1. ENTRIAMO IN TEMA: Questo
confronto è nato come discussione dell’articolo «Immagini
di Gesù». Avrebbe dovuto trovare posto all’interno del tema di
discussione «Immagini
di Gesù? Parliamone», ma essendo più generale e ampio, lo mettiamo
qui. Alla fine dell’introduzione di quest’ultimo tema scrivevo quanto segue.
In ogni modo,
bisogna distinguere fra le «immagini del sacro», da una parte, e i
simboli e le semplici illustrazioni storiche, dall’altra. Le «immagini del
sacro» riguardano tutto ciò, che appartiene alla trascendenza ed è oggetto
di culto nella Bibbia (p.es. Dio Padre, Cristo) o nella tradizione religiosa
(p.es. angeli, madonne, santi); tali immagini sono spesso riconoscibili dagli
aloni e dalle auree, che le circondano e che creano un aspetto mistico o
trascendente. Anche nell’usare simboli e semplici illustrazioni, bisogna usare
molto scrupolo, perché il crinale è a volte molto stretto. Usando immagini,
bisogna evitare di scandalizzare gli uni, bisogna evitare di porre una
trappola dinanzi ad altri, inducendoli involontariamente all’idolatria, e
bisogna evitare di abituare i cristiani all’uso scontato di ogni tipo di
immagine. Nell’antichità si passò, lentamente e successivamente, dall’uso
ornamentale all’uso didattico, alla sacralizzazione delle immagini e quindi alla
piena idolatria. Ciò potrebbe accadere ancora oggigiorno con gli stessi
meccanismi di accreditamento mediante uso e convenzione.
Fin qui il
brano riportato. Mi preme iniziare questo confronto proprio con ciò, poiché mi
sembra una buona introduzione all’attuale confronto.
2. LE TESI (Stefano Ferrero):
Nicola Martella, il principio di base che dobbiamo ricercare per rispondere alle
tue domande è se la volontà di Dio sia contro tutte le immagini in quanto tali,
oppure soltanto contro le immagini che diventano oggetto di culto religioso
idolatrico. Pensa al serpente di bronzo e ai due cherubini
sull’arca dell’alleanza. Tutti noi siamo concordi che erano vere e proprie
immagini religiose, e siamo tutti d’accordo che non erano idoli, e che Dio non
voleva che ricevessero culto religioso. Se un principio di Dio è assoluto, lui
stesso non lo contraddirà MAI. Per esempio se Dio è contro il culto delle
immagini, non darà mai in nessun caso il comando a qualcuno di dare culto
d’idolatria alle immagini, su questo penso che siamo tutti d’accordo. Se Dio
fosse anche contrario in modo assoluto a tutte le raffigurazioni simboliche e
artistiche, non avrebbe mai in nessun caso dato ordine di fare costruire cose
come il serpente di bronzo e le statue dei cherubini. «Dio non è un uomo, da
poter mentire, né un figlio d’uomo, da doversi pentire. Quando ha detto una cosa
non la farà? O quando ha parlato non manterrà la parola?» (Nu 23,19). Quando
Dio ha comandato la costruzione delle statua del serpente e delle statue
nel tempio, sapeva benissimo che in futuro alcuni avrebbero travisato il senso
di questi oggetti e li avrebbero considerati idolatricamente (2 Re 18,4; Ger
7,4), eppure questo non gli ha impedito di farli costruire.
Avendo
chiarito l’equivoco sul piano teologico, passiamo ora a quello pastorale.
È vero una persona che viene dal cattolicesimo romano, specie se è appena
convertita, può non essere ancora in grado di distinguere illustrazione e culto,
quindi secondo il principio di Romani 14 che non dobbiamo turbare la coscienza
del debole, dovremmo adeguarci alla sua coscienza. «Badate che questo vostro
diritto non diventi un inciampo per i deboli. Perché se qualcuno vede te, che
hai conoscenza, seduto a tavola in un tempio dedicato agli idoli, la sua
coscienza, se egli è debole, non sarà tentata di mangiar carni sacrificate agli
idoli? Così, per la tua conoscenza, è danneggiato il debole, il fratello per il
quale Cristo è morto. Ora, peccando in tal modo contro i fratelli, ferendo la
loro coscienza che è debole, voi peccate contro Cristo. Perciò, se un cibo
scandalizza mio fratello, non mangerò mai più carne, per non scandalizzare mio
fratello» (1 Cor 8,9-12) Se un mio fratello è scandalizzato dal pesce sulla
macchina, o dal fatto che non sono vegetariano e questo lo porta alla morte
spirituale, per non farlo apostatare dalla fede, sono disposto a togliere il
pesce e a non mangiare carne, anche se ho diritto di fare queste cose. Non c’è
nulla di male che in una chiesa ci siano la croce o le vetrate
colorate con episodi della vita di Gesù e degli apostoli come in molte
chiese luterane e anglicane, è chiaro che queste figure hanno un significato
al 100% diverso dal concetto cattolico di «statua miracolosa» quale la «madonna
di Fatima» e il «bambino di Praga». Non ho mai sentito di protestanti che davano
«culto d’idolatria alle vetrate».
La realtà è
che viviamo in un paese con una pesante idolatria religiosa e che la
chiesa evangelica italiana, per reazione, ha preferito dare il suo no assoluto a
questo punto. Esattamente come la chiesa evangelica nel mondo anglosassone che
visti i problemi causati dall’alcol in molti casi (non tutti) ha vietato
totalmente ogni bevanda alcolica. Sono scelte dovute a «eccesso di prudenza»
che portano all’eccesso opposto.
Vedi Nicola,
le persone che ti hanno portato alla fede all’inizio erano state
sicuramente condotte dal Signore, ma non devi pensare che tutte le dottrine, che
ti hanno insegnato, siano tutte vere. Troppe volte sento credenti parlare delle
«proprie posizioni» per poi scoprire che queste «idee loro» sono al 100% uguali
alla teologia della chiesa che frequentano, a quello che credevano i
missionari che li hanno condotti alla fede, o al contenuto dei libri che hanno
letto, senza nessuna riflessione ed evoluzione di pensiero loro personale (p.es.
questione «no assoluto all’alcol»). Seguendo il principio di «no assoluto a
ogni immagine» non potremmo neppure mettere il pesce cristiano sulla
macchina, e i cristiani sbranati dai leoni e perseguitati dai romani, che
usavano la simbologia del pesce per riconoscersi fra di loro nelle persecuzioni,
erano tutti degli idolatri. Non mi sento di condividere pensieri di questo tipo
che condannano dei fratelli martiri per Cristo all’inferno (cfr. Ap
21,8), a ognuno le sue scelte. Dio ci benedica.
Preciso che
sono contrario alle immagini di Gesù «biondo con gli occhi azzurri» e a
tutti i tentativi di presentarlo come appartenente a un gruppo etnico diverso
dal popolo ebraico. Sono totalmente contrario a icone, santini, rosari,
reliquie, statue miracolose, portafortuna, amuleti, ecc. Quanto affermato in
precedenza riguarda la «non peccaminosità» e «non idolatria» delle vetrate
colorate nelle chiese protestanti, del pesce cristiano sull’automobile e delle
raffigurazioni nelle riviste della scuola domenicale. {03-06-2011}
2. LE RISPOSTE (Nicola
Martella): Stefano Ferrero, ho parlato del fatto che in queste cose bisogna
avere molto equilibrio, essendo questo un crinale molto sottile e un
campo molto minato. Io parlo di «immagini del sacro», ossia di ciò che è, o è
ritenuto, trascendentale.
Il serpente
di rame, lo ribadisco nuovamente, non era nato come oggetto di culto, ma
come simbolo dei serpenti, che morsero gli Israeliti (Nu 21,9). Faccio notare
che non era una «statua», come il mio interlocutore distrattamente ha affermato,
ma un pezzo di bronzo messo in cima a un’asta. Esso non nacque quindi come
«immagine del sacro». Che esso divenne poi oggetto di venerazione da parte
d’Israele, non era nelle intenzioni di Dio né di Mosè (2 Re 18,4).
Ribadisco
nuovamente che altra cosa era il vitello d’oro, che nacque fin
dall’inizio come rappresentazione dell’Eterno, ossia del Dio che trasse gli
Israeliti dall’Egitto (Es 32,1.4.23). Ciò fu considerato corruzione (v. 7) e un
«gran peccato» (v. 21), lesa maestà e infrazione del patto. E le conseguenze
furono dure e drastiche (vv. 19-28).
Quanto ai due
cherubini, si dimentica che nessuno del popolo li aveva mai visti, non
erano quindi oggetto di venerazione. L’arca, quando era trasportata, veniva
coperta con più strati di materiali (Nu 4,5ss); nessuno poteva avvicinarsi a
essa (Gs 3,4) o toccarla, pena la morte (2 Sm 6,6s). Nessun israelita aveva
immagini di cherubini a casa propria, poiché ciò era considerato idolatria;
infatti, essi erano fatti come sfingi e i pagani li adoravano. Quindi per gli
Israeliti c’era una proibizione assoluta di farsi «immagini del sacro» di
qualsiasi tipo. Non esiste neppure un brano nell’AT, in cui è stato reso il
culto a cherubini.
Quindi
l’equivoco sul piano teologico non è chiarito o almeno non del tutto. Non si
può basare tutta una trattazione teologica dell’uso delle immagini su due casi
narrativi, a cui si può dare il significato che si vuole. Una teologia valida
si basa non su racconti soltanto, ma su prove esegetiche certe, attinte da un
chiaro insegnamento della Scrittura. Altrimenti la dialettica raffinata fa
apparire grande, ciò che è piccolo, e viceversa. Quindi, dove sta il chiaro
insegnamento della Torà, dei profeti, di Gesù e degli apostoli riguardo alla
legittimità delle «immagini del sacro»?
Romani 14
non parla d’immagini, ma di cibo e di giorni; quindi è fuorviante applicarlo
qui, poiché contraddirebbe il pensiero esplicito di Paolo; per altro in 1
Corinzi 8 Paolo affrontò tale questione a hoc, rimbrottando proprio chi era
«seduto a tavola in un tempio d’idoli» (v. 10), poiché il suo modo di
fare diventava una trappola per chi era debole e, in tal modo, peccava contro
Cristo (vv. 11s).
Quanto alle
chiese anglicane, anche lì ci sono molte sacche d’idolatria e alcune chiese
non si differenziano molto da quelle cattoliche; e neppure le chiese luterane
sono del tutto esenti da ciò. Non ho nulla contro le decorazioni simboliche
in libri (anche la nuda croce), ma ho i miei dubbi che le «raffigurazioni del
sacro» in locali di culto rimangano senza effetto psicologico e spirituale. Non
dobbiamo orientarci a nessuna denominazione corrente, ma all’insegnamento del NT
e alla chiesa del primo secolo. Visto che la chiesa al tempo degli
apostoli non aveva raffigurazioni di nessun tipo nei luoghi d’incontro, come ci
riportano i cosiddetti «padri della chiesa» e altri scrittori dei primi secoli,
facciamo bene a seguire il loro esempio.
Non è un caso
che il giudaismo a tutt’oggi rinuncia a «raffigurazioni del sacro» e si
limita solo a simboli (Menorah, ecc.); si veda anche l’Islam, che ha preso
questo dal giudaismo.
«Eccesso di
prudenza»? Lo avevano anche gli apostoli, le chiese dei primi secoli, i
padri della Riforma e del Risveglio, mentre noi siamo così «illuminati»? Ho
detto sopra che la differenza fra «immagini del sacro» e raffigurazioni è un
crinale molto sottile e labile; bisogna cercare un equilibrio, ma bisogna stare
attenti a non creare alibi per una nuova idolatria. Specialmente in ambito
carismaticista si assiste, a differenza dei pentecostali storici, a una
nuovo tentativo di cattolicizzazione e sacramentalizzazione di ritorno, di cui
sono molto preoccupato.
Non capisco
che cosa c’entri il discorso della mia conversione con un’analisi
teologica attuale, basata sull’esegesi contestuale. Per altro, io mi sono
convertito da solo e soltanto in seguito ho trovato gli evangelici. Io ho
vissuto inoltre lontano da una chiesa locale, essendomi trasferito altrove, e le
mie convinzioni dipendono dagli studi della Parola, non dai dettami di una
denominazione. Quindi, trovo alquanto singolare tutto questo discorso e povero
di argomenti stringenti.
A ciò si
aggiunga che io non ho parlato di un «no assoluto a ogni immagine», ma di
un no assoluto a ogni «immagine del sacro»; il che rappresenta una grande
differenza. Inoltre un «pesce» è un simbolo, come pure lo è pure una nuda croce;
e questo di là dal fatto, che ad alcuni possano piacere e ad altri no. Un
simbolo è un segno, che sta per un significato non intrinseco al simbolo
stesso, ma che vive mediante la convenzione; infatti, tale significato si può
perdere nel tempo oppure lo stesso simbolo può avere un altro significato in
culture e tempi diversi. Non so quanti ricolleghino il «pesce», che
mettono dietro alla loro auto, all’acronimo greco «ichthys» (Gesù Cristo, di Dio
Figlio, Salvatore). Nei primi secoli, la croce era solo un simbolo di
terrore, poiché non era inusuale vedere fuori paese file di crocifissi, che
pativano i dolori della morte. Quando tale tipo di pena di morte cadde in
disuso, crebbe lentamente un significato romantico della croce. Non la metterei
poi nel patetico riguardo a una presunta condanna «dei fratelli martiri
per Cristo all’inferno»; qui l’argomentazione scende proprio sotto ogni livello
razionale.
Infine, visto
che ci sono opinioni differenti sull’uso d’illustrazioni in materiale
pedagogico (scuola domenicale, ecc.), suggerisco un estremo pudore,
affinché tali rappresentazioni si limitino agli aspetti simbolici e non
diventino «illustrazioni del sacro». Anche le figure di Gesù, se proprio
è necessario usarle come illustrazioni, che siano private da ogni aureola e
alone di sacro, per essere degradate a semplici figure di un racconto storico.
Sull’uso di «immagini del sacro» nelle sale di culto, personalmente sono
del tutto contrario; non mi sento di prendermi tale responsabilità per altri,
dando il mio assenso, visto che devo personalmente comparire dinanzi al
tribunale di Cristo per rendere conto dei miei atti.
►
Continuità fra AT e NT contro le immagini del sacro {Nicola Martella} (A)
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URL: http://diakrisis.altervista.org/_Rel/A1-Immagin_sacro_BB_MeG.htm
05-06-2011; Aggiornamento: 05-06-2011 |