L’uno
è povero fin dalla nascita, ma detiene una grande dignità. Un altro
conduceva una vita dignitosa, poi venne la catastrofe e finì per strada.
Un altro ha adottato la seguente filosofia di vita: vivere alle spalle
della società e del prossimo. Infine c’è il racket organizzato, che fa
soldi con bambini, donne e handicappati, mandati ad accattonare, impietosendo il
prossimo.
Qui di seguito discutiamo l’articolo «Aiutare i poveri:
Come distinguere i veri bisognosi dai fasulli?». Alla fine di quest’ultimo abbiamo posto le seguenti domande di lavoro, per così favorire la
discussione: |
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■ Che cos’è
veramente un «povero» secondo la Bibbia?
■ Come fare a
riconoscere un «bisognoso» vero da uno, che ha la seguente filosofia di vita:
«Ama te stesso come il tuo
miglior
prossimo e vivi sulle spalle altrui»?
■ Che cosa ci
dice la Scrittura di fare verso coloro che sono veramente «indigenti»?
■ Quali sono
le tue esperienze in merito?
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Claudio
Rossetti}
▲
Nota redazionale: Questo lettore aveva taggato il seguente pensiero: «Il grido del povero sale fino a Dio... ma non arriva alle orecchie dell’uomo!».
Avevo inserito il link all’articolo succitato. Seguì poi la seguente reazione.
■
Contributo: I veri poveri sono dignitosi
e non si inginocchiano davanti ai ricchi. Si inginocchiano solo davanti a
Dio. {28-04-2011}
▬
Nicola Martella: Dipende dal
tipo di poveri. Ci sono quelli dignitosi e quelli senza dignità, quelli che
temono Dio e quelli che imprecano contro di Lui. C’è, ad esempio, il «povero
che opprime i miseri» (Pr 28,3). Il sapiente chiedeva a Dio: «Non
mi dare né povertà né ricchezze, cibami del pane che m’è necessario,
affinché io, essendo sazio, non giunga a rinnegarti e a dire: “Chi è
l’Eterno?”. Oppure, diventato povero, non rubi, e profani il nome del mio
Dio» (Pr 30,8s).
2. {Vincenzo Russillo}
▲
Gesù ci ha detto di mostrare compassione verso i poveri, perché saranno
sempre con noi (Matteo 26,11); e chiunque aiuta chi si trova in stato di
bisogno, fa un servizio a Lui: «Perché ebbi fame e mi deste da
mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi
accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui
in prigione e veniste a trovarmi» (Marco 25,35-40); chi fa così, sarà
ricompensato.
Anche nel VT ci sono riferimenti precisi ad aiutare chi è in difficoltà
economica: «Chi opprime il povero, offende colui che l’ha fatto, ma
chi ha pietà del bisognoso, lo onora» (Proverbi 14,31). Inoltre,
troviamo scritto: «Dagli generosamente; e quando gli darai, non
te ne dolga il cuore... Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò
io ti do questo comandamento e ti dico: apri generosamente la tua mano al
fratello povero e bisognoso che è nel tuo paese» (Deuteronomio 15,10-11).
Dio ci richiama ad aiutare chi è povero, altrimenti nemmeno Lui ascolterà le
nostre suppliche: «Chi chiude l’orecchio al grido del povero, griderà
anch’egli, e non gli sarà risposto» (Proverbi 21,13); inoltre,
s’attirerà le maledizioni dell’Eterno (Proverbi 28,27). C’è da
sottolineare un passaggio importante, in cui Dio proclama un giudizio
storico contro Sodoma per la propria indolenza contro i poveri (Ezechiele
16,49).
Più volte mi è capitato camminando per strada o nelle stazioni, di essere
fermato da qualcuno per chiedermi degli spiccioli per del cibo. Ho
preferito comprare qualcosa loro da mangiare, non sapendo quale era il vero
motivo d’avere dei soldi: alcool o altro. Potremmo trovarci di fronte a questi
dubbi: «Chi è un povero?». Forse pensando alla povertà, pensiamo al
terzo mondo: ai bambini dell’Africa o dell’India, ma nel libro dell’Esodo
22-23 viene comandato d’aiutare gli stranieri, le vedove, gli orfani e i poveri
nel proprio paese. Precisando che nello stato teocratico d’Israele
sicuramente non esistevano mezzi di sostentamento per le vedove (un sistema
pensionistico), oggi quindi bisogna saper discernere le varie situazioni. Ci
sono vari modi per aiutare chi è in stato di bisogno donando del cibo,
dell’acqua o dei vestiti.
Bisogna considerare inoltre che la Bibbia nell’AT usa la parola shawal
per indicare il «mendicante»; e nel NT la parola ptōchos indica
chi è «povero» ed è costretto a elemosinare. I libri sapienziali (e in
particolare il libro dei Proverbi) fanno però una netta distinzione fra costoro
e chi è negligente e pigro; anzi veniamo invitati a mettere da parte per
i momenti di bisogno (Proverbi 20,4; cfr. 6,6-8). Altrettanto Paolo ammonisce
chi non vuole lavorare (2 Ts 3,10). È importante distinguere chi vuole
approfittarsene ed è un accattone, da una parte, e chi nasce in situazioni di
vera indigenza o vi cade dentro per diverse disgrazie, dall’altra. Dev’essere
per noi un grande monito la storia di Lazzaro e del ricco, che si rifiutò
di dargli da bere; il mendicante si ritrovò nel seno d’Abramo (il Paradiso) e il
ricco in agonia nell’Ades.
Ricordiamoci quindi le parole del salmista: «Beato chi ha cura del povero!
Nel giorno della sventura il Signore lo libererà. Il Signore lo
proteggerà e lo manterrà in vita; egli sarà felice sulla terra, e tu
non lo darai in balìa dei suoi nemici» (Salmo 41,1-2). È molto importante
inoltre lo spirito, con cui doniamo; per questo 1 Corinzi 13,1 ci
richiama a dare offerte con amore e con un cuore gioioso. «Dia ciascuno come
ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza, perché Dio ama un
donatore gioioso» (2 Corinzi 9,7). {29-04-2011}
3. {Luisa
Lauretta}
▲
Essendo di cuore tenero, caro Nicola, vado
sempre distribuendo monetine a tutti, soprattutto a quelle zingare, che
con i loro figli stanno sempre sedute all’entrata dei supermercati. Mio marito
mi fece notare un particolare interessante, una di queste «povere donne» aveva
tutti i denti rifatti in oro, e suo marito stava seduto pigramente al
bar con il suo bellissimo cellulare... Ho smesso di dare il contributo in
monete e sono passata a donare latte e biscotti, preoccupandomi in modo
più specifico dei bambini.
Nella Bibbia si parla sempre di poveri
e mendicanti, che stavano seduti sulla soglia delle sinagoghe, e la
maggior parte di loro era inferma o aveva qualche difetto fisico; certo
vivevano di elemosine. Ancora oggi, si vedono queste persone con tabelle,
con su scritto: «Sono cieco, ho perso il lavoro, non ho famiglia, ecc.». In
verità, fratello, non resto mai indifferente, provo una grande pena. Poi mi
vengono in mente le parole di Gesù quando disse: «Perché ebbi fame, e
mi deste da mangiare; ebbi sete, e mi deste da bere; fui forestiero
e m’accoglieste; fui ignudo e mi rivestiste; fui infermo, e mi
visitaste... In verità vi dico che in quanto l’avete fatto a uno di questi miei
minimi fratelli, l’avete fatto a me» [Mt 25,35-40].
Certo, cerco di discernere meglio a
chi veramente devo dare un contributo in denaro, ma di solito non mi tiro mai
indietro. Per concludere Nicola, aiutare chi ha veramente bisogno, credo
sia da buoni cristiani. Dio ti benedica grandemente. {29-04-2011}
4.
{Raffaele
Di Bari}
▲
■
Contributo: Ebbene sì, bisogna avere discernimento
anche nel donare, però ho sentito da parte di molte persone ripetere le
solite scusanti di fronte all’ennesimo bisognoso, che allunga la mano per
chiedere l’elemosina; sono scusanti basate su tristi luoghi comuni su gruppi
etnici, ad esempio sui Sinti e sui Romanì, dove è impossibile verificare se
siano arruolati dal racket o veri bisognosi.
Io personalmente mi comporto così.
Quando al semaforo c’è un individuo con un evidente stato di infermità
(senza una mano o un arto) e che quindi non potrebbe lavorare o avrebbe
difficoltà a trovare un lavoro, mi sento in dovere di donare. Quando a fare
l’elemosina è un giovane con tanto di muscoli e ben integrato (parla bene
l’italiano), gli suggerisco di trovarsi un lavoro e gli auguro una buona
giornata. Quando invece non so o non posso capire chi ho di fronte, credo
sia giusto donare lo stesso, perché io non so se rifiutando di donare, avrò
rifiutato di dare quello, che è comunque il mio superfluo a chi ne potrebbe
avere bisogno; poi se il mendicante è un imbroglione, avrà dalla giustizia di
Dio quello che si merita a suo tempo, ma quanto a me sono tenuto a donare.
{30-04-2011}
▬
Nicola Martella: Apprezzo
l’attenta e sintetica casistica e le decisioni personali per l’etica
del dare di Raffaele. Chiaramente di pregiudizi da sfatare ce ne sono tanti,
fra cui quelli etnici. Sebbene bisogna essere semplici come le colombe e arguti
come i serpenti, in caso di vero dubbio è meglio fare il bene che non
farlo.
Faccio
presente che il racket dell’elemosina ingaggia e schiavizza proprio
persone disabili; come hanno mostrato casi concreti riportati dai mass-media,
non di rado, tale mafia dell’accattonaggio compra ragazzi in Romania e Paesi
limitrofi e spesso procura loro delle invalidità permanenti per servirsene per i
loro loschi affari.
Poi ci sono i
questuanti delle stazioni ferroviarie. Ci sono persone che ti raccontano
storie pietose per avere soldi per un fantomatico biglietto per tornare a casa.
In effetti, però, tali persone ci campano così e si procurano così, secondo i
casi, droga o alcool. Ricordo che una volta, dopo il passaggio di un’ennesima
persona, che doveva fare il biglietto, ma non gli bastavano i soldi, dissi
sornione a un addetto alle informazioni delle ferrovie, che stava a due passi:
«Questi devono tutti fare il biglietto, vero?». Mi raccontò che tali persone
praticamente ci vivono in stazione e setacciano sistematicamente la stazione e i
treni in partenza a caccia di persone da impietosire.
Anche nella
questione del dare ci vuole il discernimento. In caso di impellente bisogno,
dobbiamo agire come il Samaritano nella parabola di Gesù. La saggezza
dovrà spingerci a valutare chi ci sta dinanzi, se è veramente nel bisogno e che
cosa fare. Un ausilio particolare è sempre la preghiera interiore, in cui
chiediamo al Signore di palesarci il vero spirito di tale persona, ossia se è
onesto o disonesto. Infine, ognuno deve regolarsi secondo coscienza. Noi, come
detto, diamo cibo e mai soldi. In caso di schiavitù a un racket, i soldi
li devono consegnare, ma vivande e bevande possono consumarle lì per lì; lo
stesso vale per chi si serve dei soldi per i suoi stravizi.
Il
principio, secondo cui noi cristiani non dobbiamo alimentare il male e non
dobbiamo partecipare alle opere delle tenebre, vale anche per il nostro dare.
Dove, però, il bisogno veramente c’è, bisogna usare misericordia. In ogni modo,
ognuno deve trovare una regola compatibile con la Parola di Dio, adatta
alla propria coscienza e rispettosa della vita altrui.
5.
{Francesco
Giordano}
▲
■
Contributo:
Grazie dell’articolo! Il Signore c’insegna ad amare tutti e a dare senza
aspettarsi nulla in cambio! Da buoni credenti noi dobbiamo dare, poi se ci
prendono in giro, dovranno vedersela con il Signore, poiché noi abbiamo dato con
cuore sincero..., senza dover guardare il ceto sociale o altri parametri; uno
solo è il parametro del dare: l’amore! Dio ti benedica. {28-04-2011}
■
Lieto Gennaro: Verissimo, sono d’accordo?
{28-04-2011}
■
Giuseppe Giammona: Io no! Poiché dev’essere funzione naturale
di una società e dello Stato aiutare tutti gli indigenti! {Regno Di Dio;
03-05-2011}
▬
Nicola Martella:
Certo, riversare tutto sulla società e sullo Stato, tranquillizza la
coscienza di alcuni, ma non risolve il problema di coloro, che si trovano
nell’indigenza, che ne vorrebbero uscire fuori e che al momento sono in profonda
prostrazione. Le guide della chiesa di Gerusalemme diedero questa precisa
raccomandazione a Paolo e Barnaba: «Soltanto ci raccomandarono di
ricordarci dei poveri; e questo mi sono studiato di farlo» (Gal 2,10).
Perciò, ciò, che lo Stato possa fare, non sta in contraddizione con ciò, che i
cristiani biblici possano fare.
6. {Gianni
Siena}
▲
«Apri
generosamente la tua mano al fratello povero e bisognoso» (Dt 15,11).
Paolo, altrove, esorta a far del bene a tutti e, principalmente, a quelli
della famiglia cristiana. Nel dare, però, occorre essere oculati, escluderei
quasi le «elemosine» spicciole a coloro, che sono per strada a «racimolare»
quotidianamente la «limosina» dai passanti. Tranne qualcuno realmente indigente,
questa raccolta di spiccioli s’e rivelata una pratica persino redditizia:
sino a 300 € al giorno!
Calcolando
0,50 € giornaliere per persona, s’arriva facilmente a una somma mensile
devolvibile per l’adozione annua a distanza di un bambino nel 3° mondo. Per non
dire che con una somma di 25 € possiamo provvedere al fabbisogno mensile
d’una famiglia povera nella stessa parte del mondo. Ogni chiesa ha programmi
di aiuto, che sono degni di essere finanziati dall’allegrezza di un cuore
generoso. Senza trascurare anche coloro, che ci sono vicini: spesso la gente
rifiuta il trattato evangelistico, ma non è indifferente a gesti concreti di
amore vero: «Glorificano Dio, vedendo le buone opere».
Nella mia
città vi sono importanti ospedali come il «Giannina Gaslini»; conosco più di un
credente, che sostiene i fratelli (e non) forestieri della città nel dare un
minimo di supporto logistico: la prima ospitalità, accompagnamento presso
l’ente ospedaliero, qualche visita all’interno dei reparti, sempre molto gradita
dai degenti. Ne nascono amicizie e relazioni cristiane, che travalicano le mura
stesse delle denominazioni; ci sono anche occasioni di testimonianza. I
parenti e i malati chiedono curiosi del perché delle visite di gente che è, a
tutta evidenza, «estranea»; qualcuno riceve in questo modo il Vangelo della
grazia.
Si spendono
soldi, certamente in modo utile, per diffondere il Verbo di Cristo, ma dare il
proprio tempo e il denaro (se serve) in atti concreti di solidarietà
cristiana è una testimonianza realmente efficace. Se ne esce realmente
arricchiti spiritualmente: «sacrifici» che uno non farebbe normalmente, sembrano
piume, quando ci si trova a contatto con la necessità del fratello o, comunque,
dello sconosciuto, che un cuore cristiano ti ha «raccomandato»; è un bellissimo
investimento.
Vi sono in
mezzo a noi persone, che hanno necessità, ma non lo manifestano; «dare»
in questi casi, fa scoprire la guida del Signore: Dio è realmente all’opera per
fare del bene ai suoi poveri.
Come
distinguere chi ha bisogno? Non è facile. Con una punta di dispiacere, dico
spesso no alle «mani tese» in strada; è molto difficile capire, se hanno
bisogno o se la loro è una filosofia (o scelta di vita). Di certo non sono
malvestiti e malnutriti (ho notato anche questo, in genere). Qualche volta,
quando l’occhio è particolarmente «colpito» dalla povertà manifesta, scucio
mezzo euro (o anche di più), ma non mi lascio impietosire da facce, che
«conosco» anche la prima volta che le vedo. Sono in genere «mestieranti»
dell’accattonaggio, quando non sono sfruttati da veri «racket» della
questua.
Ogni tanto,
qualche prete «scopre» sulla porta della sua chiesa queste figure che sembrano
uscite da racconti di un’epoca tramontata. E le conclusioni sono sempre le
stesse: non dare loro soldi... è come innaffiare il Sahara. Anni or sono,
un sacerdote genovese fece una vera e propria inchiesta su questa gente e
consigliò di non farsi impietosire e di non dare soldi.
Altro
argomento relativo: le sollecitazioni, che i mass-media rivolgono al
grande pubblico per raccogliere «milioni» da devolvere a ***; se uno sente di
non fidarsi, «non sbaglia».
Fare del bene
è una pratica, che ognuno deve esercitare attraverso canali di sua certificata
fiducia. Gli scandali, passati e presenti, avvenuti anche in famosi enti
assistenziali o caritatevoli, sono un monito a chiunque voglia seriamente far
del bene al prossimo. Se si ha la certezza (o il fondato sospetto) che il denaro
o i beni raccolti a pro dei poveri siano oggetto di pesanti tagli...
meglio non dare! Chi dona si «toglie» comunque qualcosa per darlo a un altro,
che è nel bisogno; sacrifici (sul superfluo o sul necessario) devono essere
rispettati.
Nelle ADI
abbiamo il SEAS, ma anche le altre chiese evangeliche hanno programmi
ugualmente validi, basati sul lavoro di persone dedicate, che operano senza
profitto. Su questo terreno, grazie al Signore, abbiamo (tutti) una solida
reputazione; conserviamocela stretta! {03-05-2011}
7. {Rita Abate}
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Nel loro stesso interesse i
falsi poveri vanno smascherati in quanto veri poveri, spiritualmente parlando.
Personalmente osservo i particolari: sigarette nel taschino, accettano
solo soldi e non cibo o altro, dotati di cellulare, ecc. Ho notato che il vero
povero spesso non riesce a chiedere, ma Dio l’aiuta, e ti accorgi che il
figlio ha le scarpe bucate, oppure qualcuno ti dice che ha perso il lavoro e non
sa come provvedere alla sua famiglia. Io preferisco dare cose: cibo e
vestiti, piuttosto che soldi. Oppure gli trovo qualche lavoretto da fare,
serve sempre qualcosa per la casa, piuttosto che chiedere ad altri, chiedo se lo
sa fare e glielo propongo. {11-08-2014}
8. {Maria Gioconda}
▲
■
Contributo: La compassione... quante volte Gesù è stato mosso da questo sentimento e ha operato
miracoli, sfamando la gente, risuscitando i morti e dissetando i giusti! È pur
vero che oggi le cose sono complicate, viviamo in un’invasione di
extracomunitari e ce li ritroviamo a tutti gli angoli per strada e davanti a
tutti i supermercati. E che dire dei bimbi sdraiati per terra (parlo
degli zingari), vicino alle loro madri, che chiedono l’elemosina? Sono sedati
e drogati, non si muovono per ore; e davanti a ciò il primo sentimento è quello
di fastidio. E poi mi scattano sempre la domande: «Ma questo qui o questa
qui ne ha davvero bisogno?»; oppure: «È questo il modo corretto di aiutare i
poveri?». E arrivo molto spesso alla conclusione che i veri poveri sono altri,
non questo qui che mi chiede e che sfrutta i miei sensi di colpa (ma poi dono
sempre qualcosa). L’Evangelo ci pone davanti lo stile di sentire e di
vivere la nostra e l’altrui povertà: «Perché ebbi fame e mi deste da
mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste»
(Matteo 25,35). Questo insegnamento non vale solo per lo spinoso problema dei
poveri, che aprono le mani, per chiedere l’elemosina lungo le nostre strade,
ma vale anche per tutte quelle situazioni, nelle quali qualcuno ci avvicina e ci
manifesta la sua fame e la richiesta di aiuto. Potrebbe essere fame di
amicizia, di consolazione, di sostegno e anche di perdono.
Voglio dire
ancora una cosa. Preghiamo tanto Dio di aiutare i poveri, allora? Diventiamo
collaboratori di Dio, non solo pregando, ma aiutando noi stessi, chi è nel
bisogno, senza giudizio alcuno, possibilmente di nascosto, senza umiliare chi
riceve e senza strombettare ai quatto venti, per non cadere nel fariseismo.
{11-08-2014}
■
Cati Marotta: È vero, Maria, mi sono
trovata anch’io spesso in questo dilemma. Ed è proprio anche vero che la
povertà può essere interiore e quindi richiede diversi i modi di fare
della carità; che poi di carità vera e propria non è, perché portare conforto e
parola di Dio, è stato quello che ci chiede Gesù ogni giorno, Egli vuole che un
individuo abbia la sua dignità e un lavoro: questo vuole il Signore e quindi non
mendicare! {11-08-2014}
■
Tina Vonella: La vera povertà e quella spirituale! {11-08-2014}
9. {}
▲
10. {Sandro Carini}
▲
Qui di seguito,
rispondo alle tue domande.
■ Che cos’è veramente un «povero» secondo la
Bibbia?
«Se quel tale è povero e non può procurarsi queste cose,
prenderà un solo agnello da offrire come sacrificio di trasgressione, per
offerta agitata, per fare l’espiazione per lui, e un decimo di efa di fior di
farina mescolata con olio come offerta di cibo, un log di olio» (Levitico
14,21). «E nella tua vigna non vi ripasserai, né raccoglierai i grappoli
rimasti indietro della tua vigna; li lascerai per il povero e per il
forestiero. Io sono l’Eterno, il vostro Dio» (Levitico 19,10). «Gli
darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole,
perché egli è povero e a questo va il suo desiderio; così egli non griderà
contro di te all’Eterno e non ci sarà peccato in te» (Deuteronomio
24,15). «Ma egli non usa alcuna parzialità con i grandi né
considera il ricco più del povero, perché sono tutti opera delle sue mani»
(Giobbe 34,19). Il povero è colui, che vive in una condizione economica
disagiata rispetto alla norma (non dipendente dalla sua volontà, cioè non è un
fannullone o altro) e ancor di più rispetto al ricco; ma di fronte a Dio è
considerato uguale al ricco, anzi il Signore attraverso la sua Parola cerca di
tutelare i diritti del povero alla vita.
■ Come fare a riconoscere un «bisognoso» vero da
uno, che ha la seguente filosofia di vita: «Ama te stesso come il tuo miglior
prossimo e vivi sulle spalle altrui»? Credo che, se siamo attenti
osservatori, possiamo discernere se abbiamo davanti un vero o un falso
indigente; e, se proprio siamo nel dubbio, mettiamolo alla prova donandogli del
sostentamento fisiologico e non del denaro.
■ Che cosa ci dice la Scrittura di fare verso
coloro che sono veramente «indigenti»? «Difendete il
debole e l’orfano, fate giustizia all’afflitto e al povero» (Salmi
82,3). «Chi schernisce il povero oltraggia colui che l’ha fatto;
chi si rallegra della sventura altrui non rimarrà impunito» (Proverbi 17,5).
«Chi ha pietà del povero presta all’Eterno, che gli
contraccambierà ciò che ha dato» (Proverbi 19,17). «Chi dà al povero
non sarà mai nel bisogno, ma colui che chiude i propri occhi avrà
molte maledizioni» (Proverbi 28,27). «Voi conoscete infatti la grazia del
Signor nostro Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi,
affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Corinzi 8,9).
Ai poveri bisogna fare giustizia, non schernirli, avere pietà verso di loro e
donare loro ciò, di cui hanno bisogno in quel momento, perché per loro è di
vitale importanza. E l’esempio di Gesù è emblematico: lui, essendo ricco, si è
spogliato di tutto per amore verso di noi, che eravamo i veri poveri, perché
senza speranza per il futuro, e ci ha donato la vita eterna.
■ Quali sono le tue esperienze in merito?
Nei primi tempi donavo a tutti, perché avevo pietà di tutti, pensando che questo
fosse buono e gradevole agli occhi del Signore. Poi, però, ho compreso che ci
sono veri poveri e falsi poveri. Da quel momento cerco di donare, quando sono
certo del vero bisogno; e quando sono nel dubbio, dono solo beni in cibo.
{13-08-2014}
11. {Vari
e medi} ▲
■
Pietro Calenzo:
Caro Nicola, condivido anche per esperienze
vicine o personali, quanto tu scrivi. La Scrittura, infatti, ci dice che le
vedove che sono tali, o i fratelli che vivono effettivamente un disagio,
al quale non possono far fronte, devono essere aiutati. Gli altri devono
lavorare. In quanto ai bisognosi, che non sono credenti, occorre molto
discernimento. Spesso molti mendicano per comprare la dose giornaliera di
droga o alcolici; se sono effettivamente bisognosi, è saggio offrire loro
cibo, vestiario o agire con molta oculatezza. Dio ti benedica Nicola.
Benedizioni in Gesù Cristo. {29-04-2011}
■
Giuseppe Lo Porto: Mi è piaciuta quella dei
panini; poteva mangiarli, ma visto che non aveva realmente fame, erano solo
un peso per lui. Credo che sia questo che dobbiamo discernere, chi ha
veramente bisogno e chi fa il bisognoso, per poi approfittarsi. Uno che campa
sulle spalle della società di certo non è un bisognoso, ma un pappone.
{11-08-2014}
12. {Vari
e brevi} ▲
■
Carla Domenica Vinassa:
Il guaio è che ci sono tantissimi poveri fasulli.
{27-04-2011}
▬
Nicola Martella: Ce ne sono però anche di veri. La saggezza sta nel
distinguerli.
■
Carla Domenica Vinassa: Certamente si ci sono anche i veri; io ad esempio non riesco a trovare
nessun lavoro e da un bel po’ di tempo vivo malissimo purtroppo.
{27-04-2011}
▬
Nicola Martella: Mi dispiace. Come vedi, si può cadere in un
impoverimento progressivo, di cui non sempre si ha colpa. Dio ti dia di trovare
una via adeguata.
■ Sebastiano Macina:
I poveri si distinguono anche dall’odore!
{28-04-2011}
▬
Nicola Martella: Non sempre! Ci sono poveri
puliti e dignitosi.
■
Sebastiano Macina: L’avevo previsto! Per odore intendevo
parlare della facilità di riconoscerli. Non mi sarei mai permesso di
parlare di odore in senso igienico. Anch’io sono un povero! Cordialità...
{28-04-2011}
■
Salvatore Paone: Nella società, in cui viviamo, è davvero
difficile capire chi è povero realmente e chi lo fa per mestiere. Poche parole a buoni intenditori. {12-08-2014}
►
URL: http://diakrisis.altervista.org/_Etic/T1-Aiutare_poveri_Mds.htm
29-04-2011; Aggiornamento: 30-08-2014 |