1. LA PROBLEMATICA: Il
titolo può apparire certamente strano. Il NT parla di Gesù
come «l’ultimo Adamo» e il «secondo uomo». Ma che cosa ci
spinge a caratterizzarlo come «ultimo Cristo»? Lo vogliamo
spiegare qui di seguito.
● Il termine «Cristo» è stato preso in prestito per
indicare ormai quasi ogni figura «carismatica» o
escatologica di un qualsiasi movimento religioso o
esoterico. Ciò rappresenta non solo un errore storico, ma
anche teologico. Il problema è nato dal fatto che la
teologia liberale ha voluto veder distinto il «Gesù storico»
dal «Cristo della fede», affermando che il primo è quello
effettivamente vissuto, mentre il secondo sarebbe una
costruzione della chiesa apostolica, specialmente di Paolo.
Non c’è nulla di più falso e assurdo. Ciò è dipeso da almeno
due fattori: da una parte, la teologia critica si è sempre
più allontanata dalla Bibbia, che avrebbe dovuto spiegare, e
dai concetti propri della Scrittura; dall’altra, ha
trasferito tutto su un piano razionalistico e filosofico.
Constatiamo che il concetto di «Cristo» è compreso in un
modo del tutto errato. Ciò è dipeso anche dal fatto che nei
secoli scorsi si è fatto coincidere sempre di più la
«chiesa» con il «regno di Dio» e con «Israele»; in tal modo,
il concetto di «Cristo» è stato separato dalle implicazioni
originali di Messia-Re ‑ sovrano del regno politico
escatologico ‑ ed è diventato solo qualcosa di «spirituale»
e di trascendente.
2. L’ORIZZONTE BIBLICO:
Abbiamo visto che il termine greco «cristo», pari al suo
corrispondente ebraico «messia», significa
semplicemente «unto», ossia «iniziato» e «consacrato» a un
ministero particolare. Fuori del Pentateuco esso è usato, in
modo esplicito e specifico, per designare il re d’Israele.
Per chi prende sul serio la sacra Scrittura, potrà
constatare quanto segue. Per far capire il valore del
termine ebraico «unto» (mašîach),
riportiamo qui di seguito sempre la parola «messia».
2.1. ASPETTI PRELIMINARI
2.1.1.
NELLA TORÀ: Dio annunziò esplicitamente
ad Abramo e a Sara che da loro sarebbero proceduti dei re.
Dio mutando il nome di Abramo e di Sara dichiarò: «E ti
farò moltiplicare in modo grandissimo, e ti farò diventare
nazioni, e da te usciranno dei re... E io la benedirò, e
anche ti darò da lei un figlio; io la benedirò, ed essa
diverrà nazioni; re di popoli usciranno da lei» (Gn
17,6.16).
● Il
Signore aveva previsto la possibilità che Israele chiedesse
«un re come tutte le nazioni» circonvicine (Dt
17,14ss). Jahwè aveva prescritto che si doveva trattare di «colui
che Jahwè, il tuo Dio, avrà scelto» ed esclusivamente di
un israelita. Questo re non doveva basarsi sulla potenza
militare, né sulla sensualità (molte mogli) né sulla
ricchezza (v. 17). Il re doveva essere personalmente un
cultore e un esecutore della legge di Dio (v. 18s); essa gli
avrebbe comunicato il «timore di Jahwè», la necessità di non
essere dispotico sul resto del popolo («i suoi fratelli») e
il modo di non deviare affatto (v. 19s).
2.1.2.
IL RESTO DELL’AT: Il re era, quindi,
posto a modello positivo sul resto del popolo. L’unico
padrone del popolo doveva rimanere Dio, non il re. Nella
rettitudine e fedeltà al Signore del sovrano, il popolo
doveva riconoscere la signoria e la cura di Jahwè sul popolo
del patto. Non è un caso che il re sia paragonato al
«pastore» di un gregge (Ez 37,24; Dio Sal 80,1).
2.1.3.
L’EPOCA PREDAVIDICA: La confusione
spirituale e politica al tempo dei Giudici, fece lievitare
alquanto l’attesa del re promesso da Dio nella legge. L’inno
cantato da Anna, la mamma di Samuele, proveniva
probabilmente dalla raccolta dei cantici cultuali, posseduta
dall’antico Israele. Si tratta di un inno che mostra
l’azione storica e salvifica di Jahwè. In esso si esprime la
vivida attesa messianica
di quei giorni: «Jahwè
giudicherà gli estremi confini della terra, darà forza al
suo re, farà grande la potenza del suo messia»
(1 Sm 2,9). Il Signore stesso, decretando il giudizio sulla
casa di Eli, affermò: «Io mi susciterò un sacerdote
fedele, che agirà secondo il mio cuore e secondo l’anima
mia; io gli edificherò una casa stabile, e lui sarà al
servizio del mio messia per sempre» (1 Sm 2,35).
● Da quest’ottica
si può capire la richiesta impellente del popolo riguardo a
un re (1 Sm 8,5.19s). Qui l’errore d’Israele non consisté
tanto nella richiesta quanto nella perentorietà dell’atto e
nel non aver saputo aspettare il momento di Dio». Infatti,
Jahwè stava per preparare il suo «messia», Davide.
2.1.4.
AL TEMPO DI SAUL E DAVIDE
■
Saul:
Quando Samuele unse Saul a re d’Israele, gli dichiaro che
Jahwè l’aveva unto perché lui fosse «il capo della sua
eredità» (1 Sm 10,1). L’unzione rendeva Saul «capo delle
tribù d’Israele» e «re d’Israele» (1 Sm 15,17). Sebbene
Samuele si trovasse, a volte, in disaccordo con Saul, lo
considerò l’autorità posta dal Signore (1 Sm 12,3.5).
■
Davide:
La prima volta che ricorre nella Bibbia l’espressione «il
messia di Jahwè» è in 1 Sm 16, il passo che parla
dell’unzione di Davide da parte di Samuele (v. 6). L’unzione
fece sì che Davide fosse investito dallo Spirito di Jahwè.
(v. 13).
■
Saul e
Davide: Sebbene Saul avesse usato tutti i mezzi per
eliminare Davide, quest’ultimo pur avendone la possibilità,
si guardò bene dal mettere le mani addosso al designato
«messia di Jahwè». Non perché si chiamasse Saul, ma perché
era «il messia di Jahwè» e come tale il «signore» di Davide
(1 Sm 24,7.11). Davide era convinto che bisognava guardarsi
dal mettere le mani addosso al messia di Jahwè, poiché ciò
sarebbe stato una grave colpa dinanzi a Dio (1 Sm 26,9.11);
solo Dio ne era il giudice (v. 10.23s). Davide era convinto
che i servi di Saul meritassero la morte per non aver «fatto
buona guardia al vostro signore, al messia di Jahwè» (v.
16). ●
Un uomo
amalekita che si recò da Davide e annunziò di aver ucciso
Saul, credendo così di trarre qualche vantaggio, ebbe ben
altra accoglienza (2 Sm 1). Davide e tutti gli uomini che
erano con lui si stracciarono le vesti, fecero cordoglio,
piansero e digiunarono fino a sera, anche a motivo di Saul e
di Gionatan (v. 11s). Davide rimproverò l’amalekita di non
aver «temuto di stendere la mano per uccidere il messia
di Jahwè» (v. 16) e lo fece uccidere. Davide scrisse poi
un’elegia su Saul e suo figlio, dicendo bene di loro (v.
17ss).
[Segue lo schema del resto del capitolo]
2.2. IL PATTO DI DAVIDE E LE SUE IMPLICAZIONI
2.2.1.
PRELIMINARI
2.2.2.
IL PATTO
2.3. IL PARTICOLARE TEMPO DI SALOMONE
2.3.1. PRELIMINARI
2.3.2. SALMO 2
2.3.3. SALMO 20
2.3.4. SALMO 45
2.4. CONSEGUENZE
3. IL DAVIDE ESCATOLOGICO
3.1. PREMESSE
3.2. RADICE E SIMILI
3.3. IL DAVIDE REDIVIVO
3.4. IL NUOVO PATTO
3.5. ALTRE PROMESSE
4. L’ULTIMO MESSIA
4.1. L’ATTESA GIUDAICA
4.2. COLLEGAMENTO ALL’AT
4.3. FALSI CRISTI
Tratto da Nicola
Martella,
«E voi, chi dite ch’io sia?»,
Offensiva intorno a Gesù 2
(Punto°A°Croce, Roma 2000), pp. 16-25.
► URL: http://diakrisis.altervista.org/Lese/Let_OiG2.htm
15-04-2011; Aggiornamento:
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