), ossia la capacità di riconoscere l’ordine creazionale e morale di Dio. Per gli ebrei il «cuore» era la nostra mente; nel verso 33 si parla proprio di tale capacità di analisi. Come si vede, questo potenziamento non riguardava la struttura congenita (misura d’intelligenza), ma l’impiego efficace delle potenzialità: sapienza, discernimento e vastità di mente, ossia di elaborazione delle informazioni acquisite.

     Una persona con tali potenzialità congenite e con tali capacità acquisite, poi divenne confuso e si pervertì sul piano morale e religioso, quando smise di attenersi strettamente al timor di Dio e cercò altre false autorità.

     Il timor dell’Eterno è il principio superiore per organizzare le proprie informazioni sul mondo e sulla vita e per disporle in modo ordinato e verace nel grande puzzle dell’esistenza (= discernimento e sapienza). Nel NT tale principio d’ordine in campo spirituale e morale è il «timor di Cristo» (Ef 5,21; 1 Pt 3,15).

 

 

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12. {Autori vari}

 

Gianni Siena: L’intelligenza è la dote di ogni essere umano, ma il discernimento spirituale è frutto della devozione al Signore: il cuore e la mente sono resi dunque «collaborativi». Il risultato è una fede consapevole, e la mente se ne avvantaggia per comprendere cose, che altrimenti non capirebbe. {19-07-2011}

 

Pietro Calenzo: Caro Nicola, diceva un caro fratello anziano dell’assemblea di Scauri: Di persone istruite ve n’e abbastanza; di persone intelligenti, meno; di persone sapienti, poche; di persone sapienti secondo Dio, pochissime, per il fatto che i credenti sono pochissimi. Dio ti benedica. {19-07-2011}

 

Antonio Capasso: Intelligenza dote naturale congenita? Per qualcuno purtroppo non è così. {19-07-2011}

Risposta (Nicola Martella): I cosiddetti «ritardati mentali» hanno come dote naturale una misura ridotta d’intelligenza, indipendentemente dalla loro fede. Lo stesso dicasi dei cosiddetti «geni», il cui «processore mentale» ha un’altissima frequenza... almeno in certi campi specifici.

Replica (Antonio Capasso): Era solo una battuta. {20-07-2011}

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Sci/T1-Intellig_fede_Mds.htm

20-07-2011; Aggiornamento: 21-07-2011

 

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