«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

La fede che discerne la ferma verità in un tempo mutevole

«Diakrisis»: Discernimento — «Credere e comprendere»

Credere e comprendere

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Crescita personale

Cultura e società

Discepolato e devozione

Dottrine bibliche

Etica cristiana

Problemi e soluzioni

Religioni e confessioni

Scienza e fede

▼ Vai a fine pagina

 

Escatologia 1

 

Devozione

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

Questa opera contiene senz'altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:

■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?

■ I morti nell'aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?

■ I bimbi morti dove vanno?

■ Se nessuno sa il giorno e l'ora dell'avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?

■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?

■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?

■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?

■ Quando risusciteranno i credenti dell'AT?

■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?

■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?

■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?

■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?

■ I morti si riconoscono nell'aldilà?

■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?

■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?

■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?

■ Eccetera...

 

Vedi al riguardo le recensioni.

Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TIEPIDI IN PERICOLO

 

 a cura di Nicola Martella

 

Ciao, scusa, se mi permetto, ma volevo farti una domanda. Dio non ci vuole né caldi né freddi, né tiepidi. C’entra in questo la nostra salvezza? {Adelaide Surace; 22-04-2014}

 

Di là dall'incongruenza della seconda frase, bisogna ribadire che il Signore ci vuole «caldi», quindi «ferventi». Infatti, è scritto: «Quanto all’impegno, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore» (Rm 12,11).

     I «tiepidi» sono credenti all’acqua di rose, che non si distinguono troppo da quelli del mondo. Ecco la diagnosi, che Gesù fece del conduttore della chiesa di Laodicea (nell’attuale Turchia): «Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido, e non sei né freddo, né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca» (Ap 3,15s). Questo è l’unico luogo nella Bibbia in cui ricorre il termine «tiepido» (gr. chliarós). Qui il verbo vomitare (gr. eméō) indica che qualcuno ha bevuto dell’acqua tiepida d’estate e di essa si sente schifato. Questa sensazione è quella, che il Signore Gesù sente per i credenti a tempo perso o per i tempi belli, per quelli della «grazia a buon mercato», per quanti lo vogliono avere come Salvatore, senza averlo come Signore, e per coloro che voglio fare a meno del giogo del Signore e di accollarsi la propria croce nel seguire Cristo.

Romani 12,11     Tale conduttore era molto acculturato e si sentiva a posto, ma aveva lasciato il Signore fuori della porta (v. 20) e necessitava di ravvedimento (v. 19). Il problema dei tiepidi è che non sanno mai se sono dentro o fuori della salvezza. Un momento, hanno grandi certezze, quando sono con gli altri credenti; un altro momento, mettono tutto in dubbio con la loro «mente prostituta», come la chiamò Lutero. Paolo lo chiamò «uomo psichico» e disse letteralmente: «L’uomo psichico non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente» (1 Cor 2,14). Il problema del credente tiepido è che un momento si comporta da «uomo spirituale» (v. 15) e pensa con la «mente di Cristo» (v. 16); un altro momento pensa con la mente del mondo ed è un «uomo psichico».

     Spesso tale tipo di credenti vengono chiamati anche «carnali» o bambini nella fede (1 Cor 3,1ss), che necessitano sempre ancora il latte (Eb 5,12s) e sono sballottati in giro da ogni vento di dottrina (Ef 4,14).

     Il credente tiepido non ha, quindi, mai certezze; non è mai sicuro che Dio lo ascolti e lo esaudisca, essendo ondivago e pieno di dubbi (Gcm 1,6ss). Per questo Paolo spinse i credenti a un auto-esame: «Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede; provate voi stessi. Non riconoscete voi medesimi che Gesù Cristo è in voi? A meno che proprio siate riprovati» (2 Cor 13,5). Egli ha indicato pure la prova del nove: «Ma pure il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: “Il Signore conosce quelli che son suoi”; e: “Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il nome del Signore”» (2 Tm 2,19).

 

Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

 

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

1. Italo Strani

2. Pietro Calenzo

3. Ivaldo Indomiti

4. Rita Fabi

5. D. Nancy Festa

6. Bruno Salvi

7. Ivaldo Indomiti

8. Rita Fabi

9.

10.

11.

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Italo Strani}

 

Benedetto sia il nome di Dio, condivido pienamente e aggiungo che, se nel cuore si sente la gratitudine di ciò, che Gesù ha fatto, sopportato e subito per me e per tutti noi, ne scaturisce un amore verso di Lui, che non ha limiti.

     Mi spiego meglio, quando io chiudo gli occhi e spesso pure quando li ho aperti, penso a tutte quelle frustate, gli sputi, le derisioni quando gli mettevano la corona di spine. Insomma, quando penso a tutto quello, che gli hanno fatto, so che lo dovevo subire io, perché era destinato tutto a me. Allora mi viene un nodo alla gola e anche ora piango per gratitudine per il fatto che Gesù si è offerto per me. E in questo c’è tutto l’amore, che Lui ha usato nei nostri confronti, amandoci per primo; allora non puoi fare altro che amarlo immensamente, tanto che sembra che il cuore ti scoppi in petto.

     Per cui, per questa gratitudine, se la sentiamo, ci viene di donarci completamente a Lui; ed è per questo che si diviene ferventi. Spero che sono riuscito a spiegare ciò che provo per Gesù. {24-04-2014}

 

 

2. {Pietro Calenzo}

 

Il cristianesimo è l’accettare la signoria di Gesù Messia nelle nostre vite. Un Evangelo a buon mercato (significativa la specificazione di Nicola sul verbo «vomitare dalla bocca») non è assolutamente auspicabile. Molte volte, capita che si possa accettare Gesù solo come Perdonatore (Salvatore) dei nostri peccati, ma non come Signore delle nostra vita. Cosa vuol intendere ciò? Ciò significa signoria o padronanza del Signore Gesù; completa sottomissione alla Persona e alla Parola di Cristo. Nel nostro vivere quotidiano, non ci devono essere zone franche, che non siano sottomesse al Signore Gesù. Ciò non specifica che non si peccherà più, o che saremo perfetti, ma che abbiamo restituito le nostre vite nelle mani dell’Eterno, e che siamo felici e propensi a portare il meraviglioso giogo di Gesù nella sanificazione del nostro cammino verso la Patria Celeste. {25-04-2014}

 

 

3. {Ivaldo Indomiti}

 

Contributo: Purtroppo tra le diverse trappole escogitate dal maligno c’è quella d’inculcare al cristiano di «darsi da fare» per concorrere alla salvezza e alla santificazione. Non metto in discussione la buona disposizione di chi ha questo intento (io stesso ne sono stato influenzato per anni), ma purtroppo si finisce per «accomodare» a modo nostro ciò, che Paolo intendeva dire con la parola «grazia di Dio». «Poiché la grazia di Dio, salutare per tutti gli uomini, è apparsa e ci ammaestra a rinunziare all’empietà e alle mondane concupiscenze, per vivere in questo mondo temperatamente, giustamente e piamente, aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Cristo Gesù; il quale ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e di purificarsi un popolo suo proprio, zelante nelle opere buone. Insegna queste cose, ed esorta e riprendi con ogni autorità. Niuno ti sprezzi» (Tito 2,11-15). {25-04-2014}

 

Nicola Martella: Ti consiglio di spiegare meglio il tuo pensiero, poiché potrebbe prestarsi a fraintendimenti. Tanto più che siamo chiamati proprio a cooperare alla nostra santificazione: «Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che v’asteniate dalla fornicazione, che ciascun di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, non dandosi a passioni di concupiscenza come fanno i pagani» (1 Ts 4,3ss). Inoltre, qui il tema non è la «salvezza per opere», ma la tiepidezza di alcuni credenti, che si cullano su una «grazia, che nulla costa» nelle conseguenze, una volta accettata. Anche nel brano da te citato, risulta che la «grazia storica», manifestata con Cristo, porta a una vita cristiana consapevole e che mira a una metà, quindi impegnata e zelante.

 

Ivaldo Indomiti: Nicola, ho anche la capacità naturale di non spiegare bene il pensiero. Sono certamente d’accordo sulla tua precisazione in relazione a questo: «Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che v’asteniate dalla fornicazione, che ciascun di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, non dandosi a passioni di concupiscenza come fanno i pagani». Ma la mia precisazione voleva risaltare che, siccome è vero che ci sono diversi passi biblici, come quello da te citato, molti pretendono di «migliorare» (senza accorgersene) la grazia salutare di Dio, aggiungendo «sforzi» personali, che sono il frutto non di una vita consacrata giorno dopo giorno al Signore, ma piuttosto «sforzi» determinati da un religiosismo sibillino, che ognuno di noi ha nel nostro DNA umano. Quando questo esce per volere «aiutare» Dio nell’opera di consacrazione a Lui, e non lo Spirito Santo, invalidiamo (senza accorgerci) la grazia di Dio. Il tema è certamente lungo e non semplice da affrontare. La «trappola» tesa dal maligno è che il cristiano pensi di «migliorare» grazie ai suoi sforzi quotidiani piuttosto che lasciare vivere e agire in lui Gesù giorno dopo giorno. L’altro errore è quello di ricorrere nuovamente alla Legge di Mosè, per raggiungere la santificazione: «Procacciate pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore» (Ebrei 12,14); senza realizzare quest’altro passo biblico: «Ma ora, essendo stati affrancati dal peccato e fatti servi a Dio, voi avete per frutto la vostra santificazione, e per fine la vita eterna» (Romani 6,22). Non ho la pretesa comunque che sia condivisa questa mia analisi ma questo è il mio pensiero. {26-04-2014}

 

Nicola Martella: Bisogna distinguere gli «aspetti puntuali» della salvezza (alla conversione mediante la rigenerazione, per grazia mediante la fede, santificazione da parte di Dio, ecc.), dagli «aspetti processuali» (santificazione, portare frutto, compiere opere, ecc.) e dagli «aspetti finali» (risurrezione, piena redenzione, glorificazione, ecc.). Nel primo aspetto non si può concorrere alla salvezza, essendo essa data per i meriti di Cristo; negli aspetti processuali, è assolutamente importante l’impegno del credente, il quale deve assolutamente collaborare con lo Spirito Santo per la propria santificazione, la crescita, la conoscenza, lo zelo, ecc. L’innesto lo fa Dio, a portare frutto devono pensarci i credenti; a ciò si devono i tenti imperativi e le tante esortazioni nel NT.

 

 

4. {Rita Fabi}

 

Caro Nicola, tu dici: «I “tiepidi” sono credenti all’acqua di rose, che non si distinguono troppo da quelli del mondo. Ecco la diagnosi, che Gesù fece del conduttore della chiesa di Laodicea (nell’attuale Turchia): “Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido, e non sei né freddo, né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca” (Ap 3,15s)». In un certo senso a me la parola tiepido fa venire in mente anche insipido, per cui penso che oltre al versetto di Apocalisse si possa accumunare tale sorta di cristiani a questi, a cui Gesù dice di stare attenti a non diventarlo: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli si renderà il sapore? A null’altro serve che a essere gettato via e a essere calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può essere nascosta. Similmente, non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candeliere, perché faccia luce a tutti coloro che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» (Matteo 5,13-16). Nella prima parte del passo Gesù chi dice chi saranno i beati, e subito dopo avvisa di non diventare insipidi, affinché non si debba essere gettati via. Lo zelo per il Signore è qualcosa che nel cristiano diventa parte di se stesso, perché fa parte della sua nuova natura. Se viene a mancare questo fervore dentro, o si è caduti in qualche inganno del nemico (ma allora può essere una prova mandata da Dio), oppure si è diventati così perché non si è mai stati davvero rigenerati. Direi che un ottimo esempio, su cui esaminare se stessi, è il capitolo 13 di Matteo. {25-04-2014}

 

 

5. {Donatella Nancy Festa}

 

Contributo: Dal versetto di Apocalisse, letteralmente, si comprende che al Signore va bene il credente caldo e perfino quello freddo; è quello tiepido che sarà vomitato. {25-04-2014}

 

Nicola Martella: Al Signore va bene il credente fervente. L’espressione «Oh fossi tu pur freddo o fervente!» (Ap 3,15s) denota un certo sdegno di chi preferisce le cose chiare e lineari: o caldo o freddo, o bianco o nero, o dolce o amaro. Le commistioni e gli ibridi sono avversi al Signore, così chi è tiepido, scialbo o insipido, né vivo e né morto. Oltre allo sdegno, Gesù mostra qui un certo ribrezzo per tale categoria languida, sbiadita, scipita e moribonda.

 

Alessio Pancani: È interessante notare che la Scrittura segnali che addirittura la condizione di «freddo» sia migliore di quella di «tiepido». Il freddo, l’indifferente, l’ateo puro non reca, per così dire, danni al cristianesimo, si limita a essere indifferente, a non immischiarsi.

     Al contrario, il tiepido imprime un’immagine distorta, porta discredito fa sì che la gente disprezzi sia loro che Dio; «a causa vostra il nome di Dio è bestemmiato». I tiepidi sono talmente nauseanti da essere vomitati. {26-04-2014}

 

 

6. {Bruno Salvi}

 

La chiesa di Laodicea, mi fa pensare a un cristianesimo «tiepido,» trionfalistico e presuntuoso. Correrà a destra e a sinistra dietro a tutte le novità perché si dirà: «Il Cristo è qui, oppure è là» (Mt 24,23). Cosi il Signore «vomiterà dalla sua bocca» (Ap 3,16) chi si è accontentato di un cristianesimo festaiolo e di superficie, anziché ricercare «la santificazione» (Eb 12,14)!

     Qualcuno, come è stato citato nel proporre la domanda a Nicola (se ho capito) domanda se in queste condizioni si possa considerare il tema «salvezza». Premettendo che il termine perdere [la salvezza, N.d.R.] non esiste, ma solo ricevere o rifiutare, perché la Scrittura ci parla di sicurezza (Gv 10,28-29; Rm 8,38-39), qui si attira l’attenzione sul fatto che la tiepidezza è il segno che manca la vita. S’imita il cristianesimo, ma non c’è la sostanza. Il cibo viene vomitato, quando non viene assimilato. In questo caso si ha un rigetto. Verranno respinti tutti quelli, che hanno una religiosità esteriore (Mt 7,21) e non possiedono la vita di Dio (Gv 5,24; 2 Pt 1,4).

     C’è l’orgoglio (Ap 3,17a). Quando non si conosce il Signore, non si conosce nemmeno se stessi, si diventa schiavi della presunzione e del nostro orgoglio. Si possono dire cose sciocche del tipo: «Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!» (cfr. Lc 12,13-21). Qui troviamo un richiamo solenne, Il Signore deve dire: «Tu non sai invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo» (Ap 3,17b). Essere nudi nella Scrittura è sinonimo di sconfitta e umiliazione (2 Sam 10,4; Is 20,1-4). Solo il Signore libera dalla miseria e dona una vera sicurezza (1 Ti 6,17).

     Si nota un altro aspetto, a causa della situazione che si è determinata (Ap 3,20). Il Signore è ormai fuori da questa chiesa. Ma fa un ultimo tentativo, mostra sensibilità e rispetto, non s’impone, non entra di soppiatto (2 Pt 2,1-2) o con l’inganno. Da fuori, bussa, si rivolge agli individui facendo udire la sua voce (Mt 11,28; Gv 10,27; Eb 3,7,15). A chi lo fa entrare, cioè lo riceve (Gv 1,12), offre pienezza, abbondanza, comunione. La cena, infatti, è un momento di scambio e di benedizione reciproca. Se la chiesa di Laodicea, figura della cristianità nominale, sarà vomitata, cioè giudicata; c’è speranza per chi individualmente riceve Cristo. Riceve la promessa di sedersi con lui sul suo trono (Ef 2,6; 2Ti 2,12). Il ricevere tutto questo, sta nell’ascolto (Ap 3,22), essendo questo il mezzo per realizzare la vera fede (Rm 10,17). {25-04-2014}

 

 

7. {Ivaldo Indomiti}

 

Contributo: Quanto hai espresso sopra nel tuo ultimo contributo, è uno dei pensieri ricorrenti, che condivido in parte. Forse diciamo la stessa cosa, ma con parole diverse. Oppure la tua lettura non è esattamente la mia. Il metter l’impegno va spiegato meglio te. Io penso di averlo fatto nel post precedente ora t’invito a farlo quando parli «del credente, il quale deve assolutamente collaborare con lo Spirito Santo per la propria santificazione». Questa collaborazione sappiamo sempre di che natura è? Siamo sicuri che tutte le volte che do una «mano» all’opera dello Spirito Santo, lo faccio con l’uomo nuovo e non con l’uomo vecchio, che è pur sempre religiosissimo? Se sì non sto vanificando il messaggio di Gesù. «Io sono la vera vite, e il Padre mio è il vignaiuolo. Ogni tralcio che in me non dà frutto, Egli lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo rimonda affinché ne dia di più. Voi siete già mondi a motivo della parola che v’ho annunziata. Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppur voi, se non dimorate in me. Io son la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; codesti tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli. Come il Padre mi ha amato, così anch’io ho amato voi; dimorate nel mio amore. Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; com’io ho osservato i comandamenti del Padre mio, e dimoro nel suo amore. Queste cose vi ho detto, affinché la mia allegrezza dimori in voi, e la vostra allegrezza sia resa completa. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi» (Giovanni 15,1-12).

     Con questo ripeto, non sto dicendo di non fare niente, ma sto portando all’attenzione che dietro il messaggio del «concorrere» all’opera di santificazione più preferibilmente accade che c’innalziamo a «bravi cristiani», per aver fatto il «fioretto quotidiano» per Gesù, piuttosto che dimorare in Lui, dargli il primato su tutto come esattamente gli spetta. Lo Spirito Santo ci ammaestra e di conseguenza agisce in noi, e noi agiamo sotto l’influenza di Lui, ci riprende, ci consola, ci convince e tante altre meravigliose azioni positive per il cristiano; ma tutto avviene solo con l’uomo rigenerato. E l’uomo rigenerato da Dio ben volentieri cede le briglie della propria vita, per farla condurre da Gesù. Concludo la mia esposizione ringraziandoti per le tue precisazioni, che trovano spesso la mia condivisione e ringrazio il nostro Signore Gesù per la luce che ti ha donato nello studio della Parola di Dio nel metterla in pratica. {26-04-2014}

 

Nicola Martella: Già nel lungo brano da te citato, il frutto è connesso al fatto che il credente dimori in Cristo e nel suo amore; tuttavia, tale dimorare avviene mediante l’osservanza dei comandamenti del Signore. L’uomo rigenerato dà il primato al Signore non tanto in una atteggiamento solo contemplativo né tanto meno passivo, ma mostrandosi zelante nella sottomissione e ubbidienza a Lui.

     Sinceramente, non mi vengono a mente molte esortazioni nel NT, in cui si esprima il biasimo per la collaborazione del rigenerato con lo Spirito Santo alla propria santificazione. Tutte le ammonizioni vengono espresse perché si è tiepidi, insipidi, carnali, pigri e così via. Sinceramente tale apologia contro il troppo impegno cristiano negli aspetti processuali della cristianologia (vita cristiana) mi sono nuovi e mi lasciano un po’ perplesso. In greco c’è il verbo spūdázō, che intende «impegnarsi, esercitarsi, studiarsi» e che alcune traduzioni traducono anche con «essere zelante». Similmente accade col sostantivo spūdḗ «impegno, diligenza» (Rm 12,11). Ambedue esprimono la diligenza e la premura. Sarebbe lunga la lista delle cose, in cui i credenti sono chiamati a mostrare tale santo impegno. Perciò, rimango perplesso dinanzi a tale visione inoperosa e solo contemplativa, nutrendo il timore di remare contro ciò, che fa lo Spirito Santo, visto che ho parlato in modo positivo solo della sinergia, che il credente debba avere con lo Spirito Santo. Ad esempio: «Impegnatevi [spūdázō] a conservare l’unità dello Spirito col vincolo della pace» (Ef 4,3).

 

Ivaldo Indomiti: Non ho parlato d’inoperosità, ma di lasciare operare il Signore nella nostra vita (scusate se questo può sembrare poco... ). E quindi la sua opera in noi dà frutti. Comunque mi rendo conto che il messaggio è difficile da comprendere, per il fatto che siamo da molto tempo abituati a dare per «scontato» il darsi da fare per l’Opera di Dio (questo è il messaggio da sempre esposto nell’ambito delle nostre comunità) indipendentemente da chi sia a farlo in noi. Ma, se l’esame del cristiano davanti a Dio è sincero e approfondito, le cose prenderanno una veste decisamente diversa. Sarà in positivo proprio perché il merito è solo ed esclusivamente suo. E molti fratelli impareranno a prendere sul serio il possesso di un beneficio unico nella nostra vita: la grazia di Dio. Quando questo avviene, ci sarà più la necessità di mettermi in mostra davanti ai fratelli (lo dico in senso generale, mettendomi per primo bisognoso di ciò), per far valere le mie capacità spirituali, ma sarò piacevolmente felice di fare tutte le volte come il Battista: «Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca» (Giovanni 3,30). {26-04-2014}

 

Nicola Martella: Si nutre il timore di togliere i meriti al Signore e alla sua grazia, che ci si metta in mostra e che si faccia valere le proprie capacità. Visto che qui il tema è «Tiepidi in pericolo», non comprendo come tale categoria possa ambire a tanto. Tanto meno si comprende come si possa sottintendere che ogni credente zelante e fervente tenda a tali manovre della carne, con cui mettere in ombra l’opera di Dio.

     Per quanto mi ricordo, gli unici esempi di un tale atteggiamento negativo nel NT erano quelli dei «super-apostoli» nella chiesa di Corinto (Giudei esoteristi) e di Diotrefe (voleva il primato nella chiesa). Tuttavia, non si può trarre da ciò una dottrina generale. I cristiani comodi, tiepidi e inoperosi sono nel NT un problema più ricorrente e preoccupante. Tanto che Giacomo dovette dire a tale categoria che «la fede senza le opere non ha valore» (Gcm 2,20) e che «la fede senza le opere è morta» (v. 26). E sfidò così i «cristiani a parole» (e solo contemplativi) dei suoi tempi: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (v. 18).

 

 

8. {Rita Fabi}

 

Contributo: Scusate se m’intrometto nella discussione del punto precedente. Da quello che io ho compreso, forse il fratello Ivaldo intende dire che molto spesso accade che alcuni credenti si mettano troppo in mostra nelle loro opere, non per uno zelo proveniente dalla grazia di Dio, mossi perciò dallo Spirito Santo, ma solo da se stessi. Ci sono, infatti, molti che possono cadere in tale inganno, specialmente all’inizio del proprio cammino cristiano. Forse non hanno bene compreso che la grazia è un dono da parte di Dio e non implica nulla da parte dell’uomo, perciò pensano in questo modo di assicurarsi una qualche certezza della loro salvezza, cadendo invece nel tranello delle proprie opere, per assicurarsi la salvezza. Al contrario, invece, lo zelo per compiere la volontà di Dio non dovrebbe essere questo, ma solo un slancio dettato dall’amore verso il nostro Salvatore, che ha compiuto in toto tutto quanto, pur essendo noi solo dei peccatori destinati alla perdizione eterna. E comunque anche i frutti, che noi possiamo portare a Dio, sono solo una conseguenza della sua grazia. «Or colui, che fornisce la semente al seminatore e il pane da mangiare, ve ne provveda e moltiplichi pure la vostra semente, e accresca i frutti della vostra giustizia» (2 Corinzi 9,10). «... ripieni di frutti di giustizia, che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, alla gloria e lode di Dio» (Filippesi 1,11). Per finire, credo che il frutto maggiore, che un cristiano davvero rigenerato debba portare a Dio, è il cambiamento della propria vita. «Fate dunque frutti degni del ravvedimento» (Luca 3,8).

     A tal senso mi viene in mente un brano tratto da un sermone di Spurgeon che dice: «Molte persone sono davvero dispiaciute e veramente pentite dei loro peccati passati, a sentirle parlare. “Oh!”, dicono, “Sono profondamente dispiaciuto, perché non avrei dovuto mai essere un ubriacone, io sinceramente deploro di essere dovuto cadere in quel peccato, io mi lamento profondamente di aver fatto quello”. Poi vanno a casa subito, e quando uno, domenica, puntualmente, arriva, li troverà di nuovo come prima. Eppure queste persone dicono di essersi pentite. Credete loro quando dicono di essere peccatori, ma che non amino il peccato? Possono non amarlo in quel momento, ma possono essere sinceramente pentiti, e poi andare a trasgredire di nuovo immediatamente, nello stesso di come hanno sempre fatto prima? Come possiamo credervi, se voi trasgredite ancora e ancora e non abbandonate il peccato? Se riconosciamo un albero dai suoi frutti, in voi che siete penitenti produrrà opere pentimento». {26-04-2014}

 

Ivaldo Indomiti: Grazie, sorella Rita. In effetti hai colto buona parte del pensiero. Quando si esperimenta la resa quotidiana a Gesù, si riesce a comprendere il messaggio di cui sopra. {26-04-2014}

 

Nicola Martella: Bisogna decidersi, se parliamo di simpatizzanti non rigenerati o di credenti tiepidi. Chi vuole assicurarsi qualche certezza di salvezza, per assicurarsela con le sue opere, non è ancora rigenerato. Spurgeon parlava di persone, che vivevano nel peccato; per l’apostolo Giovanni questo era un segno che non erano rigenerate. Riguardo ai rigenerati, è davvero difficile voler vedere in loro molto frutto, senza il loro impegno, ma solo esercitando una devozione passiva, quiescente e contemplativa.

     Ho qualche perplessità come il tema «tiepidi in pericolo» sia stato trasformato in «arrivisti in pericolo», che è ben altro tema. Qui non parliamo tanto del pericolo di chi si metta in vetrina, ma di chi diventa insipido.

     Inoltre, faccio notare che la salvezza è per grazia, ma non gratis. Ossia, il riscatto del Signore è connesso al fatto che si entri nel suo patto e si prenda un solenne impegno a sottomettersi a Lui e a ubbidire alla «legge di Cristo». Si entra nel patto per i meriti di Cristo, ma è permesso entrarci solo a chi accetta Cristo non solo come Salvatore, ma ad anche come Signore. In caso contrario, si è solo cristiani di nome o facciata, quindi ancora perduti. Ricordo ancora un’illustrazione di un predicatore della mia infanzia, che all’incirca diceva questo: Sulla porta del regno di Dio è scritto: «Entra, è per grazia». Appena entrati e chiusa la porta, si legge sul retro: «Ora sei nella famiglia di Dio, perciò comportati di conseguenza». Fin qui l’illustrazione. Per questo, chi non brucia per il Signore, è tiepido e insipido e, come tale, è a rischio di essere ancora fuori del regno.

 

Rita Fabi: Concordo pienamente con le ultime parole del tuo commento, caro Nicola. {26-04-2014}

 

 

9. {}

 

 

10. {}

 

 

11. {}

 

 

12. {Autori vari}

 

Blaise Henry: I tiepidi si escludono dalla benedizione per incredulità e disobbedienza; e si escludono dal piacere del mondo per motivi morali! Alla fine non hanno gioia! :-( {24-04-2014}

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Tiepid_pericol_Esc.htm

24-04-2014; Aggiornamento: 27-04-2014

 

Punto°A°Croce

▲ Vai a inizio pagina ▲

Proprietà letteraria riservata

© Punto°A°Croce