«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

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«Chi dice la gente ch’io sia?» — Offensiva intorno a Gesù 1

  È ciò che dicono gli altri su Gesù.

  Ecco le parti principali: Gesù nei mass-media

Gesù fra teologia e filosofia

Gesù fra filosofia e ideologia

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Excursus: La via che porta a Dio

 

«E voi, chi dite ch’io sia?» — Offensiva intorno a Gesù 2

  È ciò che la Bibbia dice su Gesù.

  Ecco le parti principali:

Gesù nella Bibbia e nella storia

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Vedi al riguardo le recensioni.

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L’AMORE CHE RECUPERA

 

 a cura di Nicola Martella

 

«Signore e Dio, ora abbiamo pienamente ricevuto il tuo amore. Fa’ che dispieghiamo questo amore nel nostro operato e che diamo così prova di essere cristiani nelle cose belle come in quelle pesanti»(Detlev Block; tradotto e adattato da Nicola Martella; fonte: «Amore: Dinamica»).

 

ImpalcaturaRiflettendo sull’amore quale ricerca del bene altrui o quale fede operante, ho dovuto paragonarlo a un’impalcatura. Essa si rende disponibile a puntellare e sostenere, ciò che crollerebbe; oppure costituisce la base di ciò, che dev’essere ancora costruito. Essa dà sicurezza e permette di arrivare in alto. In essa tutti gli elementi sono strettamente uniti e connessi, affinché tutto sia stabile e possa permettere l’ampliamento in altezza, in larghezza e in profondità, secondo il bisogno.

     L’amore vero, come un’impalcatura, non vuole rendere dipendente da sé. Perciò è pronto a ritirarsi, appena ciò, che era lesionato, è tornato a reggersi da sé; o appena la nuova opera è compiuta. È certamente disponibile, ma non soffocante, né coercitivo. Inoltre, le persone devono appoggiarsi a Cristo, che è sempre disponibile, non a noi.

 

Riflettendo sull’amore ho dovuto altresì pensare a chi è stato recuperato da altri, che si sono prestati a sorreggere e a portare pesi, e che comprende poi l’importanza di recuperare altri. Chi è passato personalmente nel problema, capisce che deve essere lui a scendere in fondo al pozzo, dove si trova l’altro. Da tale posizione può convincere l’altro della necessità di risalire dalla sua ristrettezza esistenziale e, mettendosi al ritmo dell’altro, può aiutarlo ad arrampicarsi, passo dopo passo, e a uscire al largo.

     Anche chi vuole recuperare un’altra persona, non vuole rendersi indispensabile per sempre, ma vuole mobilitare le sue forze e stabilizzare l’altro così, che possa continuare il cammino. L’amore cristiano vuol legare le persone a Cristo, non a sé.

     In tutto ciò l’amore di Dio è il carburante necessario, perché possiamo dar prova di una fede operante in tutte le situazioni, possiamo sorreggere altri e possiamo recuperare altri all’amore di Dio e alla verità, che rende liberi.

     Nella vita cristiana non ci sono due distinte categorie di recuperatori e recuperati, ma esiste una dinamica di supporto reciproco. I recuperati diventano, in genere, i migliori recuperatori. Quando impariamo a portare i pesi degli altri, generiamo altresì persone capaci di portare i pesi altrui, che un giorno possono essere anche i nostri. [Segue nel primo contributo]

 

Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

1. Nicola Martella

2. Luca Matranga

3. Pietro Calenzo

4. Edoardo Piacentini

5.

6.

7.

8.

9.

10.

11. Vari e medi

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Nicola Martella}

 

Per l’approfondimento biblico (Il senso di questa lista di versi è di stimolare la riflessione dei lettori, per aiutarli formulare contributi confacenti al tema):

     ■ «Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, v’ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Poiché io v’ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come v’ho fatto io» (Giovanni 13,14s).

     ■ «Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Com’io v’ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Giovanni 13,34s; cfr. 15,12.17; 1 Giovanni 4,7.11s; 2 Giovanni 1,5).

     ■ «Quanto all’amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri» (Romani 12,10; cfr. 13,8; 1 Tessalonicesi 4,9; 1 Pietro 4,8).

     ■ «Non ci giudichiamo dunque più gli uni gli altri, ma giudicate piuttosto che non dovete porre pietra d’inciampo sulla via del fratello, né essergli occasione di caduta» (Romani 14,13).

     ■ «Accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo ha accolto noi per la gloria di Dio» (Romani 15,7).

     ■ «Fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un’occasione alla carne, ma per mezzo dell’amore servite gli uni agli altri» (Galati 5,13).

     ■ «Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo» (Galati 6,2).

     ■ «Con ogni umiltà e mansuetudine, con longanimità, sopportandovi gli uni gli altri con amore» (Efesini 4,2).

     ■ «Siate invece gli uni verso gli altri benigni, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonati in Cristo» (Efesini 4,32).

     ■ «Vestitevi dunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di tenera compassione, di benignità, di umiltà, di dolcezza, di longanimità; sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi a vicenda, se uno ha di che dolersi d’un altro... La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; ammaestrandovi ed ammonendovi gli uni gli altri con ogni sapienza» (Colossesi 3,12s.16; cfr. Ebrei 3,13).

     ■ «Procacciate sempre il bene gli uni degli altri, e quello di tutti» (1 Tessalonicesi 5,15).

     ■ «E facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e a buone opere» (Ebrei 10,24).

     ■ «E tutti rivestitevi d’umiltà gli uni verso gli altri» (1 Pietro 5,5).

     ■ «Fratelli miei, se qualcuno tra di voi si svia dalla verità e uno lo riconduce indietro, costui sappia che chi avrà riportato indietro un peccatore dall’errore della sua via salvaguarderà l’anima del peccatore dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati» (Giacomo 5,19s).

 

 

2. {Luca Matranga}

 

Contributo: È quello che penso anch’io; ma per poter amare, ossia essere recuperatori, bisogna soprattutto sacrificare qualcosa dei propri obbiettivi e delle proprie priorità. Alcune volte siamo troppo impegnati a seguire le nostre vie, che come i sacerdoti davanti all’uomo malmenato, passiamo avanti, perché dobbiamo prendere parte a quel culto o presiedere quell’altra riunione. Non facciamo che quello, che vogliamo noi fare per Dio, sostituisca quello, che Dio vuole fare con noi e per noi. {24-01-2013}

 

Nicola Martella: In ciò, che affermi, c’è del vero. Nella narrazione del (buon) Samaritano, il sacerdote e il Levita non volevano contaminarsi in senso rituale, per partecipare al culto del tempio. Essi non considerarono che soccorrere un malcapitato fosse anch’esso «servizio sacro». Se essi avessero soccorso tale poveraccio, anche la loro vita di fede ne sarebbe risultata arricchita e il loro stesso culto sarebbe risultato più «sentito» e «ispirato»; ma i formalisti, legalisti e i massimalisti non lo sanno, poiché colano moscerini e inghiottono cammelli (Mt 23,24). Similmente, i Farisei avrebbero lasciato, per principio, un figlio o un bue nel pozzo, pur di aderire formalmente al sabato (cfr. Lc 14,5).

     In ogni modo, recuperare qualcuno significa riavvicinare chi era lontano (cfr. Ef 2,13.17), reintrodurre l’alienato in una collettività (cfr. Bernaba con Saulo; At 9,26s; 11,25s) e fargli posto fra «i membri della famiglia di Dio» (Ef 2,19).

 

 

3. {Pietro Calenzo}

 

Tutti i credenti dovrebbero essere dei recuperatori e dei fratelli nell’accezione più cristocentrica e fattiva nel (e del) vivere quotidiano. Uso il condizionale, perché ciò, ahinoi, non sempre avviene. Penso altresì che nella chiesa di Cristo servirebbe un servizio di diaconia più attento e capillare (che non sia solo servizio di ragioneria, o di accordare la funzionalità di questo o quello strumento musicale), poiché non sempre gli anziani hanno il tempo di adempiere a ogni richiesta o supplire a ogni o bisogno. Poi scritturalmente, vi è il bisogno di puntellare alcune lacune di natura dottrinale, non comprese o non del tutto assimilate da alcuni fratelli o sorelle. Anche questo è un servizio d’amore fraterno di grande valore agli occhi del Signore. Imitiamo Gesù il Messia, in ogni cosa, e il nostro esser cristiano sarà forse più faticoso, ma sarà senza dubbio più appagante per la gloria di Colui, che ci ha amati per primi, avanti la fondazione del mondo. Dobbiamo amare secondo il cuore di Dio i fratelli, che il Signore ci ha posti sul nostro cammino, al fine di concretizzare il vero amore-agape, che solo il Signore poteva donarci; questo è il solo, autentico canone, che può guidarci nella imitazione di Gesù Cristo. A Lui la eterna gloria. Grazie Nicola, per questa nota edificante e per i meravigliosi versi della Scrittura citati. Shalom. Dio ti benedica. {25-01-2013}

 

 

4. {Edoardo Piacentini}

 

Contributo: C’è un ministero, che non è popolare, anzi spesso attira critiche dai benpensanti, i quali sono sempre pronti a giudicare e condannare chi si allontana dalla fede e si svia dalla verità, senza possibilità di appello. È il ministero, che Giuseppe Petrelli definì «restauratore di rovine»; esso lo che riceve colui, che nutre un amore particolare per chi si è sviato dalla verità e, invece di condannarlo pubblicamente, non smette di pregare per lui e approfitta di ogni occasione per tentare di recuperarlo.

     Giacomo, il fratello del Signore, detto il Giusto, fu soprannominato «il cammello», perché le sue ginocchia divennero dure come quelle di un cammello, essendo spesso inginocchiato in preghiera. Egli scrisse una lettera, che è entrata a pieno titolo nel canone delle Scritture del Nuovo Testamento, nella quale egli afferma, in particolare, che giustifica i credenti solo una fede, che si dimostri vera nelle opere dell’amore. Poiché la dottrina di Paolo della giustificazione per grazia mediante la sola fede è pur sempre esposta al malinteso teologico e pratico, l’insegnamento di Giacomo resta il suo insostituibile contrappeso: a esso la Chiesa non può rinunciare, se si vuole che il cristianesimo rimanga autentico. La sua epistola si conclude con questa frase: «Fratelli miei, se qualcuno tra di voi si svia dalla verità e uno lo riconduce indietro, costui sappia che chi avrà riportato indietro un peccatore dall’errore della sua via salverà [o salvaguarderà, N.d.R.] l’anima del peccatore dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati» (Giacomo 5,19-20).

     L’aiuto spirituale del cristiano non si estende soltanto ai malati e ai peccatori all’interno della comunità, ma anche a quelli, che hanno del tutto smarrito la strada e si abbandonano a una vita di peccato. Questi devono essere ricondotti sulla retta via e salvati. Mentre in precedenza egli ha parlato di quei membri della comunità, i quali riconoscono sempre e confessano i loro peccati, per ottenere il perdono, ora allude a chi si trova su una pericolosa strada sbagliata, lontano dalla verità, e ha bisogno di un urgente ammonimento, anzi di una formale conversione, se non vuole andare completamente perduto. L’errante dalla verità è colui che trasgredisce la volontà rivelata da Dio e devia dalla retta condotta. Chi si prende cura del fratello errante, lo salva dalla morte eterna. Dio fa una doppia promessa: salvezza dell’anima, vita per chi viene ricondotto sulla via della verità e perdono anche per chi lo ha ricondotto. Tutti e due ricevono il perdono dei loro peccati; e vale ciò che Giacomo ha già scritto nel capitolo 2 al verso 13: «La misericordia trionfa sul giudizio». Si tratta di una conclusione positiva, perché racchiude una promessa piena di speranza.

     Il «restauratore di rovine», vale a dire colui che si dispone a ricondurre nell’ovile del Signore coloro, che si sono allontanati dalla fede, svolge un compito delicato, che esige tanto discernimento, tatto, prudenza, esperienza e buona coscienza. Egli con umiltà, con dolcezza e con amore, darà quei consigli, quegli incoraggiamenti, quelle fraterne correzioni, che potranno trarre dall’abisso un peccatore, per cui Cristo è morto, con l’aggravante che egli ha conosciuto e professato per un tempo la verità. Il «restauratore di rovine» nutre, pertanto, profondo amore per chi si è sviato dalla verità, perché conosce appieno l’animo umano, per cui non si erge a giudice, sa che a volte siamo preda delle macchinazioni di satana e non esprime giudizi definitivi nei confronti di chi cade. Al contrario, sente amore e compassione per chi può perdersi, non sentendosi egli migliore degli altri, ma considerando se stesso un «tizzone scampato dal fuoco», che sente il bisogno di tendere la mano verso colui che sta annegando in fondo al pozzo, come ha scritto Nicola Martella nel suo intervento molto edificante. {25-01-2013}

 

Nicola Martella: Grazie, Eduardo, della tua nota a corollario, che apprezzo, vedendo anche in te un grande interesse pastorale. Ti faccio solo presente che ciò, che i credenti del passato hanno espresso, proviene esso stesso dalla meditazione della Parola (come potrebbe essere diversamente?). Ecco il brano, a cui hanno attinto in proposito: «I tuoi ricostruiranno sulle antiche rovine; tu rialzerai le fondamenta gettate da molte età e sarai chiamato il “riparatore delle brecce”, il “restauratore dei sentieri”, per rendere abitabile il paese» (Is 58,12). A volte, rimaniamo impressionati da una parola o una locuzione, che un predicatore riscopre e ripropone, ed è giusto così, poiché la sacra Scrittura è una «Parola vivente» (Eb 4,12); poi, in seguito, ci meravigliamo magari di scoprire che essa si trova nella Bibbia. È la dinamica della fede; «lo scriba [= studioso] ammaestrato per il regno dei Cieli» è come chi «trae fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie» (Mt 13,52).

     Tornando al tema, la cosa desolante è quando mancano i «riparatori delle brecce», e tutto va in rovina (Is 30,13). Dio stesso osserva con costernazione: «E io ho cercato fra loro qualcuno, che riparasse la cinta e stesse sulla breccia davanti a me in favore del paese, perché io non lo distruggessi; ma non l’ho trovato» (Ez 22,30).

     Non è un caso che ho titolato un mio libro sulla cura pastorale «Entrare nella breccia»!

 

 

 

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11. {Vari e medi}

 

Sandro Bertone: Riflettendo sull’amore, recentemente l’ho paragonato a una impalcatura, che consente di salire, di far crescere. Ho trovato che sia per l’opera che per l’impalcatura sia esiziale il fondamento, la base solida, su cui entrambi poggiano. {25-01-2013}

 

Fortuna Fico: 1. Amare è donare senza nulla a pretendere, è fare senza dire ho fatto, è consolare senza dire ti ho consolato, è pregare per i problemi degli altri e farlo con piacere, anche se i tuoi problemi sono di gran lunga peggiori; ma soprattutto è costruire, e non demolire con critiche, maldicenze e parole, che non edificano. {26-01-2013}

     2. Nicola, non lo dico per esaltare la tua persona, ma solo il dono, che il Signore ti ha elargito: in certi momenti le tue note mi sono di grande aiuto ed edificazione! Grazie, Signore, per il dono del caro Nicola! {27-01-2013}

 

Bexi Vega Vilardy: Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi. Solo Gesù Cristo può capire la nostra condizione, in che eravamo. {26-01-2013}

 

 

12. {Vari e brevi}

 

Anila Sinaj: Cosa ne penso!? Mi ha edificato... adesso mi sento amata! {24-01-2013}

 

Bexi Vega Vilardy: Siamo stati recuperati a caro prezzo... {25-01-2013}

 

Luisa Lauretta: Davvero meraviglioso questo tema, Nicola; mi ha toccato tantissimo. {25-01-2013}

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Amor_recup_OiG.htm

24-01-2013; Aggiornamento: 28-01-2013

 

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