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LA BIBBIA E LE IMMAGINI DEL SACRO

 

 di Stefano Ferrero - Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Questo confronto è nato come discussione dell’articolo «Immagini di Gesù». Avrebbe dovuto trovare posto all’interno del tema di discussione «Immagini di Gesù? Parliamone», ma essendo più generale e ampio, lo mettiamo qui. Alla fine dell’introduzione di quest’ultimo tema scrivevo quanto segue.

     In ogni modo, bisogna distinguere fra le «immagini del sacro», da una parte, e i simboli e le semplici illustrazioni storiche, dall’altra. Le «immagini del sacro» riguardano tutto ciò, che appartiene alla trascendenza ed è oggetto di culto nella Bibbia (p.es. Dio Padre, Cristo) o nella tradizione religiosa (p.es. angeli, madonne, santi); tali immagini sono spesso riconoscibili dagli aloni e dalle auree, che le circondano e che creano un aspetto mistico o trascendente. Anche nell’usare simboli e semplici illustrazioni, bisogna usare molto scrupolo, perché il crinale è a volte molto stretto. Usando immagini, bisogna evitare di scandalizzare gli uni, bisogna evitare di porre una trappola dinanzi ad altri, inducendoli involontariamente all’idolatria, e bisogna evitare di abituare i cristiani all’uso scontato di ogni tipo di immagine. Nell’antichità si passò, lentamente e successivamente, dall’uso ornamentale all’uso didattico, alla sacralizzazione delle immagini e quindi alla piena idolatria. Ciò potrebbe accadere ancora oggigiorno con gli stessi meccanismi di accreditamento mediante uso e convenzione.

     Fin qui il brano riportato. Mi preme iniziare questo confronto proprio con ciò, poiché mi sembra una buona introduzione all’attuale confronto.

 

 

2.  LE TESI (Stefano Ferrero): Nicola Martella, il principio di base che dobbiamo ricercare per rispondere alle tue domande è se la volontà di Dio sia contro tutte le immagini in quanto tali, oppure soltanto contro le immagini che diventano oggetto di culto religioso idolatrico. Pensa al serpente di bronzo e ai due cherubini sull’arca dell’alleanza. Tutti noi siamo concordi che erano vere e proprie immagini religiose, e siamo tutti d’accordo che non erano idoli, e che Dio non voleva che ricevessero culto religioso. Se un principio di Dio è assoluto, lui stesso non lo contraddirà MAI. Per esempio se Dio è contro il culto delle immagini, non darà mai in nessun caso il comando a qualcuno di dare culto d’idolatria alle immagini, su questo penso che siamo tutti d’accordo. Se Dio fosse anche contrario in modo assoluto a tutte le raffigurazioni simboliche e artistiche, non avrebbe mai in nessun caso dato ordine di fare costruire cose come il serpente di bronzo e le statue dei cherubini. «Dio non è un uomo, da poter mentire, né un figlio d’uomo, da doversi pentire. Quando ha detto una cosa non la farà? O quando ha parlato non manterrà la parola?» (Nu 23,19). Quando Dio ha comandato la costruzione delle statua del serpente e delle statue nel tempio, sapeva benissimo che in futuro alcuni avrebbero travisato il senso di questi oggetti e li avrebbero considerati idolatricamente (2 Re 18,4; Ger 7,4), eppure questo non gli ha impedito di farli costruire.

     Avendo chiarito l’equivoco sul piano teologico, passiamo ora a quello pastorale. È vero una persona che viene dal cattolicesimo romano, specie se è appena convertita, può non essere ancora in grado di distinguere illustrazione e culto, quindi secondo il principio di Romani 14 che non dobbiamo turbare la coscienza del debole, dovremmo adeguarci alla sua coscienza. «Badate che questo vostro diritto non diventi un inciampo per i deboli. Perché se qualcuno vede te, che hai conoscenza, seduto a tavola in un tempio dedicato agli idoli, la sua coscienza, se egli è debole, non sarà tentata di mangiar carni sacrificate agli idoli? Così, per la tua conoscenza, è danneggiato il debole, il fratello per il quale Cristo è morto. Ora, peccando in tal modo contro i fratelli, ferendo la loro coscienza che è debole, voi peccate contro Cristo. Perciò, se un cibo scandalizza mio fratello, non mangerò mai più carne, per non scandalizzare mio fratello» (1 Cor 8,9-12) Se un mio fratello è scandalizzato dal pesce sulla macchina, o dal fatto che non sono vegetariano e questo lo porta alla morte spirituale, per non farlo apostatare dalla fede, sono disposto a togliere il pesce e a non mangiare carne, anche se ho diritto di fare queste cose. Non c’è nulla di male che in una chiesa ci siano la croce o le vetrate colorate con episodi della vita di Gesù e degli apostoli come in molte chiese luterane e anglicane, è chiaro che queste figure hanno un significato al 100% diverso dal concetto cattolico di «statua miracolosa» quale la «madonna di Fatima» e il «bambino di Praga». Non ho mai sentito di protestanti che davano «culto d’idolatria alle vetrate».

     La realtà è che viviamo in un paese con una pesante idolatria religiosa e che la chiesa evangelica italiana, per reazione, ha preferito dare il suo no assoluto a questo punto. Esattamente come la chiesa evangelica nel mondo anglosassone che visti i problemi causati dall’alcol in molti casi (non tutti) ha vietato totalmente ogni bevanda alcolica. Sono scelte dovute a «eccesso di prudenza» che portano all’eccesso opposto.

     Vedi Nicola, le persone che ti hanno portato alla fede all’inizio erano state sicuramente condotte dal Signore, ma non devi pensare che tutte le dottrine, che ti hanno insegnato, siano tutte vere. Troppe volte sento credenti parlare delle «proprie posizioni» per poi scoprire che queste «idee loro» sono al 100% uguali alla teologia della chiesa che frequentano, a quello che credevano i missionari che li hanno condotti alla fede, o al contenuto dei libri che hanno letto, senza nessuna riflessione ed evoluzione di pensiero loro personale (p.es. questione «no assoluto all’alcol»). Seguendo il principio di «no assoluto a ogni immagine» non potremmo neppure mettere il pesce cristiano sulla macchina, e i cristiani sbranati dai leoni e perseguitati dai romani, che usavano la simbologia del pesce per riconoscersi fra di loro nelle persecuzioni, erano tutti degli idolatri. Non mi sento di condividere pensieri di questo tipo che condannano dei fratelli martiri per Cristo all’inferno (cfr. Ap 21,8), a ognuno le sue scelte. Dio ci benedica.

     Preciso che sono contrario alle immagini di Gesù «biondo con gli occhi azzurri» e a tutti i tentativi di presentarlo come appartenente a un gruppo etnico diverso dal popolo ebraico. Sono totalmente contrario a icone, santini, rosari, reliquie, statue miracolose, portafortuna, amuleti, ecc. Quanto affermato in precedenza riguarda la «non peccaminosità» e «non idolatria» delle vetrate colorate nelle chiese protestanti, del pesce cristiano sull’automobile e delle raffigurazioni nelle riviste della scuola domenicale. {03-06-2011}

 

 

2.  LE RISPOSTE (Nicola Martella): Stefano Ferrero, ho parlato del fatto che in queste cose bisogna avere molto equilibrio, essendo questo un crinale molto sottile e un campo molto minato. Io parlo di «immagini del sacro», ossia di ciò che è, o è ritenuto, trascendentale.

     Il serpente di rame, lo ribadisco nuovamente, non era nato come oggetto di culto, ma come simbolo dei serpenti, che morsero gli Israeliti (Nu 21,9). Faccio notare che non era una «statua», come il mio interlocutore distrattamente ha affermato, ma un pezzo di bronzo messo in cima a un’asta. Esso non nacque quindi come «immagine del sacro». Che esso divenne poi oggetto di venerazione da parte d’Israele, non era nelle intenzioni di Dio né di Mosè (2 Re 18,4).

     Ribadisco nuovamente che altra cosa era il vitello d’oro, che nacque fin dall’inizio come rappresentazione dell’Eterno, ossia del Dio che trasse gli Israeliti dall’Egitto (Es 32,1.4.23). Ciò fu considerato corruzione (v. 7) e un «gran peccato» (v. 21), lesa maestà e infrazione del patto. E le conseguenze furono dure e drastiche (vv. 19-28).

     Quanto ai due cherubini, si dimentica che nessuno del popolo li aveva mai visti, non erano quindi oggetto di venerazione. L’arca, quando era trasportata, veniva coperta con più strati di materiali (Nu 4,5ss); nessuno poteva avvicinarsi a essa (Gs 3,4) o toccarla, pena la morte (2 Sm 6,6s). Nessun israelita aveva immagini di cherubini a casa propria, poiché ciò era considerato idolatria; infatti, essi erano fatti come sfingi e i pagani li adoravano. Quindi per gli Israeliti c’era una proibizione assoluta di farsi «immagini del sacro» di qualsiasi tipo. Non esiste neppure un brano nell’AT, in cui è stato reso il culto a cherubini.

     Quindi l’equivoco sul piano teologico non è chiarito o almeno non del tutto. Non si può basare tutta una trattazione teologica dell’uso delle immagini su due casi narrativi, a cui si può dare il significato che si vuole. Una teologia valida si basa non su racconti soltanto, ma su prove esegetiche certe, attinte da un chiaro insegnamento della Scrittura. Altrimenti la dialettica raffinata fa apparire grande, ciò che è piccolo, e viceversa. Quindi, dove sta il chiaro insegnamento della Torà, dei profeti, di Gesù e degli apostoli riguardo alla legittimità delle «immagini del sacro»?

     Romani 14 non parla d’immagini, ma di cibo e di giorni; quindi è fuorviante applicarlo qui, poiché contraddirebbe il pensiero esplicito di Paolo; per altro in 1 Corinzi 8 Paolo affrontò tale questione a hoc, rimbrottando proprio chi era «seduto a tavola in un tempio d’idoli» (v. 10), poiché il suo modo di fare diventava una trappola per chi era debole e, in tal modo, peccava contro Cristo (vv. 11s).

     Quanto alle chiese anglicane, anche lì ci sono molte sacche d’idolatria e alcune chiese non si differenziano molto da quelle cattoliche; e neppure le chiese luterane sono del tutto esenti da ciò. Non ho nulla contro le decorazioni simboliche in libri (anche la nuda croce), ma ho i miei dubbi che le «raffigurazioni del sacro» in locali di culto rimangano senza effetto psicologico e spirituale. Non dobbiamo orientarci a nessuna denominazione corrente, ma all’insegnamento del NT e alla chiesa del primo secolo. Visto che la chiesa al tempo degli apostoli non aveva raffigurazioni di nessun tipo nei luoghi d’incontro, come ci riportano i cosiddetti «padri della chiesa» e altri scrittori dei primi secoli, facciamo bene a seguire il loro esempio.

     Non è un caso che il giudaismo a tutt’oggi rinuncia a «raffigurazioni del sacro» e si limita solo a simboli (Menorah, ecc.); si veda anche l’Islam, che ha preso questo dal giudaismo.

     «Eccesso di prudenza»? Lo avevano anche gli apostoli, le chiese dei primi secoli, i padri della Riforma e del Risveglio, mentre noi siamo così «illuminati»? Ho detto sopra che la differenza fra «immagini del sacro» e raffigurazioni è un crinale molto sottile e labile; bisogna cercare un equilibrio, ma bisogna stare attenti a non creare alibi per una nuova idolatria. Specialmente in ambito carismaticista si assiste, a differenza dei pentecostali storici, a una nuovo tentativo di cattolicizzazione e sacramentalizzazione di ritorno, di cui sono molto preoccupato.

     Non capisco che cosa c’entri il discorso della mia conversione con un’analisi teologica attuale, basata sull’esegesi contestuale. Per altro, io mi sono convertito da solo e soltanto in seguito ho trovato gli evangelici. Io ho vissuto inoltre lontano da una chiesa locale, essendomi trasferito altrove, e le mie convinzioni dipendono dagli studi della Parola, non dai dettami di una denominazione. Quindi, trovo alquanto singolare tutto questo discorso e povero di argomenti stringenti.

     A ciò si aggiunga che io non ho parlato di un «no assoluto a ogni immagine», ma di un no assoluto a ogni «immagine del sacro»; il che rappresenta una grande differenza. Inoltre un «pesce» è un simbolo, come pure lo è pure una nuda croce; e questo di là dal fatto, che ad alcuni possano piacere e ad altri no. Un simbolo è un segno, che sta per un significato non intrinseco al simbolo stesso, ma che vive mediante la convenzione; infatti, tale significato si può perdere nel tempo oppure lo stesso simbolo può avere un altro significato in culture e tempi diversi. Non so quanti ricolleghino il «pesce», che mettono dietro alla loro auto, all’acronimo greco «ichthys» (Gesù Cristo, di Dio Figlio, Salvatore). Nei primi secoli, la croce era solo un simbolo di terrore, poiché non era inusuale vedere fuori paese file di crocifissi, che pativano i dolori della morte. Quando tale tipo di pena di morte cadde in disuso, crebbe lentamente un significato romantico della croce. Non la metterei poi nel patetico riguardo a una presunta condanna «dei fratelli martiri per Cristo all’inferno»; qui l’argomentazione scende proprio sotto ogni livello razionale.

     Infine, visto che ci sono opinioni differenti sull’uso d’illustrazioni in materiale pedagogico (scuola domenicale, ecc.), suggerisco un estremo pudore, affinché tali rappresentazioni si limitino agli aspetti simbolici e non diventino «illustrazioni del sacro». Anche le figure di Gesù, se proprio è necessario usarle come illustrazioni, che siano private da ogni aureola e alone di sacro, per essere degradate a semplici figure di un racconto storico. Sull’uso di «immagini del sacro» nelle sale di culto, personalmente sono del tutto contrario; non mi sento di prendermi tale responsabilità per altri, dando il mio assenso, visto che devo personalmente comparire dinanzi al tribunale di Cristo per rendere conto dei miei atti.

 

Continuità fra AT e NT contro le immagini del sacro {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Rel/A1-Immagin_sacro_BB_MeG.htm

05-06-2011; Aggiornamento: 05-06-2011

 

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