Una volta un
conduttore chiese al battezzando già in acqua: «Perché vuoi essere battezzato?».
«Per non peccare più!», rispose l’altro candidamente. Al che il
conduttore rispose: «Allora devo tenerti a lungo nell’acqua!».
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1. {Andre Brando}
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Contributo: La nuova nascita dovrebbe
portarti a capire il vero significato del battesimo. Se uno pensa di
non peccare più dopo il battesimo, allora secondo lui Gesù sarebbe venuto al
mondo per nulla. Gesù, invece, è venuto al mondo per inchiodare in croce
i nostri vecchi peccati e quelli futuri, perché è impossibile che un cristiano
non pecchi. Di conseguenza, però, la nuova nascita conduce a una conversione,
che porta il cristiano a cambiare naturalmente lo stile di vita. Paolo in
Romani 7,11-15 è chiaro e dice che il peccato è intrinseco nell’uomo, e
che non possiamo essere senza peccato, nemmeno dopo il battesimo; ma la nostra
coscienza spirituale ci rende manifesta la nostra debolezza e mancanza,
affinché non c’insuperbiamo. {22-01-2013}
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Nicola Martella: Diciamo la stessa cosa, vero?
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Andre Brando: Certamente. Chi crede di non peccare più, è colui che crede di poter fare a meno
di Cristo. Ed ecco che è già condannato. {22-01-2013}
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Nicola Martella:
Di là dalla debolezza umana, il rigenerato deve odiare il peccato e
spogliarsi delle vecchie abitudini peccaminose (santificazione) e, con
l'aiuto di Dio, deve trasformare e rinnovare il proprio modo di pensare,
adeguandolo al nuovo status di figlio di Dio (cfr. Rm 12,1s). Il nuovo innesto
porta con sé un buon frutto.
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Andre Brando: Giustissimo; ma per la
perfezione dobbiamo attendere. {23-01-2013}
2. {Antonietta Pesce}
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Condivido quanto hai scritto, Nicola. Essere
battezzato è talmente un atto di fede, che solo il Signore può farci
comprendere. Io posso semplicemente, dire che io e tutti noi abbiamo bisogno
del continuo di Gesù Cristo, affinché, non cadiamo in tentazione. Fintantoché
non ritorneremo nella gloria di Dio Padre, il nostro spirito sarà sempre
in conflitto con la nostra natura carnale. {23-01-2013}
3. {Gabry Lorusso}
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Contributo: Sono d’accordo. È un bel
documento, a cui aggiungo che il battesimo è il primo atto, tramite cui si
diventa e ci si dichiara ufficialmente figli di Dio. Ciò non significa che
ci si liberi dell’uomo vecchio, ma si può avere maggiore possibilità di farlo,
sempre con gli altri sacramenti, Comunione e Cresima. {23-01-2013}
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Nicola Martella: Il battesimo non fa diventare «figli di Dio». Nella Bibbia chi era stato
già rigenerato dallo Spirito, ubbidiva facendosi battezzare. Ad esempio,
quando Pietro annunziò l’Evangelo a Cornelio e alle persone con lui, si legge: «Mentre
Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro, che udivano
la Parola... Allora Pietro prese a dire: “Può alcuno vietare l’acqua, perché non
siano battezzati, questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo, come noi
stessi? E comandò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo» (At
20,44.47s). Così avvenne anche in altri episodi: solo coloro, che udirono
la Parola, credettero in Gesù quale Messia e furono rigenerati
dallo Spirito Santo, furono battezzati.
Il
sacramentalismo lascia le persone così come sono, essendo atti religiosi,
basati su cerimonie inventate dagli uomini (cfr. cresima). Questo è specialmente
evidente nel pedobattesimo, che coinvolge neonati, che non possono
comprendere l’Evangelo e che, quindi, non sono in grado di decidere e di essere
rigenerati.
4. {Maurizio Ruffino}
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Contributo: È interessante, ma come si concilia con
Romani 7,14-25? Paolo era sicuramente una pecora del gregge di Cristo, ma dice che nella sua carne continua a servire la
legge del peccato. {23-01-2013}
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Nicola Martella:
Leggere Romani 7, senza Romani 8, è desolante e fa trarre false conclusioni. L’autore parlò del rapporto del credente con la legge mosaica e vide il
rapporto fra le sue giuste richieste e la legge del peccato, che dimora
nelle viscere (Rm 7,14.17.20). Ciò costituisce il dilemma fra la legge di
Dio e un’altra legge, che vige nelle membra, quella del peccato, e che agisce
autonomamente e automaticamente, appena abbasso la guardia. Ciò crea un
paradosso fra le mie buone intenzioni e la realtà dei fatti, fra ciò che
voglio e ciò che, mio malgrado, faccio (vv. 18s). La discrepanza vale
altresì fra il mio compiacimento della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, o
legge della mia mente, e la legge del peccato, che è nelle mie membra, o corpo
di morte (vv. 22s.24).
L’uomo irredento non ha di tali problemi, vivendo solo
secondo la legge del peccato, ma ce l’ha solo il credente rigenerato.
Rendersi conto di tale guerra aperta fra mente e carne, fra spirito e
viscere, è liberatorio già di per sé. Infatti, ci si rende conto che la
dinamica di base è la seguente: «con la mente servo la legge di Dio, ma
con la carne la legge del peccato» (v. 25). Ora, Paolo, non afferma che vada
bene così, ma vede la soluzione in Dio, che può liberare da tale dinamica
schizofrenica (v. 24s).
Tale soluzione sta in Romani 8. Poiché non c’è
più «condanna per quelli che sono in Cristo Gesù»
(v. 1) e la legge del nuovo patto (legge dello Spirito della vita in
Cristo Gesù) mi ha liberato dalla legge del vecchio patto (legge del peccato e
della morte; v. 2), ciò ci permette di camminare «non secondo la carne, ma
secondo lo spirito» (v. 4), mirando a vita e pace (v. 6). Ciò è
possibile a causa dello Spirito di Dio, che abita nei credenti (v. 9) e
che rende presente Cristo in loro (v. 10); mediante lo Spirito è possibile
mortificare (lasciare nella morte) gli atti del corpo (v. 13) e sperimentare
la guida di Dio nella propria vita (v. 14).
Quindi, sebbene siano
presenti ambedue i «sistemi operativi» (spirito e peccato, mente e carne)
nello stesso
«computer» (l’uomo rigenerato), il credente può, mediante lo Spirito
Santo, funzionare col sistema operativo dello «Spirito della vita»,
mortificando (mettendo fuori uso) il sistema operativo del peccato e della
morte. Chiaramente al riguardo ci vuole impegno, allenamento, santificazione,
eccetera (Rm 12,1). Ciò permette di sottrarsi agli schemi di questo secolo e di
essere trasfigurati mediante il «rinnovamento della vostra mente», per
conoscere e praticare la volontà di Dio (v. 2).
5. {Pietro Calenzo}
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Amen. E non comprendo perché gli evangelici
riformati continuano a battezzare bimbi, anche se comunque non c’è un
pensiero «sacramentalista» come quello cattolico romano alla base. Evidentemente
dopo secoli di oscurantismo teologico i grandi riformatori non seppero ascoltare
pienamente la Parola di Dio. È anche vero, però, che questo «refuso»
cattolicheggiante è giustamente rigettato nella gran parte del mondo evangelico.
Perciò, sarebbe tempo che i fratelli riformati, immergessero solamente
coloro, che essendo già stati rigenerati, ubbidiscano a un ordinamento del
Signore; e sarebbe tempo che si allineassero all’intera dottrina del
battesimo cristiano, inteso come testimonianza pubblica dell’opera, che lo
Spirito di Dio ha già compiuto nelle loro vite. Benedizioni nel Signore Gesù
Messia. {23-01-2013}
6. {Edoardo Piacentini}
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Il cristianesimo
del Nuovo Testamento non è una religione ritualistica, perché al centro di essa
vi è il contatto diretto dell’uomo con Dio attraverso lo Spirito Santo. Vi sono
però due cerimonie (e non sette, come insegna il Cattolicesimo), che
Cristo ordinò alle chiese, perché fossero osservate, ossia il Battesimo e la
Cena del Signore (Matteo 26,26-28; 28,19-20). Dio non conferisce la grazia
attraverso tali cerimonie, come afferma la Chiesa Romana, ma benedice
sicuramente i credenti, che adempiono questi atti, così come benedice
l’obbedienza e l’adorazione in altre cose.
Per il loro
carattere sacro sono chiamati «sacramenti», che letteralmente significa
«cose sacre» o «giuramento consacrato con un rito sacro», ma è più esatto
definirli «ordinamenti» o «istituzioni», perché sono cerimonie «ordinate
o comandate» dal Signore stesso. Il motivo per cui i sacramenti non conferiscono
la grazia, è perché il dono della grazia avviene per mezzo e unicamente
attraverso la fede, che è un atto interiore, e non mediante un rito, che
è un atto esteriore, che dovrebbe rappresentare un’esperienza preesistente,
ossia già ricevuta.
Per quanto
riguarda il battesimo cristiano, il Signor Gesù, prima di salire al
cielo, ha affidato un grande mandato ai suoi discepoli: «Andate per tutto il
mondo e predicate l’Evangelo a ogni creatura; chi avrà creduto a sarà stato
battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato» (Marco
16,15-16). Nel brano corrispondente in Matteo 28,18-20, è ricordato
l’istituzione del battesimo, da amministrarsi a tutti quelli, che sono stati
«ammaestrati» nella verità, quale ordinamento perpetuo nella chiesa cristiana; e
sebbene Marco non dica, se non pochissimo, di questa istituzione, pure l’associa
intimamente anch’esso col credere nel Vangelo. Leggendo la prima parte di
questo versetto, si presenta subito la domanda: il battesimo è indispensabile
alla salvezza? Uno che abbraccia di cuore la fede in Cristo, può raggiungere
la vita eterna, se non è stato battezzato? Il versetto stesso contiene una
risposta soddisfacente, poiché nella seconda parte, «la condanna» è
presentata, in antitesi, quale risultato della sola incredulità, e non si fa
menzione della mancanza del battesimo, omissione questa che il Signore non può
fare, se tale è la tremenda conseguenza per la privazione di questo ordinamento.
Il Signor Gesù
Cristo ha dichiarato solennemente che tutto quanto è necessario alla salvezza,
è di credere con tutto il cuore in Lui, come unico sacrificio espiatorio per il
peccato, come «la giustizia di Dio» in luogo del peccatore, come «la
risurrezione e la vita»; parimenti l’unica ragione dell’eterna perdizione
del peccatore consiste nel rifiuto volontario e deliberato dell’offerta del
Salvatore. «Ma voi non volete venire a me per avere la vita» (Giovanni
5,40).
Pietro
dichiara, in maniera inequivocabile, che il battesimo non è «il nettamento
delle sozzure della carne ma la richiesta di una buona coscienza fatta a Dio»
(1 Pietro 3,21). Il battesimo è, quindi, per il credente, allo stesso tempo, un
impegno e una testimonianza, in quanto il battezzato testimonia di
fronte agli uomini dell’impegno, che ha preso davanti a Dio di servirlo e di
fare la sua volontà. Inoltre, poiché il battesimo è la risposta al dono della
grazia divina, esso diventa per il credente neoconvertito una confessione di
fede.
Come si può
credere che un po’ d’acqua su di un individuo gli si purifichi l’anima
dal peccato? Il Signore diceva per bocca del profeta Geremia: «Quand’anche tu
ti lavassi col nitro e usassi molto sapone, la tua iniquità lascerebbe una
macchia dinanzi a me» (Geremia 2,22). No, né l’acqua del fonte battesimale,
né qualsiasi altra acqua del mondo può togliere il peccato, ma ciò che l’acqua
non può fare, può farlo Cristo col suo sangue prezioso. In 1 Giovanni
1,7.9, leggiamo: «Il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni
peccato... Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci
i peccati e purificarci da ogni iniquità».
Può il
battesimo farci cristiani, figli di Dio ed eredi del cielo? No,
assolutamente. Può farlo solo l’opera dello Spirito Santo compiuta in noi,
quando per fede riceviamo il Signore Gesù nei nostri cuori. In Giovanni 1,11-12
l’apostolo dice nel suo Evangelo: «È venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno
ricevuto; ma a tutti coloro che l’hanno ricevuto, egli ha dato il diritto
di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome».
I termini ricevere e credere sono qui usati come sinonimi, perché per credere
s’intende non solo aderire passivamente a un complesso di dottrine, ma
attivamente accettare e ricevere personalmente Cristo e il suo sacrificio. Nel
libro dell’Apocalisse è descritta una bella e commovente immagine: Cristo sta
alla porta d’ogni cuore e bussa per essere ricevuto come Signore e Maestro,
come Principe e Salvatore: «Ecco, io sto alla porta e picchio; se uno ode la
mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli meco»
(Apocalisse 3,20). Quando poi apriamo la porta, il Signor Gesù Cristo entra per
dimorare nel nostro cuore. Anche nella prima epistola di Giovanni leggiamo: «Dio
ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha
il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita lo v’ho
scritto queste cose affinché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete
nel nome del Figlio di Dio» (1 Giovanni 5,11-13). Queste dichiarazioni sono
perfettamente chiare e comprensibili; chi ha il Figlio, ricevuto nel suo cuore
per la fede, ha la vita eterna. E chiara ugualmente è la condizione opposta: «Chi
non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome
dell’unigenito Figliuolo di Dio» (Giovanni 3,18).
Nessun rito battesimale,
chiunque sia la persona che lo compie, può rigenerare un’anima e darle la vita
eterna, ma solo la fede rende l’uomo un figlio di Dio e un erede del cielo. In
conclusione, il battesimo non serve per perdonare i peccati, non dà la vita
eterna, né rende l’anima erede del cielo. L’atto del battesimo segue quello
della conversione e della realizzazione della salvezza. Sono il pentimento e la
fede che salvano, non il battesimo, che è un simbolo. {23-01-2013}
7. {Alaimo Calogero}
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Contributo: Allora non serve a niente farsi battezzare. {24-01-2013}
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Nicola Martella: Serve, ma solo al rigenerato. È principalmente un atto di ubbidienza.
Poi, esprime ciò, che si è già sperimentato con Cristo sul piano della
fede. Infatti, l’acqua, in cui ci s’immerge rappresenta la tomba di
Cristo, in cui si entra (morendo alla vecchia vita) e da cui poi si esce con Lui
(per vivere una nuova vita). «Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più
io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo
nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me»
(Gal 2,20). Se non si è sperimentato la rigenerazione spirituale, neppure le
cascate del Niagara potranno servire.
Sposarsi è un atto formale e ufficiale,
ma non crea di per sé amore e intesa; così è per il battesimo. Se, però, due
persone si amano e hanno fra loro intesa, essi vogliono suggellare ciò con
l’atto matrimoniale; altresì così è per il battesimo. L’atto matrimoniale e
quello battesimale sono l’espressione esterna e l’impegno pubblico di
ciò, che è già avvenuto interiormente. Quando le cose stanno così, ambedue
diventano anche una testimonianza dinanzi agli altri. {24-01-2013}
8. {Davide Forte}
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Contributo:
Caro fratello Nicola, finché non impareremo a distinguere la nuova natura che in
Cristo Gesù è stata rinnovata, risuscitando con Lui a nuova vita dopo il
battesimo, da quella che ci portiamo a malincuore nella nostra carne, non
potremo mai capire che chi è da Dio non pecca! E neanche può peccare!
Dunque l’ubbidienza al battesimo ha già compiuto la
cancellazione di tutti i vecchi peccati. Quindi, il credente è rinato a
nuova vita solo nello spirito umano, in poche parole chi crede in Gesù è già
risorto nello spirito, ora attende solo la resurrezione del corpo, che avverrà
con il rapimento che saremo trasformati da corpo corruttibile a corpo
incorruttibile. Quindi, caro fratello, fino ad allora, saremo sempre stretti da
due volontà. La carne, con i vecchi sentimenti sarà attratta
dalle cose conosciute prima della nuova nascita; e lo spirito rigenerato,
disapprovando i desideri del suo corpo, aspira a piacere a Dio. Che sofferenza,
fratello Nicola, ci trasciniamo! Ci sarà un continuo combattimento, ecco
perché la chiesa geme ed è in gran travaglio con il desiderio di essere
rivestita d’incorruttibilità. Concludo, che chi è da Dio non pecca! Mi
riferisco al suo spirito rigenerato e, se accade che la carne ci trascina
a peccare, sappiamo a chi rivolgerci per essere lavati, perdonati e
giustificati. {24-01-2013}
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Bea Oleio, ps.: Bisognerebbe fare la
differenza tra peccare e cadere in fallo: i battezzati conoscono e
discernono il peccato e chi l’ha creato, gli resistono in quanto hanno Gesù nel
cuore, quindi nessuno di noi pecca, sapendo di peccare. Invece, tutti noi
siamo soggetti a cadere in fallo; gli errori si commettono, è la natura
umana, ma per il sangue di Gesù siamo perdonati. {24-01-2013}
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Nicola Martella: Trovo poco riflettuti e abbastanza problematici alcuni aspetti del contributo di
Davide Forte per le seguenti
ragioni. Non capisco come faccia un credente a risuscitare con Cristo a
nuova vita «dopo il battesimo»; tale atto non ha un simile vigore.
L’immersione in Cristo, che dona nuova vita, avviene con la rigenerazione, non
col battesimo, che è solo una rappresentazione d’essa e un impegno pubblico. Non
è «l’ubbidienza al battesimo», che compie «la cancellazione di
tutti i vecchi peccati», ma il sangue di Cristo, la cui accettazione, prima del
battesimo, dà la vita eterna.
Inoltre, affermare che «chi è da Dio non pecca»
e «neanche può peccare», oltre a essere irrealistico, sta in contraddizione
con altri brani della Bibbia, secondo cui il credente può peccare (cfr. Rm 7s; 1
Gv 2,1). Ciò sta in contraddizione anche con ciò, che egli stesso afferma sulle
«due volontà» (carne e spirito) e sul «continuo combattimento».
Per mantenere la tesi, secondo cui «chi è da Dio non pecca», si
attribuisce ciò allo «spirito rigenerato», come se sia possibile scindere la
persona in compartimenti stagni. Giovanni non disse: «Se la carne di qualcuno lo
ha fatto peccare», ma «se qualcuno ha peccato»
(1 Gv 2,1). Se qualcuno afferma di essere senza peccato e di non aver
peccato, inganna se stesso e rende Dio bugiardo (1 Gv 3,8.10); la via biblica è
quella di ammettere di poter peccare e di confessare i nostri peccati, per
ottenere perdono e purificazione (v. 9).
Alla base di tale dottrina c’è purtroppo una cattiva
traduzione di 1 Giovanni 5,18, che ha condizionato i credenti in tale singolare
dottrina. Qui in greco c’è un presente continuo, che si fa bene a tradurre così:
«chiunque è nato da Dio non persiste nel peccare»
o «non vive nel peccato». Similmente vale per 1 Giovanni
3,9: «Chiunque è nato da Dio non persiste nel peccare, perché il seme divino
rimane in lui, e non può persistere nel peccare, perché è nato da Dio».
Ciò è diverso dalla tesi di
alcuni credenti, secondo cui il rigenerato non possa mai più peccare. Infatti,
una traduzione corretta getta luce anche su altri brani: «Figlioli
miei, vi scrivo queste cose perché non persistiate nel peccare; e se
qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù
Cristo, il giusto» (1 Gv 2,1). Il credente
non vuole vivere nel peccato ma, suo malgrado, può cadere nel peccato, da
cui vuole presto uscire, come fa una pecora caduta accidentalmente nello stagno.
Se uno si chiama «fratello», ma vive nel peccato, egli è come un maiale, a cui
piace il fango per la sua natura; da siffatti «credenti» non-rigenerati bisogna
prendere le distanze (1 Cor 5,11ss).
Penso di aver risposto indirettamente anche a
Bea Oleio (ps.). Aggiungo che anche i
credenti, per debolezza o negligenza, a volte peccano, pur sapendo di peccare.
La concupiscenza può adescare e sedurre, se ci si espone a essa e si fa posto al
diavolo. Per questo si necessità di fuggire dalla concupiscenza e di
santificarsi. Vero è che esiste una differenza fra vivere nel peccato e
cadere in trasgressione.
9. {}
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10. {}
▲
11. {}
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12. {Autori vari}
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Claudia Biscotti: Senza sapere di questo articolo, ma di pari consentimento, ne abbiamo parlato stamattina io e i miei figli; e stasera abbiamo approfondito, leggendo questo. L’Eterno Dio è meraviglioso! {23-01-2013}
►
URL: http://diakrisis.altervista.org/_Rel/T1-Vecchia_natura_batt_MeG.htm
22-01-2013; Aggiornamento: