1. Entriamo in
tema
La realtà
della cose non dipende dalle nostre percezioni; tuttavia viviamo l’importanza
delle cose e delle persone, a seconda del nostro vissuto.
Come mostro
nell’aforisma messo sull’immagine, può accadere che si abbia la percezione delle
cose di Dio e anche della vita eterna, a seconda se ci si trova nel tempo delle «vacche
grasse» (tempi prosperi e tranquilli) o in quello delle «vacche magre»
(tempi di penuria e inquieti).
Un caro amico,
che si è trovato improvvisamente taccato da una tragedia, avvenuta nella sua
parentela e che lo ha molto provato, mi ha scritto: «Visti gli ultimi fatti, che
mi sono accaduti, ho la certezza solo nella salvezza per grazia tramite
il sacrificio di Gesù Cristo. E non è poco. C’è chi non ha neppure questa di
certezza... ». Ha certamente ragione.
Invito i
lettori a riflettere sopra a tutto ciò e a cercare momenti della propria vita,
in cui la percezione della salvezza e delle cose di Dio era più o meno intensa.
Da che cosa è dipeso tutto ciò?
2. Che cosa ha
promesso veramente Gesù?
Pietro disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo
lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito» (Marco
10,28). Nel brano parallelo Pietro aggiunse anche un’esplicita domanda: «Che
ne avremo dunque?» (Matteo 19,27).
«Gesù rispose: “In verità vi dico che non vi è
nessuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o
figli, o campi, a causa mia e a
causa dell’Evangelo, il quale ora, in questo tempo,
non ne riceva cento volte tanto: case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi,
insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita eterna. Ma molti
primi saranno ultimi e molti ultimi primi»
(Marco 10,29-31).
Secondo Matteo Gesù disse che chi lo segue «erediterà
la vita eterna» (19,30); quindi essa non si
merita. Questo avverrà «nell’età futura» (Luca 18,30) o «nel secolo a
venire» (Matteo 19,30), quando ci sarà la restaurazione del regno (v. 28 la
palinghenesía è la rigenerazione o restaurazione del regno; cfr. Ap 20,4
troni).
«In questo tempo» (Marco 10,30), però, i
seguaci del Messia ricevono da Dio un’abbondante ricompensa per ciò, che hanno
lasciato a causa sua e dell’Evangelo, «insieme a persecuzioni». Questo
aspetto viene sovente dimenticato da coloro, che cercano da Dio solo la
prosperità. Tuttavia, vessazioni e persecuzioni sono fattori di base, con cui i
credenti devono far conto nel seguire il Messia (1 Cor 4,12; 2 Cor 4,9; 12,10; 2
Ts 1,4; 2 Tm 3,11s).
3. Domande di
lavoro (Le seguenti domande di studio servono per stimolare chi vuole
approfondire l’argomento e per orientare la discussione):
■ 1.
Come ti poni dinanzi al Dio di salvezza, quando tutto va a gonfie vele nella tua
vita?
■ 2.
Quanto significa per te la vita eterna, quando il mondo sembra caderti addosso?
■ 3.
Sarai anche tu uno di coloro, che saranno «salvati
come attraverso il fuoco» (1 Cor 3,15), per i meriti di Cristo, ossia senza
ottenere alcun premio di fedeltà?
■ 4.
Oppure sei soltanto un cristiano di nome, e c’è timore che tu
resterai fuori del regno del Messia (Lc 13,28), avendo
solo assaporato la grazia, ma mai abbracciato veramente la salvezza?
■ 5.
Quanto è veramente importante per te la vita eterna? Quanto sei veramente
disposto a «mollare», per seguire il Salvatore e Signore Gesù?
■ 6.
Che cosa dobbiamo fare per ottenere la «costanza della speranza», ossia la
persistenza nell’attesa del Signore? (cfr. 1 Ts 1,3).
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Danilo Ristagno}
▲
■
Contributo:
Il «vangelo della prosperità» non è il vangelo di Cristo, neppure lo è il
«vangelo del tutto rose e fiori». Infatti, nella sua Parola, leggiamo
quanto segue: «Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io
ho vinto il mondo» (Giovanni 16,33). E, ancora: «È impossibile che non
avvengano scandali» (Luca 17,1). Altresì è scritto: «Se uno vuol
venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce
e mi segua» (Luca 9,23).
Seguire Cristo non è necessariamente sinonimo di
prosperità e successo in ogni campo e in ogni caso (come molti
predicatori, arricchiti con il commercio delle loro predicazioni, pensano che
sia). Seguire Cristo significa, invece, una battaglia continua per
restare in piedi e non cadere (1 Corinzi 10,12); una lotta contro il peccato
(Ebrei 12,4); un rialzarsi dopo una caduta (Proverbi 24,16); un perseverare
nella fede nonostante i vari ostacoli e nel contempo dimostrarsi cristiani (1
Corinzi 4,12), ecc. Sono tutte queste «fatiche» che porteranno a manifestare i
frutti dello Spirito in un credente (Galati 5,22). «Rivestitevi,
dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di
benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza» (Colossesi 3,12).
Si sa che Dio non ritarda all’adempimento delle
sue promesse, Egli sa cosa è bene per noi e cosa non lo è affatto; e per tanto,
dovremmo saperlo aspettare, anche quando ci sembra di non scorgerlo (Giobbe
35,14). Infatti la fede non è per sensazioni, può capitare a volte di essere
provati e di ritrovarci in un deserto, anche spirituale, ed è proprio lì che
la fede dimostra di essere tale, se persiste. «Or la fede è certezza
di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono» (Ebrei
11,1).
Proprio ieri, dicevo in preghiera: «Signore, altri
hanno e io non ho, altri sono più benedetti e io lo sono meno, altri
chiedono e ricevono e io ancora non ho ricevuto (qui mi riferivo a cose comuni:
p.es., lavoro), però so che tu hai tutto sotto controllo e che non ti
dimentichi di nessuno dei tuoi figliuoli. Quello che ti chiedo è roba comune ai
più, non è nulla di straordinario, appartiene alla vita comune di tutti i
mortali, tuttavia la tua volontà e non la mia, affinché io non scada
dalla tua grazia. Ecco perché io preferisco, Signore, restare più nella mia
condizione e non perderti, piuttosto che ricevere e inorgoglirmi e rischiare di
perderti».
Poi, mentre pregavo, un passo della Scrittura s’incise
nel mio cuore: «Io ti ho chiesto due cose; non me le rifiutare, prima che io
muoia; allontana da me vanità e parola bugiarda; non darmi né povertà né
ricchezze, cibami del pane che mi è necessario, perché io, una volta sazio,
non ti rinneghi e dica: “Chi è il Signore?”. Oppure, diventato povero, non rubi,
e profani il nome del mio Dio» (Proverbi 30,9).
Così ho compreso che, se alcune cose non ci sono date,
è solo perché il Signore, che conosce i nostri cuori, ci preserva dal male.
«È meglio un tozzo di pane secco con la pace, che una casa piena di carni con
la discordia» (Proverbi 17,1).
La fede del vero credente resta sempre ferma,
in qualsiasi circostanza, anche nella peggiore tra le peggiori. «Infatti
sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose
presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra
creatura potranno separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù,
nostro Signore» (Romani 8,38-39). {08-10-2014}
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Nicola Martella: Prova a rispondere alle domande, affinché il tema non si polarizzi troppo sull’«evangelo a poco prezzo», «evangelo della prosperità» e simili.
■
Danilo Ristagno:
Beh, pensavo di aver riposto, insomma, alle tue domande: come mi pongo
dinanzi al Dio di salvezza, quando tutto va a gonfie vele nella mia vita; cosa
significhi per me la vita eterna, quando il mondo sembra cadermi addosso; «se
penso di essere salvato come attraverso il fuoco o se temo di essere soltanto un
cristiano di nome; e se quindi c’è quel timore in me che mi faccia pensare di
restare fuori del regno».
I passi riportati dovrebbero confermare le mie
risposte alle domande. Il concetto di vangelo della prosperità e del
«tutto rose e fiori» era per dare enfasi al mio discorso.
In sostanza questo penso, cioè che bisogna essere
fedeli al Signore in ogni circostanza. Chi conosce Dio e con Lui cammina,
non può che riconoscere questa verità.
Nel caso del tuo amico, che ha avuto esperienze
poco piacevoli rispondo che ha ragione (come hai detto tu, fratello Nicola
Martella) che avere la certezza solo nella salvezza per grazia, tramite
il sacrificio di Gesù Cristo, non è affatto poco. Per tanto, il mio vuole essere
solo un incoraggiamento ad andare avanti. Egli stesso nell’affermare questa
certezza è d’incoraggiamento a molti di noi; dovremmo quindi prendere il suo
esempio come un nostro «cavallo di battaglia», quando veniamo a ritrovarci
anche noi, similmente, in svariate prove.
«Così dunque, fratelli, state saldi e
ritenete gli insegnamenti che vi abbiamo trasmessi sia con la parola, sia con
una nostra lettera» (2 Tessalonicesi 2,15). «State dunque saldi:
prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza
della giustizia; mettete come calzature ai vostri piedi lo zelo dato dal vangelo
della pace; prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potrete
spegnere tutti i dardi infocati del maligno» (Efesini 6,14). «Ecco, io
sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente» (Matteo
28,20). {08-10-2014}
2. {}
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12. {Autori vari}
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Adolfo Monnanni: In ogni occasione mi rendo conto
che è solo per la bontà del Signore che vivo tranquillo con la pace
ricevuta in dono dal mio Salvatore; e quando sono nelle difficoltà, so in chi
appoggiarmi. Non è facile essere costanti e perseveranti, ma il mio
sbandamento è di pochi attimi, e subito realizzo che non devo affrontare da
solo le prove. {08-10-2014}
URL: http://diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Percez_spirit_Esc.htm
08-10-2014; Aggiornamento: 09-10-2014 |