Dando un primo sguardo a
questo libro e confrontandolo se confrontato con
quello di Matteo, non ci appare come manifestazione
di quella sublime grandezza che traspare nei
discorsi di Gesù, riportati dal primo Evangelo. La
narrazione di Marco dà l’impressione d’essere
un’esposizione che rispecchia, in modo semplice, i
ricordi personali di testimoni oculari.
●
Questo è l’Evangelo più breve tra i Sinottici (Mc 16
capitoli; Mt 28; Lc 24) e anche rispetto a Giovanni
(21). Nel complesso ricorre in Marco all’incirca la
metà del materiale che si trova in Matteo; per certi
aspetti sembra una miniatura di quest’ultimo. Per
questo alcuni preferiscono studiarlo, per
memorizzare la struttura di base dei Sinottici.
|
1. I PRELIMINARI AL LIBRO
1.1. IL TITOLO DELL’OPERA
Greco:
Kata Markon
|
|
Italiano:
Secondo Marco
|
Latino:
Secundum Marcum
|
|
Sigla:
Mc
|
Capitoli:
16
|
Specificazione:
La persona e le
opere di Gesù |
Il libro stesso non menziona l’autore né ci dice chi
lui sia. Nei manoscritti più antichi il libro porta nel titolo il nome del suo
autore. Esso è l’Evangelo secondo Marco.
1.2. LA PATERNITÀ DEL LIBRO
1.2.1. LA PERSONA
■
Origini:
L’autore di questo Evangelo è identificato con Giovanni soprannominato
Marco (At 12,12.25; 15,37); il primo è un nome d’origine ebraica (da J[eh]ôchānān
o Jôchannāh)
[à
Gv: 1.2.1.] e il secondo è latino (Marcus). Egli era figlio d’una certa Maria e
cugino di Barnaba (Col 4,10); Come quest’ultimo, Marco era probabilmente un
Levita di nascita. L’intera famiglia apparteneva per origine ai Giudei
ellenistici, essendo che Barnaba era nato a Cipro (At 4,36) e visto che il nome
completo dell’evangelista era Giovanni Marco. Essi erano residenti da diversi
anni in Gerusalemme, poiché Barnaba aveva nei pressi un campo (At 4,37) e la
famiglia di Marco possedeva lì una casa. I suoi genitori erano quindi
benestanti. La casa di sua madre doveva essere abbastanza grande, visto che era
un luogo di raduno di molti fratelli nella chiesa primitiva (At 12,12). Marco
visse, quindi, la sua infanzia e adolescenza in Gerusalemme, dove sperimentò
l’atmosfera che circondava Gesù di Nazaret e diversi fatti che lo riguardarono.
■
Ministero:
Marco venne alla fede cristiana probabilmente mediante Pietro (1 Pt 5,13
«mio figlio»).
1.2.2. ANTICHE TESTIMONIANZE:
Tutta la chiesa antica confermò la genuinità di questo Evangelo, che fu
attribuito esclusivamente a Marco. ●
Papia
(X 160), episcopo di Hierapolis in Frigia,
era stato istruito da un diretto discepolo di Gesù, nato in Palestina.
Egli
scrisse
intorno al 100-120 d.C.:
«Marco, che era stato
un traduttore di Pietro, scrisse tutto, di cui si ricordò, con precisione ma non
in successione, [ossia] ciò che era stato detto o fatto da Cristo. Infatti, egli
non aveva ascoltato il Signore né lo aveva seguito, ma in seguito, come detto,
[lo fece di] Pietro, il quale impartì i suoi insegnamenti secondo i bisogni, ma
non per fare una raccolta delle parole del Signore[5].
Perciò, Marco non fece alcun errore, quando scrisse alcune cose così come le
aveva in ricordo. Infatti, si curò solo d’una cosa: di non tralasciare nulla di
ciò che aveva ascoltato e di non inventare nulla di menzognero[6]».
●
Ireneo (X
200), episcopo di Lione, scrisse nella 2a metà del 2o
secolo che Marco, il traduttore di Pietro, dopo la morte di quest’ultimo e di
Paolo, aveva messo per iscritto ciò che Pietro aveva predicato.
●
Clemente
(ca. 160-220), dottore della chiesa d’Alessandria, completò la testimonianza di
Papia come segue: «Quando Pietro predicò in Roma, Marco, il suo accompagnatore,
sarebbe stato pregato da molti cristiani di mettere per iscritto quanto
ascoltato; egli avrebbe fatto ciò e Pietro l’avrebbe tacitamente approvato».
●
Alla fine
del 3° e all’inizio del 4° secolo d.C., Eusebio, episcopo di Cesarea,
nella sua «Storia della chiesa» aggiunse alla citazione di Clemente quanto
segue: «Gli ascoltatori di Pietro pregano Marco come suo accompagnatore, di
mettere per loro per iscritto gli insegnamenti dell’apostolo, e non lo lasciano
in pace finché lo fa; ma Pietro si rallegra di ciò e, per un’indicazione
particolare dello Spirito, autorizza espressamente lo scritto perché venga letto
nelle chiese».
1.2.3. L’OPERA LETTERARIA:
Marco non era un diretto discepolo di Gesù né aveva vissuto personalmente la
maggior parte degli eventi, specialmente quelli accaduti fuori di Gerusalemme.
In ogni modo, quand’era ragazzo, visse in prima persona diverse cose, che poi
scrisse. Egli lasciò una traccia di sé in una nota autobiografica; infatti,
Marco viene identificato dagli studiosi con il ragazzo avvolto in un lenzuolo e
che scappò nudo, quando Gesù venne arrestato. Si legge: «E un certo giovane
lo seguiva, avvolto in un panno lino sul nudo; e lo presero;
52ma
egli, lasciando andare il panno lino, se ne fuggì nudo» (Mc 14,51s). Se tale
riferimento non avesse riguardato lui stesso, non avrebbe avuto molto senso
metterlo nel contesto della drammatica narrazione del Getsemani.[7]
Ciò significa che Marco aveva conosciuto direttamente Gesù. Pur non essendo uno
dei Dodici o dei discepoli, sperimentò quei giorni di passione e morte di Gesù.
A ciò s’aggiungeva che riguardo a Gerusalemme e ai dintorni possedeva una buona
conoscenza dei luoghi descritti nel suo Evangelo. Egli era altresì a conoscenza
delle narrazioni fatte dai testimoni oculari che aveva potuto consultare. ●
Questo Evangelo venne scritto, quindi, da un
autore che era stato, almeno in parte, testimone dell’atmosfera messianica, dei
fatti e delle parole riportati. Oltre a ciò, Marco era strettamente legato agli
apostoli e ai testimoni oculari. ● Gli
studiosi specialmente critici collocano la stesura di questo Evangelo tra il 60
e il 70 d.C., quindi in un tempo in cui la prima generazione dei cristiani era
morta e con essa anche i testimoni oculari e gli apostoli di Gesù. È ragionevole
pensare che Marco, accompagnando Pietro — di cui era figlio spirituale e
collaboratore — e sentendo continuamente narrare da lui la storia di Gesù, abbia
fatto ben presto una stesura dei fatti e delle parole, che in seguito organizzò.[8]
[Pietro à 4.3.] Marco scrisse probabilmente il
suo Evangelo in Roma, appunto come trascrizione delle predicazioni tenute lì da
Pietro. Ciò accadde,
al più tardi, subito dopo la morte di Pietro, ossia
— se morì veramente da martire sotto Nerone — intorno al 64/65 d.C.; in ogni
modo, ciò avvenne prima della distruzione di Gerusalemme (70 d.C.), altrimenti
l’avrebbe menzionata.
1.2.4. LA CONCLUSIONE DELL’OPERA:
Mc 16,9-20 manca nei manoscritti più antichi in nostro possesso. Per questo,
alcuni studiosi parlano spesso d’una conclusione non originale. Ecco qui di
seguito alcune ipotesi. ● 1)
Alcuni studiosi ipotizzano che un evento
improvviso (partenza, persecuzione, morte) avrebbe impedito a Marco di
completare l’opera e che un altro scrittore vicino a lui avrebbe aggiunta la
fine, per non lasciare l’Evangelo con tale improvvisa interruzione.[9]
●
2) L’ultimo foglio originale di Marco si sarebbe perso in alcuni manoscritti.
●
3) Questi versi potrebbero essere andati persi
durante il processo di copiatura e potrebbero essere stati aggiunti
successivamente in alcuni dei primissimi esemplari da Marco stesso.
●
4) Un amanuense, ritenendo che tale Evangelo fosse monco, fece per sé
un’aggiunta, traendo le informazioni dagli altri Evangeli, dal libro degli Atti
e dalle sue proprie convinzioni. Altri, ritenendo tale aggiunta originale, la
copiarono insieme al resto dell’Evangelo e la tramandarono ai posteri.
●
5) È difficile ricostruire come le cose siano veramente andate.
Si tenga presente che già i primi padri della chiesa
citarono questi versi (ca. 180 d.C.). In ogni modo, pur essendo il contenuto di
questi versi corrispondente allo spirito degli altri Evangeli, se circostanziato
al tempo particolare degli apostoli, si fa bene a non trarre da essi dottrine
particolari (p.es. battesimo necessario alla salvezza; doppio mandato di Gesù
sia per gli apostoli che per la chiesa d’oggi: predicare e guarire). Per tali
motivi, un credente li può certamente leggere e studiare. Il dubbio però
dovrebbe trattenerlo dal basare particolari dottrine proprio su Mc 9-20.
1.3. I DESTINATARI DEL LIBRO:
Dal libro stesso risulta che esso era destinato a lettori che non avevano
familiarità con usi e costumi giudaici e che avevano, quindi, necessità che
fossero spiegati. In genere gli studiosi ipotizzano che questo Evangelo fosse
destinato a lettori romani e, in generale, ai pagani . I Romani non
s’interessavano di tradizioni religiose e di predizioni, ma per dati di fatto e
per il ragionamento pratico. ●
L’Evangelo di Marco è, per così dire, abbastanza
compatto. Esso non era destinato ai Giudei, come quello di Matteo, per i quali
era necessaria un’accurata dimostrazione biblica, né voleva essere dettagliato
come quello di Luca, ma intendeva trasmettere a quelli delle nazioni il
messaggio essenziale della morte e della risurrezione di Gesù. ●
In particolare, si notino i seguenti elementi. Il riferimento all’AT è quasi del
tutto mancante (eccezione 1,2). Manca pure la polemica col giudaismo.[10]
Ai pagani interessavano soprattutto i fatti concreti e la potenza di Gesù sopra
demoni e malattie, e meno le nuove dottrine. Come abbiamo detto, i costumi e i
termini giudaici vennero spiegati[11];
furono introdotti alcuni latinismi.[12]
[à
2.2.2.]
1.4. IL PERIODO STORICO TRATTATO:
Marco cominciò il suo libro direttamente con la predicazione di Giovanni
Battista e con la vocazione di Gesù. Egli fece terminare l’opera con
l’apparizione angelica alle donne e con il comando ai discepoli di recarsi in
Galilea, dove avrebbero visto il Risorto (Mc 16,7s). L’aggiunta termina con
l’assunzione al cielo di Gesù e con la missione cristiana (Mc 16,19s).
2. STRUTTURA E CONTENUTO
DEL LIBRO
2.1. LA STRUTTURA DEL LIBRO:
In modo schematico possiamo rappresentare l’opera come segue.
à
|
Attività in
Galilea
|
|
à
|
Attività in
|
|
Dall’arresto
|
à
|
1,14-8,26
|
|
à
|
Gerusalemme 11ss
|
|
all’ascensione
14ss
|
á
Preliminari alla chiamata 1,1-13
|
|
á
Via
verso Gerusalemme 8,27-10,52
|
Ciò può essere reso in modo più discorsivo come segue.
|
Il Servo di Dio… |
Preliminari alla chiamata 1,1-13
|
Fu preparato alla sua attività pubblica
|
Attività in Galilea 1,14-8,26
|
Era attivo in opere
|
La via verso Gerusalemme 8,27-10,52
|
Presentò le condizioni per seguirlo
|
Attività in Gerusalemme 11-13
|
Fu rifiutato (11s; discorso escatologico 13)
|
Dall’arrestoall’ascensione 14-16
|
Fu ucciso dagli uomini e innalzato da Dio
|
Da qui in poi
proseguiamo pressoché
solo con lo schema del resto del libro. |
2.2. ASPETTI FORMALI E LETTERARI
2.2.1. LA RICORRENZA DEI TERMINI
2.2.2. ALTRE CARATTERISTICHE
2.2.2.1. CONFRONTI CON MATTEO:
2.2.2.2. ALTRE PECULIARITÀ:
2.2.3. IL
MATERIALE SPECIALE:
2.3. IL CONTENUTO DEL LIBRO[13]
2.3.1. PRELIMINARI ALLA CHIAMATA
1,1-13:
2.3.2. ATTIVITÀ IN GALILEA
1,14-8,26[14]:
2.3.3. LA VIA VERSO GERUSALEMME
8,27-10,52:
2.3.4. ATTIVITÀ IN GERUSALEMME (11-13):
2.3.6. DALL’ARRESTO ALL’ASCENSIONE (14-16):
3. IL MESSAGGIO
DEL LIBRO
3.1. DATI DI ORIENTAMENTO
■
Verso chiave: «Il Figlio dell’uomo non è
venuto per esser servito, ma per servire, e per dar la vita sua come prezzo di
riscatto per molti» (10,45).
■
Tema: La persona e le opere di Gesù; Gesù,
servo di Dio e vincitore.
■
Motto: «Si segue Gesù, servendolo». «Se
qualcuno vuol essere il primo, dovrà essere l’ultimo di tutti e il servo di
tutti» (9,35; 10,43s).
■
Pensieri guida: «E subito… e subito…»[15];
«servo, servire»[16];
«a causa mia e dell’evangelo» (8,35; 10,29).
3.2. DELIMITAZIONE DI CAMPO:
A differenza di Matteo, Marco non parlò della chiesa, della giustizia e neppure
della grazia e della misericordia. Nonostante ciò questo Evangelo contiene
aspetti della amartologia (peccato), della soteriologia (salvare, fede, credere,
liberare), della cristianologia (santificazione, vita cristiana, relazioni fra
cristiani; l’essere pio; amare), dei ministeri (discepoli, servizio), dell’etica
(santità, falsità), della missiologia (il mandato messianico), della polemica
col giudaismo (scribi, farisei, Mosè)[17]
e dell’escatologia (ritorno di Cristo, gloria, regno). Particolarmente Marco
insiste sulla demonologia (spiriti, demoni, Satana). Anch’egli parlò del «regno
di Dio». Furono menzionati l’insegnamento e la dottrina del «maestro» quale
«servo» di Dio. Marco non insisté sull’adempimento della parola profetica
riguardo a Gesù quale Cristo, poiché i suoi lettori non erano Giudei. Venne
posta anche qui la questione della verità e dell’autorità della Parola.
3.3.1. PECULIARITÀ
3.3.2. L’OBIETTIVO:
3.4. LA PERSONA E L’OPERA DI GESÙ:
Come abbiamo visto, questo è il tema centrale del libro; qui di seguito lo
approfondiamo.
3.4.1. CHI ERA GESÙ?
3.4.1.1. La protostoria:
3.4.1.2. L’opposizione in Galilea:
3.4.1.3. La professione di fede:
3.4.1.4. Gesù durante la sua passione:
3.4.2. L’OPERA DEL MESSIA:
4. CARATTERISTICHE E
APPROFONDIMENTI
4.1. QUESTIONI IN TENSIONE:
Nell’Evangelo di Marco s’intrecciano varie questioni rilevanti dall’inizio alla
fine, tanto da formare degli archi.
■ «Figlio di
Dio»: La voce dal cielo apparteneva a Dio, il quale dichiarò, dopo il
battesimo, che Gesù di Nazaret era veramente il Messia o «Unto a re» promesso
(1,11). Mediante la risurrezione Dio confermò questa dichiarazione (Sal 2,7; At
2,22ss.32s.36). ● Dopo la testimonianza
divina, seguì quella d’uno «spirito impuro»: Gesù Nazareno fu dichiarato il «santo
di Dio» (Mc 1,34).[18]
● La curva, cominciata in Mc 1 e arrivata
all’apice in Mc 14,61s e 15,2 con la confessione dinanzi a Caifa e Pilato (cfr.
1 Tm 6,13), si chiuse in Mc 16. Al centro di quest’arco l’autore pose la
conferma data da Dio a Pietro, Giacomo e Giovanni, durante la trasfigurazione: «Questo
è il mio diletto figlio, ascoltatelo» (9,7). Dio lo rivelava nuovamente come
suo Messia e suo inviato (cfr. Is 42,1; cfr. 52,13).
■ Degno di
morte: Il Sinedrio giudicò Gesù reo di morte (14,64). Ora, però, fin
dall’inizio, i suoi oppositori avevano deciso di farlo morire (Mc 3,6); così
fecero anche alla fine (14,55).
■ «Tu sei il
Messia»: Questa professione di fede si trova, per la prima volta, proprio al
centro del libro (8,29) e, allo stesso tempo, nel punto di svolta nella vita di
Gesù, all’inizio del suo cammino verso Gerusalemme e, quindi, verso i patimenti.
Eppure Gesù proibì qui ai suoi discepoli di rendere pubblica la cosa (8,30).
Perché? Per il fatto che non bastavano gli atti potenti di Gesù a mostrare chi
Egli fosse, ma solo la croce avrebbe mostrato l’opera di riscatto di Dio per
l’umanità. Solo la passione avrebbe mostrato che Gesù non era solo il Messia
trionfante, ma altresì il Salvatore mandato da Dio. Questa era la tesi di base
dell’Evangelo di Marco. ●
Da tutto ciò conseguì che — facendo perno su Mc 8,29; 9,7 — la messianicità di
Gesù divenne sempre più chiara e che la sua via portò sempre più vicino alla
sofferenza e alla morte.
■ Il comando
di tacere: Gesù ordinò ai suoi discepoli (8,30), ad altri (7,26) e agli
spiriti (1,25) di tacere sulla sua messianicità e di non dire a nessuno quanto
avevano visto e sperimentato al riguardo (9,9). Ciò accadde fino al suo ingresso
trionfale in Gerusalemme, poi Egli stesso annunziò la sua messianicità (14,62;
15,2).
4.2. ASPETTI RILEVANTI RIGUARDO A GESÙ
4.2.1. ANNUNCI DELLA PASSIONE:
4.2.2. EFFETTI DELLA PROFESSIONE DI FEDE:
4.2.3. TESTIMONIANZE SU GESÙ:
4.2.4. IL SIGNORE:
4.3. DIPENDENZA DA PIETRO:
►
URL: http://diakrisis.altervista.org/Lese/Let_Avv.htm
15-04-2011; Aggiornamento: |