«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

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GESÙ È LO STESSO CRISTO

 

 a cura di Nicola Martella

 

Ebrei 13,8 viene citato continuamente per avvalorare le tesi che stanno più a cuore. Lo si toglie dal suo contesto e lo si riempie del significato, che si vuole. Esistono anche gruppi, che rimandano a tale verso nel titolo e che hanno come intento quello di presentare un miracolo dopo l’altro. Tale verso, decontestualizzato, viene usato come una prova per tutto ciò e per altro. Certamente, noi crediamo nel Dio dei miracoli, ma l’autore scrisse tale verso per avvalorare una «teologia dei miracoli»? Ci sono anche «taumaturghi cristianizzati» che fanno proprio appello a tale verso, per convincere che ciò, che fanno loro, sia legittimo e provenga dal Signore; facciamo bene sempre a «provare gli spiriti» (1 Gv 4,1).

Ebrei 13,8     Che cosa voleva esprimere veramente l’autore nel contesto della sua epistola? Molti degli Ebrei, a cui egli scrisse, erano stati illuminati, avevano appetita la grazia (il dono celeste, la Parola di Dio, le potenze del mondo a venire), erano stati, in qualche modo, toccati dallo Spirito Santo (Eb 6,4) e si erano identificati in qualche modo con i membri del nuovo patto (Eb 10,32ss). Alcuni di loro si erano decisi al cento percento per Gesù quale Unto-Re; molti dei loro nomi sono ricordati nel libro degli Atti. Eppure tanti di quegli Ebrei erano rimasti sempre sulla soglia, indecisi e traballanti tra la cultura giudaica (dove avevano anche i loro interessi primari) e il desiderio di appartenere al popolo del nuovo patto. C’erano motivi socio-religiosi (i discepoli di Gesù erano espulsi dalle sinagoghe; cfr. Gv 9,22; 12,42) e, perciò, economici (i seguaci di Gesù erano boicottati dagli altri Giudei) e di prestigio (non erano eletti dagli altri Giudei nell’amministrazione civile). A ciò si devono tutti gli appelli dell’autore a non gettare via la loro libertà (Eb 10,35), a fare la volontà di Dio (ossia a credere al 100% che Gesù era il Messia promesso, v. 36) e a non tirarsi indietro dal cammino di fede intrapreso (v. 39). Tutti gli esempi di fede dell’AT (Eb 11) servivano a indurli a imitare tali testimoni della fede, facendo sul serio con Gesù quale Messia.

     Faccio presente che Ebrei 13,8 bisogna tradurlo efficacemente così: «Gesù è lo stesso Cristo: ieri, oggi e nei secoli». L’autore era tutto intento a dimostrare ai suoi interlocutori ebraici che Gesù di Nazareth era proprio «l’Unto a Re», il Messia promesso. Egli non intendeva tanto evidenziare la continuità della persona o la sua immutabilità (aspetto ontologico), quando la continuità del suo ministero nel tempo. L’avverbio «ieri» intendeva il passato, quando Gesù era in vita in terra (diversi di loro erano stati contemporanei di Gesù); «oggi» era il presente dell’autore e dei destinatari della sua epistola; e «nei secoli» intendeva il futuro da allora in poi. Gesù era rimasto per sempre il Messia d’Israele e non bisognava aspettarne un altro (cfr. Mt 11,3). Egli era il Re, che sarebbe tornato per stabilire il Regno di Dio in terra.

     Come abbiamo detto, alcuni fanno di tale verso usi indebiti, proiettandovi dentro ciò, che vogliono (ad esempio, il misticismo miracolista morboso, che è altra cosa che credere nel Dio che fa miracoli). Meglio rimanere al contesto di tale verso, all’intenzione dell’autore e alla verità.

     Ciò, che ci riempie di gioia e speranza, è sapere che Gesù esplica attualmente il suo ministero di sommo Sacerdote nel santuario celeste (Eb 4,14ss; 8,1ss; 9,11s), che intercede per i rigenerati (1 Tm 2,5s; Eb 7,25; 1 Gv 2,1s) e che presto tornerà come Re in terra (Fil 3,20; 1 Ts 1,9s), per instaurare il suo regno di pace e giustizia (Is 32,1; Ger 23,5; 2 Tm 4,1; 2 Pt 1,11; Ap 11,15). Gesù non è venuto meno nel suo compito di «Unto a Re» né al suo diritto di regnare personalmente e fisicamente su questo mondo; perciò è lo «stesso Messia» fin dall’inizio del suo ministero (ieri), lo è al presente e lo sarà, al suo ritorno, per i secoli dei secoli. Coloro, che aspettano di «incontrare il Signore nell’aria», per essere «sempre col Signore», vale questo. «Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole» (1 Ts 4,17s).

 

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► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Dot/T1-Stesso_Cristo_OiG.htm

18-08-2013; Aggiornamento:

 

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