1.
Dio e gli agricoltori
Sembrerà
strano, ma Dio si occupa di agricoltura. È Scritto: «L’agricoltore ara egli
sempre per seminare? Rompe ed erpica egli sempre la sua terra? Quando ne ha
appianata la superficie, non vi semina egli l’aneto, non vi sparge il comino,
non vi mette il frumento a solchi, l’orzo nel luogo designato, e il farro entro
i limiti ad esso assegnati? Il suo Dio gl’insegna la regola da seguire e
l’ammaestra» (Isaia 28,24ss). Poi seguono
altre istruzioni pratiche, per poi terminare così: «Anche questo procede
dall’Eterno degli eserciti; meravigliosi sono i suoi disegni, grande è la sua
sapienza» (vv. 27ss).
Si parla anche della disperazione degli
agricoltori, quando il raccolto, che avrebbe assicurato la vita loro e delle
loro famiglie, è andato a male (Gioele 1,11s). In tali contesti si parla del
giudizio di Dio verso un popolo malvagio, insensibile ai suoi richiami e
impenitente, a cui Dio sottrae le risorse, per portarlo al ravvedimento.
2. Applicazioni
spirituali
Non meraviglia che l’agricoltura sia stata presa
come similitudine per la vita spirituale e morale. Esse riguardano, ad esempio, i
cuori paragonati a terreni differenti e la pazienza nell’attesa del Signore.
■ Diversi
terreni: Gesù paragonò la Parola di Dio al
seme, che l’agricoltore sparge e che cade su terreni (= cuori) differenti:
lungo la strada, sulla roccia, in mezzo alle
spine, nella buona terra (Luca 8,5-15).
■ Pazienza
nell’attesa: «Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del
Signore. Ecco, l’agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra
pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e
dell’ultima stagione. Siate anche voi pazienti; rinfrancate i vostri cuori,
perché la venuta del Signore è vicina» (Giacomo
5,8s).
3. Lezioni
particolari
Due particolari istruzioni
hanno un particolare insegnamento spirituale e morale. Due specifiche istruzioni hanno un particolare insegnamento spirituale e morale. Il primo caso riguarda l’appello a dissodarsi un
campo nuovo; il secondo caso è riferito alla necessità di fare solchi dritti rispetto alla sequela del Signore.
■
Dissodarsi un campo: Dio mandò un ennesimo richiamo alla conversione
mediante il profeta Geremia, prima del giudizio storico (deportazione verso
Babilonia), ingiungendo ai malvagi Giudei di abbandonare la loro idolatria
abominevole e i loro culti esoterici e di circoncidere i propri cuori (Geremia
4,1-4). All’interno di tale discorso si trova la seguente istruzione: «Dissodatevi
un campo nuovo, e non seminate fra le spine!»
(v. 3). Le spine erano i loro culti abominevoli. Dio comandò loro di voltare
pagina, tornando al patto del loro Dio.
Secoli prima, tale discorso fu indirizzato da
Dio a Israele mediante Osea, appena prima di essere deportato verso l’Assiria.
Dio usò proprio un linguaggio tratto dal mondo degli agricoltori (Osea
10,11-15). All’interno di tale discorso Dio disse: «Seminate
secondo la giustizia, mietete secondo la misericordia, dissodatevi
un campo nuovo! Poiché è tempo di cercare l’Eterno, finché egli non venga, e non
spanda su voi la pioggia della giustizia»
(v. 12).
■ Fare
solchi dritti: Al tempo di Gesù, c’erano persone che volevano seguirlo alle
proprie condizioni. Tra altri, uno gli disse: «Ti
seguiterò, Signore, ma permettimi prima d’accomiatarmi da quelli di casa mia»
(Luca 9,61). Gesù, sapendo come un tale uomo sarebbe stato condizionato proprio
dalla sua famiglia, gli disse: «Nessuno, che abbia messo la mano all’aratro e
poi riguardi indietro, è adatto al regno di Dio» (v. 62). Chi
vuol fare un solco rettilineo, deve guardare davanti a sé in profondità.
Chi si gira indietro, non sarà in grado di tracciare un solco dritto. Chi
antepone altre priorità, ritenute momentanee, non «è
adatto al regno di Dio».
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1.
{Edoardo
Piacentini}
▲
«Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre
seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la
mangiarono. E un’altra cadde nei luoghi rocciosi, dove non aveva molta terra; e
subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; ma, levatosi il sole, fu
riarsa; e perché non aveva radice, si seccò. E un’altra cadde sulle spine; e le
spine crebbero e l’affogarono. E un’altra cadde nella buona terra e portò
frutto, dando qual cento, qual sessanta, qual trenta per uno» (Matteo
13,4-8). Gesù si occupa spesso di agricoltura. Fra le molte parabole dette da
Gesù, quella del seminatore e quella del granello di senape hanno un
aspetto opposto. La parabola del seminatore presenta gli ostacoli, che
impediscono lo sviluppo del Regno di Dio; mentre la parabola del granello di
senape presenta il miracolo, che Dio compie per far crescere e sviluppare il
Regno di Dio nel cuore.
Quali sono innanzitutto questi ostacoli? La
parabola del seminatore parla di una parte del seme che «cadde lungo la
strada, gli uccelli vennero e la mangiarono». Di quel seme non restò
nulla. Ci sono, quando si parla della Parola di Dio, gli uditori refrattari,
nel cui cuore l’Evangelo non produce nessun effetto. Sono le anime insensibili
alla verità, completamente disinteressate alle cose spirituali, sono solo
materia e vivono di materia. Il nemico di Dio porta completamente via dal cuore
loro il buon seme della Parola, facendo dimenticare; per cui non credono e non
sono salvati.
Altra parte del seme «cadde nei luoghi rocciosi...subito spuntò...ma, levatosi il sole, fu riarsa e perché non aveva radice si
seccò». È messo in luce qui l’ostacolo della superficialità. Ci sono
delle persone facilmente impressionabili che lì per lì si dicono pronte a
servire il Signore, ma poi, quando al tempo giusto devono dare prova di quello
che effettivamente hanno creduto, si danno indietro e dimostrano che non
vi è nessun segno di ravvedimento e di conversione. Quante persone si dettero
indietro, dopo aver seguito Gesù per un certo tempo! E la storia dei risvegli
religiosi è sempre accompagnata da coloro, che hanno creduto solo per un tempo e
poi si sono allontanati. E quanti giovani seguono l’esempio del giovane ricco.
Dopo aver avuto esperienze cristiane, si lasciano sopraffare dalle lusinghe
di questo mondo e si allontanano per sempre!
Un’altra parte del seme «cadde fra le spine
e le spine crebbero e l’affogarono». È la parte della Parola di Dio, che
incontra i cuori non purificati. Le cure mondane, le eccessive
preoccupazioni delle cose materiali, il lusso, il divertimento e altre cose
simili, affogano la pianticella pura della fede e la fanno seccare.
Poi c’è un’ultima parte di semenza: quella che «cadde
nella buona terra e porta frutto, dando qual cento, qual sessanta, qual
trenta per uno». Sono coloro che intendono la Parola di Dio, l’accolgono
con fede e con gioia e la ritengono in un cuore onesto e buono. Nel Nuovo
Testamento c’è l’esempio meraviglioso di Natanaele, a cui Gesù disse: «Ecco
un vero israelita in cui non c’è frode». E chi può dimenticare l’esempio di
Paolo che «non è rimasto disubbidiente alla visione celeste» e
diviene il campione della fede, suggellando tutta la sua vita con il martirio.
Nella parabola del seminatore c’è da notare che
soltanto la quarta parte del seme nasce, cresce, e porta frutto. Le altre tre
parti vengono perdute. Perciò il Signore ci avvisa dicendo: «Badate dunque
come ascoltate» (Luca 8,18). Pur vivendo in questo mondo pieno d’incredulità
e di materialismo, l’Evangelo in cui noi crediamo, non va tutto perduto.
Anzi ci rallegra questa bellissima similitudine del profeta Isaia: «E come la
pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senz’aver annaffiata la
terra, senz’averla fecondata e fatta germogliare, così da dar seme al seminatore
e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non
torna a me a vuoto, senz’aver compiuto quello che io voglio, e portato a
buon fine ciò, per cui l’ho mandata» (Isaia 55,10-11).
Nonostante solo la quarta parte del seme è destinata a
portare frutto, pure a questa piccola parte è data la possibilità d’ingrandirsi
e conquistare il mondo. «Il regno dei cieli è simile a un granello di
senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è bene il più
piccolo di tutti i semi; ma quando è cresciuto, è maggiore dei legumi e diviene
albero; tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami»
(Matteo 13,31-32). Il cristianesimo è come il granello di senape:
all’inizio era umile e piccolo, poi si è ingrandito da conquistare il mondo.
Gesù stesso ebbe origini umilissime. Nacque in una stalla, visse povero,
morì sulla croce. I suoi seguaci non erano persone, che avevano potenza
in questo mondo, anzi appartenevano a un popolo disprezzato e la loro forza era
quella dell’esempio e della persuasione. Eppure questo sparuto movimento
religioso, nello spazio di cento anni, si estese in Palestina, in Siria, nella
Mesopotamia, nell’Asia minore, in Grecia, in Africa, in Italia e oltre ancora!
Cade la potenza dell’impero romano, ma l’Evangelo di Cristo rimane. E ciò perché
l’Evangelo non procede dall’uomo, non è un’invenzione umana, ma è potenza
di Dio. Esso non è una dottrina locale, legata a un popolo particolare, ma è una
dottrina universale, atta a soddisfare i bisogni spirituali di ogni uomo, a
qualsiasi razza appartenga, in qualsiasi luogo o tempo egli viva. Il piccolo
seme è diventato albero e le nazioni della terra vengono a rifugiarsi sotto i
suoi rami. Direttamente o indirettamente l’Evangelo ha dato l’impronta
civile e morale a tutti i popoli della terra. E noi possiamo dire per esperienza
tutto il bene che Gesù Cristo ha fatto alla nostra vita.
Non viviamo come coloro, che non hanno speranza. Il
Signore ha dato a noi ideali nuovi, facendosi sperare nell’avvento del
suo Regno. L’apostolo Paolo usa una parola forte: «Se abbiamo sperato in
Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini»
(1 Corinzi 15,19). Non solo c’è speranza per la vita avvenire, ma la vita
presente, quella che trascorriamo ogni giorno, viene fortificata e
potenziata dalla fede. Il Salmista diceva: «L’Eterno è la mia luce e la mia
salvezza; di chi temerò? L’Eterno è il baluardo della mia vita; di chi avrò
paura?...Quand’anche un esercito si accampasse contro a me, il mio cuore non
avrebbe paura; quand’anche la guerra si levasse contro a me, anche allora sarei
fiducioso» (Salmo 27,1, 3). L’esperienza cristiana ci porta a migliori
conclusioni: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la
tribolazione, o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il
pericolo, o la spada?...Anzi, in tutte queste cose, noi siamo più che
vincitori, in virtù di colui che ci ha amati» (Romani 8,35, 37).
{29-01-2013}
2. {Pietro Calenzo}
▲
È veramente sorprendente, piacevole e
confortante gustare come il Signore Dio, sapienza infinita, usi delle
similitudini della realtà e con immagini del quotidiano, apparentemente
elementari, per parlare ai nostri cuori, per farci percorrere senza indugi la
via, che conduce al suo regno eterno. Che il Signore ci doni la sua forza e la
sua sapienza, per intendere al meglio, come buoni agricoltori spirituali,
quando sia il tempo a Lui accettevole, per ben dissodare il campo, ben
seminare, guardando sempre che il solco sia ben dritto, al fine di
raccogliere, nel tempo opportuno, l’agognato raccolto in questa vita e in
quella eterna. {29-01-2013}
3. {Paola Chiarapini}
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Per chi conosce la terra, è facile
capire; mettere in pratica è per tutti uguale. Fare solchi dritti non è
facile, neanche al giorno d’oggi, ci vuole esperienza. Solo seguendo Gesù, i
nostri sentieri miglioreranno ogni giorno; così anche per l’agricoltore, ogni
volta diventa più facile, anche se alla minima distrazione, si sbaglia.
Purtroppo oggi, anche se la stagione va bene, non si riesce ad avere un buon
prezzo sul mercato; così è con le nostre vite: anche se a volte pensiamo di
camminare bene, non sempre facciamo ciò, che è gradito al Signore.
{28-01-2013}
4. {}
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5. {}
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6. {}
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7. {}
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8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {Vari
e medi}
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12. {Vari
e brevi}
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► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Agricoltura_sequela_R56.htm
28-01-2013; Aggiornamento:
31-01-2013 |