Ho trovato in
rete la seguente citazione, che mi è piaciuta sull’argomento: «Io sono per la chirurgia etica: bisogna rifarsi il senno...» (A.
Bergonzoni). Biblicamente parlando, ciò equivale alla rigenerazione
spirituale ad opera di Dio, che permette un vero mutamento del senno.
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1. {Stefano Frascaro}
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■ Contributo: Ho
letto l’articolo e in gran parte lo condivido. In gran parte perché, seppure è vero
che «si può amare il prossimo, senza essere nella verità e senza piacere a
Cristo nel proprio comportamento», è anche vero che non si piace a Cristo, se
non ami il tuo prossimo; e così per gli altri esempi che hai portato.
Da qui lo spunto quindi per riflettere sulla
propria vita che, per piacere a Dio, deve essere una vita sobria, pia e
giusta. (Tt 2,12) {05-08-2011}
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Risposta (Nicola
Martella): Il tuo commento «è anche vero che non si piace a Cristo se non
ami il tuo prossimo» a una mia asserzione precedente, non mi sembra che
aggiunga molto a quanto avevo già scritto nell’articolo: «È vero che chi non
ama non ha conosciuto Dio (1 Gv 4,8.20)». Poi cito 1 Gv 5,2s per la «prova del
nove». Quindi, in che consiste il tuo «in gran parte lo condivido»,
riferito all’articolo, e poi il tuo distinguo: «In gran parte perché,
seppure è vero che...», visto che ho detto la stesa cosa? Sarà uno dei misteri
delle sette tuoni dell’Apocalisse!? (Ap 10,4).
2. {Vincenzo Russillo}
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Giovanni dice: «Questo
è il messaggio che abbiamo udito da lui e che vi annunziamo: Dio è luce, e in
lui non ci sono tenebre. Se diciamo che abbiamo comunione con lui e
camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità.
Ma se camminiamo nella luce, com’egli è nella luce, abbiamo comunione l’uno con
l’altro, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato. Se
diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in
noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i
peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non aver peccato,
lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi» (1 Giovanni 1,5-10).
Queste sono parole straordinariamente forti e che devono portare alla
riflessione. Dio è luce e in Lui c’è la verità; infatti troviamo scritto: «Il
timore dell’Eterno è il principio della conoscenza» (Proverbi 1,7). La luce
di Dio ci aiuta a evitare ogni pericolo e allo stesso tempo ci porta alla
santificazione. Quando si cammina per ondate emozionali e non con un vero
rinnovamento, si desidereranno le cose del mondo (cfr. Giacomo 4,14). Oggi,
molti hanno un atteggiamento prettamente devozionale con molti risvolti, che
assomigliano a una religiosità esteriore, ma riguardo alla sua conoscenza
Dio disse a Osea: «Ascoltate la parola del Signore, o figli d’Israele. Il
Signore ha una contestazione con gli abitanti del paese, poiché non c’è
verità, né misericordia, né conoscenza di Dio nel paese. Si spergiura, si
mente, si uccide, si ruba, si commette adulterio; si rompe ogni limite e si
aggiunge sangue a sangue» (Osea 4,1-2). In poche parole, non vi può essere
la conoscenza del Signore, dove si persiste nel peccato. {05-08-2011}
3. {Guerino De Masi}
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Contributo: Ho letto l’articolo di Nicola e
(pur condividendo in toto) ho pensato a Lot, la sua storia, le sue
contraddizioni, le sue lotte e sofferenze; e senza l’analisi, che ne fa il NT,
io l’avrei messo tra coloro, che non sono pecorelle che scivolano nel fango, ma
tra i maialini che ci sguazzano.
Innanzitutto
sceglie la vita comoda in pianura e nella città. Poi, non esita a
esercitare «l’immoralità», in uso in Sodoma, offrendo le figlie piuttosto
che i messaggeri di Dio a coloro, che volevano abusarne. Sembra che il modo di
vivere lascivo dei sodomiti aveva in un certo qual modo influenzato anche
il suo modo di pensare, di ragionare, di reagire. Lo sento parlare alla
sodomita, non distinguendo tra la buona morale dei credenti nel Dio tre
volte santo e l’immoralità di quegli uomini perversi. Per la sua salvezza chiede
comunque (ancora una volta) di scegliere una città (Zofar) come rifugio.
Una piccola città, ma comunque una città. L’esempio dello zio [= Abramo], che
opta per la montagna e il terreno impervio, non sembra piacergli ancora... E
dulcis in fundo, la terribile conclusione della sua storia con l’incesto
«subito», ma non troppo, dopo essere stato ubriacato dalle sue figlie. Dove
stava il suo autocontrollo? Quale esempio esso era per le sue figlie? Per non
parlare della moglie ridotta a una statua, perché attratta ancora da
quella città, malgrado il giudizio divino si stava abbattendo su di essa.
La
conclusione, che io ne trarrei, senza la luce che Pietro ci dà nella sua
seconda lettera, è che Lot non era un «credente». Ma mi devo ricredere e
accettare quanto lo Spirito Santo rivela a Pietro: «Il giusto Lot, che
era rattristato dalla condotta dissoluta di quegli uomini scellerati» (2 Pt
2,7). Spero di non essere fuori tema e attendo la saggia risposta di Nicola, e
da voi tutti. Dio vi benedica. {14-08-2011}
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Risposta 1 (Nicola Martella): Certo, Pietro
scrive che «il giusto Lot che era rattristato dalla condotta
dissoluta di quegli uomini scellerati» (2 Pt 2,7). «Meno male», verrebbe da
dire, «almeno questo!». Intanto, però, andò a piazzare le tende sempre più
vicino a Sodoma, tanto che vi prese alloggio nelle mura. Quando si lavano i
panni chiari e si dimentica qualcosa di scuro dentro, è immancabile che
quest’ultima stinga anche il resto.
Chiaramente
Lot non è un esempio di fede e di morale per i credenti del nuovo patto,
come non lo è Sansone. Diamo ad ambedue le attenuanti generiche
come figli del loro tempo, allorquando non c’era la piena rivelazione. Ambedue
sono stati puniti abbastanza dalle loro scelte, e la catastrofe è la
mietitura della loro semina. Essi, come altri simili (cfr. Saul), non sono certo
da raccomandare come modelli da imitare oggi, sebbene alcuni credenti
agiscono oggi proprio come loro.
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Replica 1 (Guerino De Masi): Grazie,
Nicola. È vero comunque che il cuore dell’uomo è tremendamente complicato
e guai a seguire il «dove ti porta il cuore», se questo non è stato prima
rigenerato, sostituito dal Signore stesso con un cuore di carne.
Altrettanto
immediato era giunto alla mia mente il brano di Paolo a Timoteo: «Ma pure il
solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: “Il Signore
conosce quelli che sono suoi”; e: “Si ritragga dall’iniquità chiunque
nomina il nome del Signore”» (2 Tm 2,19). Se è vero, come è vero, che chi
conosce i cuori è il Signore e solo Lui; di conseguenza, il rapporto con Dio è
personale e il giudizio esterno è alquanto incerto, la «prova del nove»
sta appunto in ciò, che si può vedere. E cioè, una vita trasformata, che
si ritrae dall’iniquità. Questo si può e si deve vedere! È l’etica, che conferma
la devozione. Purtroppo, il peccato e una vita, da esso schiavizzata, ha sempre
la propensione a minimizzare, se non a giustificare, un’etica incoerente
con la Parola di Dio e con il «frutto» mancante dello Spirito in una vita
rigenerata.
A mio parere,
costoro vivono veramente molto male. Non godono appieno della pace di Dio
e neanche della loro vita di peccato, pur tormentandosi come faceva Lot.
{14-08-2011}
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Risposta 2 (Nicola Martella):
Devozionalismo senza morale biblica è come pretendere che si possa vivere da
pesci fuor dell’acqua. Alla fine, come le rane, non si è né carne e né
pesce. Tali persone cristiane o cristianizzate stanno male nel mondo (hanno
la coscienza sporca), ma stanno male anche tra il popolo di Dio (desiderando il
mondo). Alla fine, o si sfasciano, o diventano schizofreniche.
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Replica 2 (Guerino De Masi): E purtroppo,
temo che prevalgono gli schizofrenici! {15-08-2011}
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12. {Autori vari}
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Tonino Mele:
L’articolo è perfetto, non potevi esprimerlo meglio! {05-08-2011}
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URL: http://diakrisis.altervista.org/_Etic/T1-Devoz_etica_Mds.htm
15-08-2011; Aggiornamento: 16-08-2011