«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

La fede che discerne la ferma verità in un tempo mutevole

«Diakrisis»: Discernimento — «Credere e comprendere»

Credere e comprendere

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Crescita personale

Cultura e società

Discepolato e devozione

Dottrine bibliche

Etica cristiana

Problemi e soluzioni

Religioni e confessioni

Scienza e fede

▼ Vai a fine pagina

 

Matteo, l’evangelista dei giudei

 

Crescita personale (generale)

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

Nello stesso libretto sono contenute le domande per lo studio e il dizionarietto, dove trovare le risposte.

  Ecco le parti principali della parte di studio:

■ Introduzione all'Evangelo di Matteo

■ Nascita, battesimo e tentazione (Mt 1,1-4,11)

■ Attività in Galilea (Mt 4,12-16,12)

■ Istruzione dei dodici (Mt 16,13-18,35)

■ Viaggio verso Gerusalemme e ultimi giorni in essa (Mt 19-25)

■ Crocifissione e risurrezione (Mt 26-28).

 

Inoltre ci sono, tra altre parti, anche le seguenti:

■ Dizionarietto

■ Guida allo studio personale e di gruppo.

 

Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UOMO NUOVO E LINGUAGGIO VECCHIO?

 

 a cura di Nicola Martella

 

«Vedo anche fra i credenti che, quando vogliono esprimere il loro disappunto o la loro irritazione su qualcosa, cominciano a “pepare” le loro espressioni in senso urogenitale. Il cambiamento comincia con una mente rinnovata e coinvolge subito un linguaggio rinnovato. La circoncisione del cuore si palesa in quella delle labbra. In ciò alcuni hanno ancora molto da lavorare, poiché mettono il vin nuovo in otri vecchi» (Nicola Martella; fonte: Linguaggio nuovo).

 

1. Entriamo in tema

     Lingua pepataMi è saltato all’occhio (e alle orecchie) come alcuni credenti, che parlano con me o con altri oppure che scrivono in rete, quando esprimono qualcosa con molta enfasi o irritazione, condiscono le loro parole con la coprolalia (copro- dal gr. «feci»), ossia il parlare turpe, fecale, osceno e dintorni. Ciò avviene anche nella narrazione, che fanno di cose dette a terzi. Rimango sempre meravigliato di quei credenti, che portano l’Evangelo agli altri e belle meditazioni ai credenti, quando poi usano il turpiloquio e un linguaggio scurrile e sgangherato, quando essi stessi escono dai gangheri e perdono le staffe.

     Eppure la Scrittura afferma: «Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta» (Ef 4,29). Di Diotrefe, che aveva arroccato a sé la conduzione monocratica della chiesa locale, rifiutando di ricevere l’apostolo Giovanni e quelli con lui, fu scritto: «Se vengo, io ricorderò le opere che fa, blaterando contro di noi con cattive parole; e non contento di questo, non solo non riceve egli stesso i fratelli, ma a quelli che vorrebbero riceverli impedisce di farlo, e li caccia fuori della chiesa» (3 Gv 1,9s). Come dev’essere incattivito nel peccato un tale cuore!

     Infatti, il linguaggio palesa ciò, che c’è veramente nel cuore. Secondo Gesù, i frutti (anche delle labbra) mostrano l’albero (Mt 7,17s). È dall’abbondanza del cuore che la bocca parla (Mt 12,34). L’uomo dabbene e l’uomo malvagio sono così classificati da ciò, che tirano fuori (v. 35). Infatti, le parole sono quelle, che giustificano o condannano una persona (v. 37) dinanzi agli altri.

 

2. Approfondimento

     Anche Giacomo mise in chiaro quanto segue: «Se uno pensa di essere devoto [a Dio] e non tiene a freno la sua lingua, ma seduce il suo cuore, la devozione di quel tale è vana» (Gcm 1,26). Egli insiste su tale tema, poiché molti cadono nella trappola della lingua. Se non controllata, essa è paragonabile a «un piccolo fuoco [che] può incendiare una grande foresta» (Gcm 3,5). Essa, lasciata a se stessa, viene infiammata dagli inferi, «contamina tutto il corpo e infiamma il corso di vita» (v. 6). Egli prese tale immagine dai Proverbi, dove è scritto che sulle labbra dell’empio «c’è come un fuoco divorante» Pr 16,27). Dove ciò avviene, la lingua diventa «un male senza posa... piena di mortifero veleno» (Gcm 3,8). Allora, con una certa schizofrenia religiosa essa verrà usata per far fluire allo stesso tempo benedizione e maledizione (vv. 9a), dolce e amaro o salato (vv. 11s). E magari le persone neppure se ne accorgono, spiritualizzando arbitrariamente il loro turpiloquio.

     Già Davide chiedeva a Dio: «O Eterno, poni una guardia dinanzi alla mia bocca, guarda l’uscio delle mie labbra» (Sal 141,3). E la sapienza consigliava: «Rimuovi da te la perversità della bocca, e allontana da te la falsità delle labbra» (Pr 4,24). Infatti, «lo stolto di labbra va in precipizio» (Pr 10,8.10; cfr. 18,7; Ec 10,12) e «la bocca degli empi è piena di perversità» (Pr 10,32). Il perverso di labbra è anche stolto (Pr 19,1). Quando nella bocca è inserito il «pilota automatico», si dicono molte cose insensate; perciò, è bene tirare il freno a mano a tempo, poiché «nel peccato delle labbra sta un’insidia funesta» (Pr 12,13). «Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente» (Pr 10,19). Chi non custodisce la sua bocca, va incontro alla rovina (Pr 13,3).

 

3. Aspetti conclusivi

     Il turpiloquio continuo è da ascriversi alla mancanza di educazione ed è una forma di vizio o dipendenza comportamentale. Il turpiloquio occasionale, in momenti di particolare concitazione psichica, rappresenta il rigurgito della «carne», il ritorno di fiamma del «vecchio uomo», a cui si dà il sopravvento. Peggio ancora è quando il clima di una comunità viene così intorbidito, da accettare come normale un certo linguaggio pepato.

     È triste incontrare persone, che fanno discorsi religiosi, ma quando si dissente da loro, cominciano a usare il turpiloquio; alcuni addirittura minacciano di farti del male fisico (cfr. Pr 24,2). In tal modo, essi palesano che cosa hanno veramente nel cuore e, quindi, che cosa sono.

     Chi vuole piacere al Signore e servirlo opportunamente, deve assolutamente purificare il suo linguaggio. Egli deve esercitarsi a dire e ad argomentare le cose, senza usare il turpiloquio ed esercitandosi a sostituire le male parole con concetti decorosi e facendo leva sul convincimento probatorio. Anche nel linguaggio bisogna esercitarsi a svestire il «vecchio uomo» (vecchia natura, vecchio stile di vita) e a rivestire «l’uomo nuovo» (Ef 4,22); ciò avviene rinnovandosi nell’atteggiamento della mente (v. 23) e nell’esercizio della giustizia e della santità, che sono l’efflusso dalla verità (v. 24).

 

Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

 

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

1. Sonia Salza

2. Davide Campo

3. Edoardo Piacentini

4. Pietro Calenzo

5. Tommaso Failla

6. Gaetano Nunnari

7. Adolfo Monnanni

8.

9.

10.

11. Vari e medi

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Sonia Salza}

 

Contributo: Caro fratello Nicola, ancora una volta grazie per il tuo articolo. Pensa che da tempo volevo chiederti consiglio proprio su questo argomento. Mi turba leggere, specialmente su Facebook, dei commenti di un fratello che conosco bene e ora dirige una grande chiesa al nord (non vorrei rendere pubblico il suo nome), che usa spesso parole volgari. Quando era con noi, diceva qualche parolaccia, ma siccome io sono forse troppo severa su queste cose e non uso un linguaggio «moderno», e sembrava che a nessun altro la cosa desse fastidio, non mi sono mai permessa di dirgli che non è bello né etico usare certe parole. Oggi sembra normale un certo linguaggio nel mondo, ma io credo che un credente, si debba distinguere anche in questo dagli altri: «...né oscenità, né parole sciocche o volgari, che sono cose sconvenienti» (Ef 5,4). Come dire a questo fratello che non sta bene usare questo linguaggio, senza che si offenda? Dio ti benedica grandemente per l’opera, che volgi. {20-01-2013}

 

Nicola Martella: Sulla tua analisi non posso darti che ragione. Non conoscendo tale credente con tale vizio o dipendenza relativo al turpiloquio, è difficile dire qualcosa di specifico; mi limito perciò a un’analisi biblica. Se per un credente è sconveniente usare «parole sciocche o volgari» (Ef 5,4), per un conduttore esse sono impensabili, dovendo essere egli irreprensibile, ossia al di sopra di ogni riprensione. Ai credenti è comandato un «parlare sano», figuriamoci ai conduttori! Infatti, a Tito, che guidava altri, Paolo ingiunse di dare se stesso «in ogni cosa come esempio di opere buone; mostrando nell’insegnamento incorruttibilità, dignità, parlare sano, irreprensibile, perché l’avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire di noi» (Tt 2,7s).

     Le dottrine di Cristo sono chiamate «parole sane» (1 Tm 6,3); ciò è inteso sia come parole sanate, quindi esenti dal male (aspetto passivo), ma anche come parole che sanano (aspetto attivo). Le parole di un conduttore devono essere esenti dall’iniquità e risanare chi ascolta. Per questo Paolo ingiunse a Timoteo: «Attenti con fede e con l’amore, che è in Cristo Gesù, al modello delle sane parole, che udisti da me» (2 Tm 1,13).

 

 

2. {Davide Campo}

 

Per me sentire «parolacce» uscire dalla bocca di un credente, è triste e anche doloroso come una spada, che mi trafigge il corpo. Mi tornano sempre in mente i versi di Giacomo 3,9-12: «Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla medesima bocca escono benedizioni e maledizioni. Fratelli miei, non dev’essere così. La sorgente getta forse dalla medesima apertura il dolce e l’amaro? Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive, o una vite fichi? Neppure una sorgente salata può dare acqua dolce». Come si fa ad adorare e lodare Dio la domenica mattina con preghiere e canti e, con la stessa bocca, pronunciare delle imprecazioni fuori della chiesa, magari solo perché una macchina ci supera a destra nel traffico? O ancor di più condividere dell’ironia oscena su FB? Magari sono troppo esagerato? Che il Signore ci aiuti a controllare il nostro linguaggio (me per primo), ma soprattutto a rinnovare le nostre menti. {20-01-2013}

 

 

3. {Edoardo Piacentini}

 

Il turpiloquio è l’uso di parole cattive, di parolacce, che possono turbare la pace fra gli uomini e che, comunque, offendono il pudore e i buoni costumi ed eccitano al male. Il turpiloquio, fino a qualche tempo fa, era esclusivo appannaggio della «società maschile» e si riteneva di pessimo gusto dire «certe parole» in presenza delle «signore». Ma negli ultimi decenni, le parolacce sono entrate nel linguaggio parlato un po’ a tutti i livelli, non solo fra i giovani, non solo fra uomini e donne, ma per colorire discorsi o espressioni particolari. Anche per radio, per televisione o sui giornali non è raro trovare parole, che fino a qualche anno fa si ritenevano impronunciabili.

     Tre sono i tipi di «espressioni volgari» usate: la bestemmia, la parolaccia e l’imprecazione. La bestemmia, un’offesa contro Dio, è sentita come un’espressione estremamente pesante e volgare: di rado viene scritta, quasi mai pronunciata per televisione, e poco anche nel cinema. La parolaccia vera e propria ha, invece, il significato di un insulto contro una persona. L’imprecazione, ovvero la parolaccia usata solo per esprimere il proprio disappunto, o anche impiegata come intercalare, senza voler offendere nessuno e senza più nessun vero significato letterale, se non quello di esprimere rabbia, sorpresa, gioia, dolore e comunque un’emozione forte.

     Il nostro parlare, secondo l’apostolo Paolo, proprio perché siamo separati dal mondo, vale a dire dal vano modo di vivere proprio di questa società irriverente e irrispettosa nei confronti di Dio, non deve assolutamente fare uso del turpiloquio; anzi il nostro parlare deve mirare a edificare, vale a dire a far crescere, a consolidare moralmente gli uomini, nel senso del bene. {20-01-2013}

 

 

4. {Pietro Calenzo}

 

Condivido pienamente la tua analisi, carissimo Nicola. La lingua un piccolo organo, che può infiammare tutto il corpo. Nella mia vita di credente, una sola volta ho sentito un fratello, esprimersi con un singolo termine piuttosto colorito, ma era in un contesto molto più ampio, per rimarcare una situazione oggettiva e imbarazzante. Fui sorpreso, comunque non positivamente. Chiarito che il cristiano deve esprimersi sempre senza ipocrisia, ma altresì con mitezza, amore e in verità, ciò avviene spontaneamente nei credenti autentici, sottomessi alla guida dello Spirito Santo.

     Sull’argomento mia madre affermava: «La lingua non ha osso, ma rompe l’osso». Ad ogni buon conto, si deve rimarcare che, comunque, la lingua non è altro che la longa manus, «l’attrice» della nostra mente. Se catturiamo ogni nostro pensiero in Cristo, il nostro parlare sarà sempre attento e condito con il sale della Parola di Dio. Penso che, mancando su Facebook, in molti casi, una conoscenza diretta o un confronto vis a vis, a volte qualche credente possa lasciarsi andare a un linguaggio villico, il che non è mai giustificabile, ma in qualche modo più inquadrabile con personaggi, che spesso si celano con avatar anonimi, e con identità non anagrafiche.

     Tanti anni addietro, un anziano di un’assemblea pontina raccomandava a noi giovani credenti: «Se dovete affermare qualcosa, che potrebbe generare qualche problema a terze persone, fermatevi, pensateci sopra tre giorni; poi, se sentite ancora di dover parlare, ditelo, ma tenendo in considerazione quanto vi ha perdonato Gesù». {20-01-2013}

 

 

5. {Tommaso Failla}

 

Contributo: All’amico e fratello in Cristo, Nicola, vorrei dire che molto probabilmente più che vino nuovo in otri vecchi, è il trasformismo satanico che si mette in evidenza attraverso questo genere di persone doppie. L’Apostolo Paolo, scrivendo ai Corinzi, dice: «Quei tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si travestono da apostoli di Cristo. Non c’è da meravigliarsene, perché anche Satana si traveste da angelo di luce. Non è dunque cosa eccezionale se anche i suoi servitori si travestono da servitori di giustizia; la loro fine sarà secondo le loro opere» (2 Cor 11,13ss). Ciò mi ricorda come troppi falsi profeti e falsi apostoli, estraendo alcuni testi biblici dal loro contesto, li usano per far dire alla Bibbia e, quindi, a Dio ciò, che va bene per loro. Il sostegno delle nostre parole, però, sono il nostro dovere e il nostro modo di comportarci. {20-01-2013}

 

Nicola Martella: Mi riesce difficile capire come tale discorso si innesti nel tema, che stiamo affrontando; esso è qui del tutto fuori tema. Bisogna distinguere i falsi apostoli e operai fraudolenti dalle persone, di cui parliamo; infatti, i primi possono avere un linguaggio lindo, ma dottrine esoteriche cristianizzate. Coloro, che invece «pepano» i loro discorsi con qualche parola «forte», possono essere il prodotto di un discepolato carente, frettoloso e sbagliato; quest’ultimo può riguardare temi dottrinali, ma non quelli etici. Prima di portare al battesimo i nuovi convertiti, io li assoggetto a un discepolato continuo che, come nel caso attuale, durerà ben 5 mesi a cadenza quindicinale e in cui io affronto pressoché tutti gli aspetti della dottrina e dell’etica. Un certo turpiloquio più o meno forte (o blando) in certe comunità è il risultato del «clima ecclesiale», che hanno creato i conduttori con il loro atteggiamento e insegnamento tollerante. A ciò si aggiunga una certa schizofrenia misticheggiante, che distingue gli aspetti pubblici (ecclesiali) da quelli privati; perciò si possono assistere a certe preghiere «ispirate» in sala e a un certo linguaggio «grasso» nella vita profana. La colpa è dei conduttori, della loro catechesi, del loro insegnamento; essi non hanno spesso coraggio e vigore di affrontare temi pratici come la sessualità, il linguaggio, l’etica cristiana, il lavoro nero, la dipendenza (da sostanze, cibi, comportamenti), e così via, ma si limitano a temi dottrinali. Così producono cristiani sì rigenerati, ma deboli, con la testa piena di soteriologia, ma con la pratica morale deficitaria. Poi, alcuni di loro, lungi dall’essere irreprensibili, diventano i prossimi conduttori...

 

 

6. {Gaetano Nunnari}

 

Purtroppo è vero. Non è cosa rara sentire tali cose da persone, da cui non te le aspetti. La cosa, che mi rende perplesso, è come spesso tali parole vengano dette in maniera così disinvolta e non magari in un momento d’ira, dove si perde il controllo (che in ogni modo non giustifica ugualmente il vocabolo). Purtroppo questa è la realtà. Un mio caro amico e fratello in Cristo, mi raccontò che quando abbandonò i T.d.G. e iniziò a frequentare una comunità «evangelica», si scandalizzò perché dopo il culto sentiva fratelli e «anziani» nominare nei loro discorsi vocaboli, che si riferivano a materiale fecale. Tale fatto era del tutto assente fra i T.d.G. Riflettiamoci... {20-01-2013}

 

 

7. {Adolfo Monnanni}

 

1. Sicuramente vi è anche un mancato autocontrollo, si lascia che un poco del mondo faccia presa nel nostro essere. Un tempo avremmo detto: «Lavati la bocca con il sapone», ma oggi molti si adirerebbero, prendendolo come un esagerato giudizio (non giudicarmi, ecc.). Sarà forse che il decadimento inizia nelle «piccole cose»? Riflettiamoci sopra, dato che poi non è roba di poco conto. {21-01-2013}

 

2. Sicuramente un parlare sconveniente non si addice ai figli di Dio. Ciò è frutto di superficialità e scarsa considerazione dell’importanza di trasmettere quello, che si riceve. Considerando sempre che padri deboli formano figli deboli, vegliare su tutta la realtà della vita dei membri della chiesa, non è facile, ma doveroso farlo, anche a rischio di essere in contrasto con alcuni. Andiamo avanti con il giusto atteggiamento, ricordando che in quanto «figli» di Dio, dobbiamo rappresentarlo per come è: «Santo, Santo, Santo». {21-01-2013}

 

 

8. {}

 

 

9. {}

 

 

10. {}

 

 

11. {Vari e medi}

 

Omar Stroppiana: Proprio pochi giorni fa, riflettevo e scrivevo un piccolo pensiero su un tema affine a questo; mi permetto di lasciare il link al breve pensiero. Credo che l’uso improprio della nostra lingua faccia più danni di quanto si creda e a volte vanifichi le cose buone, che abbiamo fatto. Credo che dobbiamo prestare molta attenzione a questo aspetto della nostra vita. {20-01-2013}

 

Matteo Cavallaro: Dalle risposte, che dà una persona, conosci il suo pensiero; dal suo agire, conosci il suo credo. Chi sta all’ombra di Dio Padre, ha Cristo come Pastore e lo Spirito Santo come maestro e consolatore. Naturalmente, dove abita lo Spirito Santo, regna la gioia e la pace; e l’umiltà e la misericordia sono il profumo della casa. {20-01-2013} Mi sembra di averlo già letto.

 

Liliane Vitanza Hoffer: Grazie, Nicola, per aver pubblicato questo argomento. Mio marito e io combattiamo già da anni con i nostri fratelli e sorelle in Cristo, appena pronunciano certe parole. E allora, all’improvviso, si rendono conto di certe abitudini da modificare. Noi siamo malvisti dagli altri, perché interveniamo; ma credo che Dio ci ha posti come sentinelle per il bene della Chiesa di Cristo. {20-01-2013}

 

 

12. {Vari e brevi}

 

Antonio Strigari: Infatti! «Può, fratelli miei, un fico fare ulive, o una vite fichi? Neppure può una fonte salata dare acqua dolce» (Giacomo 3,12). {20-01-2013}

 

Marinella de Cristofaro: «Non è ciò che entra nella bocca, che contamina l’uomo, ma è quel che esce dalla bocca, che contamina l’uomo» (Matteo 15,11). {20-01-2013}

 

Patrizio Brandi: È molto bello questo articolo, lo condivido appieno. {20-01-2013}

 

Matteo Armillotta: Hai tutta la mia solidarietà per l’articolo ben fatto. {20-01-2013}

 

Gianni Di Marco: Condivido pienamente! {20-01-2013}

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Cres/T1-Linguaggio_vecchio_Mt.htm

20-01-2013; Aggiornamento: 22-01-2013

 

Punto°A°Croce

▲ Vai a inizio pagina ▲

Proprietà letteraria riservata

© Punto°A°Croce