«Il
diavolo sta nel detalio», recita un proverbio popolare; ma forse molti di
voi non si sono neppure accorti dell’errore in esso.
Chi di voi
manderebbe suo figlio a lezioni di ripetizioni d’italiano da chi scrive nella
sua pubblicità «squole elementari e medie»?
Eppure,
attraverso Internet si stanno moltiplicando presunti «esperti» della Parola di
Dio, che si atteggiano come «dottori della legge», pur non sapendo nulla
di certo sulla dottrina e sull’etica biblica. Spesso non frequentano nessuna
chiesa locale, ma nei social network la fanno da maestri.
E qual è il
metodo preferito per argomentare con la propria «scienza teologica»? Fanno
ricorso specialmente alla indebita versettologia: lunghe liste di versi,
tolti qui e là dal loro contesto e assemblati insieme a proprio arbitrio. Poi,
se non fosse sufficiente, si fa ricorso all’allegoria, con cui si
spiritualizza tali versetti, usandoli come «gomma elastica», allungando o
accorciando il significato delle espressioni a proprio piacimento. Si fa uso,
oltre a ciò, del falso sillogismo: da verità, mezze verità e cose
presunte si traggono conclusioni, che sono solo apparentemente vere, ma che
crollano come un castello di carte, appena si fa una verifica scritturale e
razionale. E se ciò non bastasse, c’è sempre spazio per le proprie vedute
speculative, che fanno dire alla sacra Scrittura ciò, che si vuole.
È meglio
prendere le distanze dagli autonominati «dottorini della leggina»,
specialmente se sono dei «senza chiesa» e sanno argomentare solo col metodo del
«taglia e incolla», chiaramente senza citare le fonti.
Ecco, invece,
alcune raccomandazioni della Parola di Dio:
■ «Non aggiungerete
nulla a ciò, che io vi comando, e non ne toglierete nulla, ma osserverete
i comandamenti dell'Eterno, vostro Dio, che io vi prescrivo» (Dt 4,2;
12,32). «Non aggiungere nulla alle sue parole, perché egli non ti rimproveri
e tu sia trovato bugiardo» (Pr 30,6; cfr.
Ap 22,18s).
■ «Fratelli
miei, non siate in molti a fare da maestri, sapendo che ne subiremo un
più severo giudizio» (Gcm 3,1).
■ «Alcuni
hanno deviato da queste cose e si sono abbandonati a discorsi senza senso.
Vogliono essere dottori della legge ma in realtà non sanno né quello che
dicono né quello che affermano con certezza» (1 Tm 1,6s).
■ «Verrà il
tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d’udire si
accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie e distoglieranno le
orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole» (2 Tm 4,3s).
■ «Studiati
di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che non
abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità»
(2 Tm 2,15).
■ «Bisogna
dunque che il conduttore sia irreprensibile... capace di insegnare...
che non sia un neoconvertito, affinché non diventi presuntuoso e cada nella
condanna inflitta al diavolo. Bisogna inoltre che abbia una buona
testimonianza da quelli di fuori, perché non cada in discredito e nel laccio
del diavolo» (1 Tm 3,2-7).
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Maurizio Marino}
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Contributo:
Chi lavora sulla Parola e con la Parola, deve avere padronanza della Parola,
sia in senso «conoscitivo» che grammaticale. L’esempio dell’immagine, che tu hai
messo accanto al tuo scritto, è emblematica: non si può insegnare agli altri, se
facciamo dei madornali errori grammaticali.
Ieri ho letto un intervento di un credente, professore
di storia del cristianesimo, laureato: ha risposto a una domanda con «Ai
provato da Silvia?». Non mi si venga a dire che questo è un errore di battitura
sulla tastiera! Qui, secondo me, manca ancora una conoscenza radicata dell’uso
della «H» nel verbo avere. E questo, a un certo livello, dovrebbe essere
un qualcosa d’innato.
Quindi, per me, un modo di scrivere
grammaticalmente corretto o meno, è un indice basilare della preparazione
della persona. Se vedo errori grossolani, chiudo e passo ad altro, che il tempo
è poco.
D’altro canto si
potrebbe scrivere in modo grammaticalmente corretto, ma essere non corretti o
addirittura scorretti dal punto di vista dei contenuti dottrinali.
{29-09-2013}
■
Andrea Angeloni: Mi trovo ampiamente in
sintonia con l’analisi di Nicola. Mi capita abbastanza frequentemente di leggere
o ascoltare «maestri della dottrina», i quali per esempio confondono
congiuntivi e condizionali, fanno uso smodato di vocaboli non affini al
significato del contesto trattato o compiono orrori grammaticali di ogni
sorta e tipo; questo è deprimente. Purtroppo, oltre al mio giudizio, che può o
non può essere rilevante, c’è da considerare l’effetto su chi riceve tali
messaggi storpiati. Infatti chi «ascolta», potrebbe usare queste pecche come
arma per screditare colui, che opera o cerca di farlo in nome del Signore
Gesù. La buona fede purtroppo spesso non è sufficiente a evitare che il
risultato finale sia una cattiva testimonianza e, quindi, un piccolo
fallimento «spirituale». {29-09-2013}
▬
Nicola Martella: Gli errori di dizione e di
grammatica era il modo per introdurre il tema degli «sgammaticati»
dottrinali, che la fanno da «maestri della leggina», pur avendo vistose
lacune teologiche e confusione dottrinale. Sebbene io abbia conosciuto cristiani
biblici semplici, che nella lettura della presa di Gerico confondevano
«bastioni» con
«bestioni», ne ho conosciuto
altri, che avevano molto chiaro in mente la sostanza delle dottrine
bibliche, che comunicavano verbalmente, sebbene non si sarebbero mai sognati di
scrivere alcunché, non possedendo la preparazione scolastica sufficiente; eppure
questi ultimi erano efficienti ed efficaci all'interno del campo delle loro
attività. I social network cancellano tutti i confini e rendono gli ignoranti
dei dotti del «copia e incolla»; gli «sgrammaticati dottrinali» si
atteggiano a teologi; coloro, che confondono le regole elementari della
grammatica e della sintassi, vorrebbero apparire come «professoroni» di
linguistica, e alcuni di loro diventano ridicoli, quando introducono termini
ebraici e greci, di cui non sanno proprio nulla! Paolo invece affermava: «Noi, invece, non ci glorieremo oltre misura, ma
entro la misura del campo di attività, di cui Dio ci ha segnato i limiti» (2 Cor 10,13).
■
Andrea Angeloni: Avevo capito diversamente, evidentemente non ho avuto una ricezione ispirata. A quanto pare, bisogna allenare anche altri aspetti. {29-09-2013}
2. {Carlo Pertile}
▲
■
Contributo:
Sono d’accordo con te, dobbiamo comunque tenere presente che Gesù, quando si
misurava verbalmente con Satana, usava sempre versetti con «sta scritto
anche» in risposta a versetti di Satana.
Per cui «l’esegesi», personale, di gruppo o di
chiese organizzate, non può assolutamente sostituire il significato letterale
della Scrittura.
Quindi i versetti sono
un veicolo di comunicazione indispensabile nel loro significato
letterale, a meno che di accusare Gesù di aver usato della versettologia.
{30-09-2013}
▬
Nicola Martella:
Io ho parlato di «versettologia indebita», che consiste nel
togliere dal loro contesto naturale dei versi, dandogli spesso altri
significati, assemblarli insieme e sostenere così una propria tesi. I Farisei,
ad esempio, usavano il metodo allegorico, proprio per mettere fuori uso
il significato originario della Scrittura o per interpretare quest’ultima alla
luce delle proprie ideologie. Gesù contrappose loro il «ma io vi dico»,
che rappresentava l’interpretazione autentica della legge.
Gesù non citò l’AT in modo illecito, ma in modo
conforme allo spirito della Scrittura, quindi non praticò una «versettologia
indebita», né la piegò a un’ideologia religiosa mediante un’erronea
spiritualizzazione o un falso sillogismo. Egli fu molto corretto e onesto
verso la Scrittura.
Alcuni modi indebiti di citare la Scrittura sono ad
esempio i seguenti: Usare in modo cristologico il Cantico dei Cantici,
sebbene esso fosse in origine solo un canto passionale, usato per l’educazione
dei giovani in vista del matrimonio, e sebbene esso non venga mai citato nel NT
in senso cristologico. Usare in modo arbitrario e miracolistico il verso:
«Agli uomini questo è impossibile; ma a Dio ogni cosa è possibile» (Mt
19,26), quantunque Gesù parlasse solo della conversione dei ricchi (vv.
24s). La lista potrebbe essere lunga, ma mi fermo qui.
Ecco esempi d’attualità. In questi giorni il papa ha
citato a senso un verso della Bibbia, affermando all’incirca: «Chi va dietro
al nulla, diventa egli stesso nullità»; poi, passò a dare l’incenso a una
statua. Il contesto originario di tale parola era proprio contro l’idolatria,
chiamandola «nullità» (o vanità Is 44,9). «Quale iniquità hanno trovata i
vostri padri in me, che si sono allontanati da me, e sono andati dietro alla
nullità, e sono diventati essi stessi nullità?» (Gr 2,5).
Giorni fa lo stesso papa ha parlato dell’idolatria
e l’ha applicata ai soldi. Poi subito dopo ha pregato dinanzi a una
statua, dimenticando che per l’idolatria religiosa (materiale) si è esclusi
dal regno di Dio, come anche per l’avidità quale idolatria morale. Questi sono
esempi di «versettologia indebita», a cui si aggiunge l’elemento dell’allegoria,
per piegare la Parola alla propria ideologia.
Quindi, usare in modo corretto i brani biblici e la
«versettologia indebita» sono due cose bene differenti.
Una nota finale.
L’esegesi significa appurare il senso letterario di un brano, così come
l’autore originario l’intese. Il contrario è l’eisegesi, ossia la
proiezione in essi di altri contenuti, in corrispondenza al proprio arbitrio e
alla propria ideologia.
■
Carlo Pertile: Sono in sintonia con la tua
analisi. Il termine esegesi è vero che ha questo significato, ma è
altrettanto vero che è usato a sproposito, per far passare per verità
tutte le fantasie e le menzogne delle chiese organizzate. {01-10-2013}
▬
Nicola Martella: Tu parli di «tutte le
fantasie e le menzogne delle chiese organizzate». Che intendi per «chiese
organizzate»? Pensi che la «verità esegetica» (si basa sulla grammatica e
sulla sintassi di un testo nel suo contesto) dipenda dal fatto se una chiesa sia
organizzata o meno? Pensi che i «battitori liberi» siano più conformi
alla verità? Sei per caso un «senza chiesa» o un seguace di qualche «santone»?
3. {Donatella Nancy Festa}
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Contributo: Mi è capitato di seguire
studi «biblici», che in realtà negano non solo le regole basilari di
ermeneutica di un testo, ma anche il significato grammaticale delle
parole. L’esempio era: «Io creo nuovi cieli e nuova terra», dice Dio.
Nella spiegazione «reinterpretata» ciò diventa: Il nostro gruppo
religioso riporterà la terra a essere un paradiso. Cambiano il soggetto, il
predicato e il complemento, ma nessuno pone caso alla manipolazione, che
viene accettata come verità biblica da tutti i T.d.G. {01-10-2013}
▬
Nicola Martella: Hai ragione. Il metodo
allegorico-speculativo fa dire al testo ciò, che si vuole, contravvenendo a
tutte le regole dell’ermeneutica. I T.d.G sono maestri in ciò. Si veda
già la scuola di Alessandria con Origene e altri, che attinsero dal modello
speculativo del giudaismo ellenistico. Si veda poi l’uso dell’allegoria
nel romanesimo.
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12. {Autori
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Ivaldo Indomiti: Sono d’accordo con questa tua riflessione. Ci sono anche in «giro» i Templari evangelici che, pur di fare opera di «conservazione», sono pronti a evangelizzare anche l’apostolo Paolo stesso, nel caso la dottrina esposta non collimi con quella propinata. {29-09-2013}
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Pietro Calenzo: Che siano sgrammaticati, passi pure; il limite più eminente è che distruggono il senso esegetico della Parola di Dio, con una improbabile
versettologia; e malgrado ciò, salgono in cattedra. Un concetto più sobrio di se stessi sarebbe un obbligo. Ma la superbia è una brutta gatta da pelare. {29-09-2013}
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URL: http://diakrisis.altervista.org/_Dot/T1-Maestri_sgrammatic_EdF.htm
29-09-2013; Aggiornamento: 07-10-2013 |