Alcune spiegazioni
■ Abbiamo cercato di tradurre questo libro
attenendoci il più possibile all’originale ebraico e cercando di ricalcare
la dizione e il senso originali. Nella traduzione abbiamo messo di solito
tra parentesi quadre («[…]») ciò che non c’è nel testo originale, ma serve
per intendere il senso della frase in italiano.
■ Alfine di aiutare la rapida ricerca, ogni
verso è indicato col riferimento completo fra parentesi graffe, ad esempio
così: «{17,5}». All’inizio di un punto principale, il riferimento è messo in
grassetto, ad esempio così: «{1,1}».
■ Abbiamo trascritto il tetragramma (JHWH),
ossia il nome di Dio nell’AT, con Jahwè. Si tratta della 3a
persona singolare del verbo hawah «diventare, divenire» nella forma
verbale ebraica hifil e – lungi dal significare «colui che è» (quando mai
nella Bibbia si disquisisce dell’esistenza di Dio in sé?) - vuole dire
«colui che subentra», ossia «colui che è qua attivamente» per aiutare il suo
popolo (per il contesto a Es 3,14s cfr. v. 7s; per il suo programma cfr. Es
6,5ss). ● In ogni modo, ci preme ribadire che usiamo qui il nome divino
Jahwè, perché si tratta di una traduzione letterale destinata allo studio
biblico personale e in gruppi di studio. Nelle riunioni normali di chiesa si
dovrà evitare di usare nomi ebraici o greci, perché non sono direttamente
comprensibili al semplice uditore; dove ciò accadrà, bisognerà subito
spiegarli.
■ Il Levitico è un libro tecnico e alcune
formulazioni sono fatte nel linguaggio tecnico-giuridico di quei tempi. La
tentazione di molti traduttori è, per questi motivi, quella di interpretare
e semplificare.
■ Alcuni termini tecnici ebraici sono usati
per intendere cose diverse; ad esempio, ’ašam è sia «colpa» sia
«rimedio per la colpa», quindi «sacrificio per la colpa». Per questo motivo,
per amore di precisione, riportiamo ’ašam come «[sacrificio di]
colpa» (cfr. anche «peccato» e «pace»). Alcuni termini non hanno poi nessuna
corrispondenza in italiano e, differentemente da altre lingue moderne (cfr.
tedesco), non sono stati cercati termini appropriati; i traduttori, in
effetti, non li hanno riconosciuti come termini tecnici. Questo è il caso
dello ‘iššeh o «[sacrificio di] fuoco» (cfr. Lv 1,9) e dello
zëbach o «[sacrificio di] immolazione» (cfr. Lv 7,16).
■ Alcuni termini particolari che in ebraico
sono anch’essi termini tecnici, li abbiamo messi tra virgolette (p.e. «odore
di appagamento»).
■ Abbiamo detto che la ricchezza della lingua
ebraica si perde a volte nella traduzione, poiché alcuni traduttori spesso
semplificano alquanto la dizione originale. Questo è il caso dei termini
antropologici. Per mettere in evidenza la dizione originale, abbiamo
tradotto ’îš con «uomo» (anche quando intende «qualcuno» o l’uomo di
qualcuna), ’îš
’îš con «uomo qualsiasi» (anche quando intende
«uno qualsiasi, chiunque»); ‘iššah con «donna» (anche quando intende
la donna di qualcuno, ossia la moglie); ’adam con «individuo» e
«essere umano»; nëfëš «anima» con «persona», «essere» e altresì, a
volte, con «vita» e addirittura con «morto» («persona [morta]»); e zakar
con «maschio». (Dal vol. 2, pp. 2s)
►
Vedi al riguardo le
recensioni.