Questo è un tema abbastanza ricorrente nelle chiese a conduzione collegiale.
La forma collegiale di conduzione e la partecipazione di vari fratelli nel
servizio della chiesa sono una risorsa, ma creano anche varie e ovvie
incomprensioni e tensioni. Chiaramente simili cose accadono allo stesso modo
nelle chiese a conduzione monocratica, dove un conduttore unico decide
chi deve fare che cosa e quando. A ciò si aggiunga il fatto che nella vita
personale, in famiglia, sul posto di lavoro e così via i problemi non mancano
mai. Quando tutto si accumula, a un certo punto, la voglia di gettare la spugna
nel servizio e di ritirarsi nel guscio della propria auto-commiserazione è
grande. Che fare allora? Come comportarsi correttamente per non squalificarsi
nel ministero e per non apparire inaffidabile e poco idoneo al servizio
nell’opera del Signore?
Ecco un
imperativo: Per quanto dipende da te, rimani sul ring del servizio fino
all’ultimo round! «Non gettate dunque via la vostra franchezza, la quale ha una grande ricompensa! Poiché voi avete
bisogno di resistenza, affinché, dopo aver fatta la volontà di Dio, conseguiate la promessa» (Ebrei 10,35s).
Qui di seguito
discutiamo l’articolo «Gettare
la spugna nel servizio».
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
▲ (I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)
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1. {Salvatore Paone}
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Voler gettare la spugna nel servizio? È
capitato di avere dei momenti di difficoltà; e in essi la cosa singolare
è stata sempre quella di mollare tutto. Ciò è accaduto per poter
sistemare prima le mie faccende, sia lavorative, sia famigliari, sia anche
quelle ecclesiali. Ma in questo devo ringraziare Dio che si è servito di
fratelli, che mi hanno esortato a continuare; e questo è stato motivo
d’incoraggiamento, anche quando non avevo voglia di ascoltare nessuno. Tuttavia
c’è stata sempre quella «vocina», che mi diceva: «Da’ ascolto a ciò, che
vogliono dire i fratelli, senza pregiudizi». {26-09-2012}
2. {Massimiliano Pellegrini}
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■
Contributo: Molte persone chiedono
aiuto, prendono soltanto; stanne certo è facile prendere e non
dare niente, da accattoni. Poi, però, tornano a precipitare nelle stesse
situazioni, perche non hanno l’intenzione di servire Cristo nella stessa
intenzione così come ciò gli è stato prospettato. {26-09-2012}
▬
Nicola Martella:
La dinamica, che esprimi, è vera; effettivamente ci sono persone, che vogliono
solo ricevere e che vogliono operare le cose del Signore a modo loro. Dici
anche bene, quando parli di «servire Cristo», ma aggiungo: «servire
solo Cristo». Ciò significa rifiutare di servire (venerare) creature,
che Dio non ha destinato a ciò (angeli, creature morte, ecc.). Purtroppo è
proprio questo il tuo problema di cultore del sacramentalismo,
dell’idolatria, del ritualismo e della devozione cultuale all’arcangelo Michele
e a creature morte.
■ Morti: «Un
popolo non dev’egli consultare il suo Dio? Si rivolgerà egli ai morti a pro
dei vivi? Alla legge [ebr. Torà = insegnamento biblico]! Alla testimonianza
[= Decalogo o comandamenti di base]. Se il popolo non parla così, non vi sarà
per lui alcuna aurora!» (Isaia 8,19s).
■ Esseri celesti: «E io, Giovanni,
sono quello, che udii e vidi queste cose. E quando le ebbi udite e vedute,
caddi per adorare dinanzi ai piedi dell’angelo, che mi aveva mostrate queste
cose. Ma egli mi disse: Guàrdati dal farlo; io sono tuo conservo e dei
tuoi fratelli, i proclamatori, e di quelli, che osservano le parole di questo
libro. Adora Dio» (Ap 22,8s; cfr. già 19,10).
3. {Nicola Martella}
▲
Facendo alcune
aggiunte all’articolo e a questo tema, mi preme affermare quanto segue.
■ Questo articolo ha un taglio generale e
non riguarda nessuno in particolare, ma serve soltanto per far discutere
i fratelli su tale questione, abbastanza ricorrente nelle chiese. L’obiettivo è
di renderli così consapevoli della problematica e d’indurli a fare il
meglio possibile in situazioni simili, sia che si trovino essi stessi nella
condizione critica, sia per aiutare gli altri confratelli, che passano per tali
momenti particolari.
■ Sono molteplici i motivi perché si getta
la spugna nel ministero in una chiesa locale e, quindi, possono dipendere da
tanti fattori, ad esempio i seguenti: conduttori che non danno
abbastanza spazio nel ministero; conduttori che hanno sempre da ridire su tutto
ciò che uno fa, non danno istruzioni precise e non incoraggiano mai; carnalità
del soggetto nel modo di servire e insensibilità a esortazioni e a cambiare
positivamente; continue tensioni nella chiesa e mancanza d’unità fra coloro, che
servono; mancanza di stima da parte degli altri servitori; mancanza di
gratitudine da parte di coloro, che sono i destinatari del ministero; incostanza
o trascuratezza del soggetto nel ministero, cosa che lo squalifica agli occhi
degli altri; continue gelosie e screzi verso il soggetto che serve; troppi
carichi sul lavoro secolare non lasciano tempo per un ministero efficace; casi
fortuiti in famiglia e pesanti malattie del soggetto o di uno dei suoi cari
rendono difficile una presenza costante e un impegno concreto; e così via.
■ Se gli obiettivi di un collaboratore sono
chiari ed egli li si sta perseguendo, ci sono tappe, in cui bisogna
rallentare per riprendere forze e mettere le cose a posto; e ci sono altre
tappe, in cui bisogna indietreggiare momentaneamente per riprendere la
rincorsa. Tuttavia, in tal caso, non definirei ciò un «gettare la spugna»,
poiché ciò si applicherebbe soltanto a chi avesse smarrito del tutto la
via maestra e avesse perso di vista la grande meta.
■ A ognuno di noi il Signore ha dato una «misura
della fede» e il Signore ci chiede di essere realisti verso noi
stessi (Rm 12,3). Così prenderemo all’interno del corpo quella funzione
ministeriale adatta alla nostra chiamata, alla situazione, in cui ci
troviamo e ai carismi ricevuti (vv. 4-8). Poi, all’interno della «corporazione»
locale tutto dipende dai seguenti fattori: le motivazioni interiori,
l’atteggiamento mentale e devozionale e la pratica della fede (vv. 9-13). Dove
ci sono gli ingredienti, descritti in tale brano, e la volontà di essere utile
nell’opera (di là da titoli, etichette e gradi), non c’è bisogno per nessuno di
gettare la spugna ministeriale. Le cose necessarie, per servire il
Signore in una comunità o in un’opera, sono specialmente queste: presenza,
costanza, integrità, fedeltà, irreprensibilità, zelo e amore.
4. {Abele Longo}
▲
■
Contributo: Le cause, per cui si getta
la spugna, possono essere svariate, come dici bene, caro Nicola.
Tralasciando quelle più comuni, come ad esempio la carnalità, la mancanza
d’incoraggiamento, l’essere eccessivamente appesantiti dai vari impegni e così
via, vorrei dare il mio contributo su una causa forse meno frequente, ma
che ho riscontrato, purtroppo, esistere. Mi è capitato di assistere alla
situazione di un anziano (di una chiesa a conduzione monocratica) che ha
continuato a screditare l’operato di uno dei fratelli, che ha il
ministero della Parola, agli occhi della chiesa intera, perché a detta sua
quest’ultimo aveva dei «problemi»; insisteva paradossalmente che non saltasse
alcuna predicazione, pena il rincaro delle critiche a suo carico. Secondo il
mio modesto parere, tale conduttore somigliava più a un despota che non a
ciò, che ci si aspetterebbe da un anziano. Fra l’altro, alla domanda del
fratello, che ha il ministero della Parola, se i «suoi problemi» di fatto non
stessero compromettendo la qualità e la legittimità del suo servizio di
predicazione, si è sentito rispondere con una certa disinvoltura che comunque
poteva, o meglio, doveva sentirsi vincolato a continuare ad amministrare
la Parola (!). A quel punto, mosso dal convincimento della propria coscienza,
quel fratello si vide costretto a chiedere alla chiesa un tempo di
riflessione, per considerare la propria condotta davanti a Dio. In parole
povere, ha gettato la spugna. A mio avviso, fra lui e l’anziano, era di
sicuro quest’ultimo che avrebbe fatto bene a rimettere il proprio incarico!
Spero di aver contribuito ad aggiungere ulteriori spunti alla riflessione.
{02-10-2012}
▬
Nicola Martella: Il tratto peggiore del carattere di un conduttore è mostrato da lui, quando,
lungi dall’incoraggiare i collaboratori della chiesa, usa ogni occasione
per denigrarli in pubblico e in privato, nella folle intenzione di
rimanere così il «primo della classe». Io insegno qui da noi che i
collaboratori sono la risorsa migliore, che un missionario fondatore o un
conduttore possa avere al momento e per il futuro della chiesa.
Chi ferisce
continuamente i suoi collaboratori è come chi toglie continuamente le nuove
foglie a una pianticella, finché essa non ce la fa più e soccombe.
Similmente un collaboratore continuamente pressato, ferito e denigrato,
prima o poi getta la spugna.
Di un tema del
genere ne abbiamo già parlato qui:
►
Comportamenti erronei di conduttori verso i membri
(link esterno).
5. {Stefano Carta}
▲
■
Contributo:
Non è mai facile. A volte sembra che tutti ti si mettono contro; altre
volte sembra che il servizio per la chiesa non porti dei risultati; altre
volte gli impegni eccessivi in un lavoro secolare diventano un peso
frustrante e insopportabile. Altre volte ti rendi conto che non dedichi molto
tempo alla preghiera. Molto spesso le tue frasi nel tentativo di
consolare un fratello o una sorella non sembrano sortire l’effetto sperato.
Ma in tutto ciò mi rendo conto, senza voler fare una modestia gratuita, che
fondamentale il problema sono io stesso.
Ho bisogno di consacrazione a Dio, di conoscere
di più la sua volontà attraverso la Parola, di studiarla con più diligenza, di
amare attraverso quell’amore che Cristo mi ha donato. E forse questo è il punto
essenziale: quando penso di mollare tutto per i miei problemi, a meno che
questi problemi non siano causa diretta dei miei peccati e che mi squalificano
dal servizio, manco di amore verso la chiesa, verso quei fratelli e
quelle sorelle, che sono chiamato a servire attraverso i miei doni.
Gettare la
spugna non è un gesto di amore, nemmeno verso se stessi. Paolo poté dire
alla fine della sua vita: «Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la
corsa, ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). Altri versetti parlano della vita
cristiana come di una battaglia continua. Ma Dio ci ha resi più che
vincitori. E in virtù della sua forza, che opera in noi con potenza (Col
1,29), possiamo andare avanti con gioia e fiducia, sapendo che Dio è fedele
in ciò, che ha promesso e che non ci abbandona nel nostro ministero, qualunque
esso sia. {12-10-2012}
▬
Nicola Martella: In effetti, se «tutte le cose cooperano al bene
di quelli, che amano Dio» (Rm 8,28),
proprio questi hanno a volte l’impressione che tutto e tutti sulla terra si
siano coalizzati contro di lui e complottano per il suo male. In certi
momenti, tutto si accumula e sembra che sotto di noi il fondamento non regga a
lungo. Eppure chi serve Dio con fedeltà, onestà e dedicazione, sperimenta
la sua potenza che si manifesta proprio nella debolezza, quella mano che ti
afferra proprio nella tempesta, quella consolazione che non può darsi da solo,
quell’energia che non può provenire dalle sue batterie oramai scariche, e la
vittoria di battaglie che non dipende dalle proprie possibilità.
6. {Cristian Careddu}
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Indubbiamente, quando ci si sente in una
situazione del genere, c’è il rischio di abbandonare le armi, di arrendersi e
alzare bandiera bianca. Ma nella guerra, che si combatte tutti giorni, può
capitare di scoraggiarsi, quando arrivano le difficoltà in un mondo
secolarizzato. «Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel
mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo»
(Gv 16,33). Così, quando nella chiesa si è nel servizio, che Dio chiama a
svolgere, abbiamo un compito di grande responsabilità; allora è di vitale
importanza la capacità di essere attaccati alla vera vite, cioè Cristo.
Egli è l’unica fonte di acqua viva, dove ci si disseta, per non rischiare
di rimanere disidratati spiritualmente; finché mi affido alle mie forze, non
andrò lontano e cederò ai miei pensieri carnali. Al contrario, la Parola di
Dio dev’essere il metro di misura nella mia vita e nella chiesa di Cristo.
Similmente la preghiera ed essere perseveranti in essa sono armi, che il
Signore mi dona per combattere. Sono un soldato di Cristo e combattiamo
nel terreno del nemico; più ci affacciamo nel suo territorio e più ci
ostacolerà, ma il mio sguardo deve essere rivolto al mio Re e al mio Signore.
Infatti, per questo che fatichiamo e combattiamo: abbiamo riposto la nostra
speranza nel Dio vivente, che è Salvatore di tutti gli uomini, sopratutto dei
credenti (1 Tm 4,10). {13-10-2012}
7. {}
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8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {}
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12. {Autori
vari}
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Claudio Bagno: Grazie, ne avevo bisogno. La
stanchezza, il sottostimarsi o la mancanza di fiducia in se tessi sono altre
cause scatenanti lo gettare la spugna. {28-09-2012}
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Gaetano Casà: Questo desiderio
mi ha sfiorato più volte, ma il Signore mi ha sempre fatto capire che non devo pensare a me stesso, ma al
servizio.
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Luisa Lauretta: Sì, è vero, quello che dici, Nicola. C’è da meditare. {02-10-2012}
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Salvatore Canu: Amen! Gesù ha detto: Io
sono con voi! Ha detto forse: Sono con voi, non lo sarò forse un tempo? No,
io sono con voi tutti i giorno fino alla fine dell’età presente! Il Signore ti
benedica di ogni benedizione in Cristo Gesù, fratello, sei di grande
incoraggiamento per tutti noi. ☺ Un
forte abbraccio, benedizioni in Gesù. {12-10-2012}
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Maria Ippolito: Ciao, Nicola, tante grazie.
A parer mio non sono i problemi quotidiani, che fanno buttare la spugna,
qualsiasi essi siano! Quelli mi fanno solo ridere, io riesco a sopportare tutto!
È la mancanza di salute, che te la fa buttare! Uno lotta tutta la vita
con il cancro inutilmente, poi, tanto ritorna sempre! E pensare che c’è
chi si uccide perché cade in povertà! Tristezza infinita!
☹
{02-10-2012}
■
Anna Maria Maiore: È proprio vero quello che scrivi nell’articolo: «Le cose necessarie, per servire il Signore in una comunità o in un’opera, sono specialmente queste: presenza, costanza, integrità, fedeltà, irreprensibilità, zelo e amore». {02-10-2012}
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URL: http://diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Getta_spugna_Mt.htm
01-10-2012; Aggiornamento: 15-10-2012 |